giovedì 26 febbraio 2009

I Paleoveneti? In costruzione. E anche la Soprintendenza archeologica scompare dal web

I Paleoveneti? In costruzione. E anche la Soprintendenza archeologica scompare dal web
G.TA.
IL MATTINO DI PADOVA – 25 febbraio 2009

I Paleoveneti, chi erano costoro? Se un orgoglioso e zelante abitante della nostra regione volesse conoscere e diffondere le radici della nostra cultura dovrebbe poter vedere soddisfatte le sue curiosità (e quelle del resto del mondo) con un semplice "clic". Qui, invece, cominciano i guai. C`era una volta il sito internet del Museo Nazionale Atestino di Este in cui era possibile trovare le testimonianze storico-archeologiche della civiltà Veneta. Un sito documentato e illustrato con immagini, che assolveva anche al compito di incuriosire il visitatore virtuale e magari farlo diventare un giorno un visitatore in carne e ossa. Quel sito però è morto e sepolto e i veneti nostri contemporanei, così come i potenziali turisti di tutto il mondo, si devono accontentare di una striminzita paginetta web ospitata nel sito web del Mibac (il Ministero per i Beni e le Attività Culturali) che certo non soddisfa curiosità e orgoglio culturale e per di più è off limits per i visitatori stranieri che non parlano italiano (almeno una traduzione in inglese si poteva fare...). I Paleoveneti, insomma, sono spariti da mesi da internet e bisognerà ancora attendere per vederli "risorgere". Cos`è successo? Questioni di ordinaria burocrazia ma soprattutto di scarse risorse economiche. Un sito web diventa allora un lusso che difficilmente può rientrare nella lista delle priorità. Dare in appalto all`esterno la creazione di un sito web costa mediamente 15.000 euro che, in questi tempi di vacche magre, spesso non sono nella disponibilità di Soprintendenze e Musei. I quali spesso non possono permettersi neppure il lusso di destinare personale a tempo pieno alla sollecita cura del sito. Così o il sito internet "sparisce" o è poco aggiornato. Accade allora, ad esempio, che l`utente che nelle ultime due settimane voleva visitare il sito della Soprintendenza per i Beni Archeologici del Veneto, all`indirizzo www.archeopd.beniculturali.it, trovava un`amara sorpresa: un`home page quasi del tutto hackerata da tale RedRoLiX che l`ha riempita di scritte «Hackered by RedRoLix Peace Crew». Per colmo della beffa, le uniche sezioni rimaste visibili erano quella che informava che il sito del Museo Atestino non c`è perché è in costruzione e quella della biblioteca della Soprintendenza. La segnalazione inoltrata al Mibac sul sito inutilizzabile della Soprintendenza ha poi messo la ciliegina sulla torta: da ieri è oscurato («momentaneamente non disponibile») in attesa che venga fatta la "disinfestazione". E pensare che circa un anno fa il Ministero ha fornito alle sue strutture territoriali un programma, il Minerva Source, che ha lo scopo di dotare Soprintendenze e Musei di siti web con caratteristiche uniformi (e facilmente collegabili a quelli di altri Musei europei), il quale sistema può poi essere implementato con informazioni "personalizzate" e ampliate da e per ogni singola struttura. Un`ottima idea che in altre città e regioni d`Italia è stata accolta con tempestività e che, invece, nel Veneto
a quanto pare sta richiedendo tempi più lunghi. E provoca l`attuale blackout informatico e informativo. Fino a quando? La Direzione regionale per i Beni Culturali e Paesaggistici del Veneto pare si stia occupando della realizzazione di uniformare il suo sito web, ciascun sito delle Soprintendenze della regione e ciascun sito dei musei di competenza nella nostra regione e ciò dovrebbe finalmente ovviare - si spera in tempi brevi - ai problemi insorti finora. Quanto al Museo Atestino, sta realizzando il progetto del suo sito web (da inserire nel più ampio programma ministerial-regionale) con il Master in Governance delle Risorse turistiche territoriali dell`Università di Padova. Un`ex-stagista del Museo e ora laureata del Master, con la supervisione dei suoi tutor universitari, prima ha dedicato al progetto del sito la sua tesi (discussa a dicembre dell`anno scorso) e ora sta approntando il sito vero e proprio che prevede anche percorsi virtuali all`interno del museo, percorsi tematici e persino itinerari nei Colli Euganei. Un progetto ricco e complesso che dovrà essere esaminato e approvato dalla Soprintendenza prima di diventare finalmente operativo. Quando? «Speriamo di ultimare il sito entro la fine della primavera, al più tardi per l`inizio dell`estate», risponde la dottoressa Simonetta Piredda, referente del Master. Intanto i veneti si armino di pazienza: i loro antenati, scomparsi da un paio di millenni, continueranno a subire la damnatio memoriae in internet.

martedì 24 febbraio 2009

Disfida Coca-Cola. Galan a Cacciari: se proprio devi vendere Venezia, almeno non farlo per quattro soldi

Disfida Coca-Cola. Galan a Cacciari: se proprio devi vendere Venezia, almeno non farlo per quattro soldi
ANNA SANDRI
LA STAMPA – 24 febbraio 2009

È una strategia finanziaria indispensabile perla salvaguardia del nostro patrimonio monumentale e artistico ed è esattamente in linea con quanto auspicato dal ministero dei Beni culturali». Venezia è in bolletta, ha un disperato bisogno di soldi per rappezzarsi e, dunque, non fa niente di scandaloso: si comporta - parola del suo sindaco - come tutte le città del mondo. Buttando alle ortiche la sua millenaria differenza, che a scuola spiegavano in premessa: «Venezia è una città unica al mondo». Secondo la più recente delle idee prodotte dall`Ufficio Marketing del Comune, saranno piazzati 38 distributori di Coca-Cola nel centro storico (altri sei sulle motonavi e a Mestre). Grandi frigoriferi «no logo» con all`interno panini, tramezzini, bibite. In cambio, il colosso americano verserà 2 milioni e 100 mila euro, spalmati su cinque anni, perché tanto durerà la sponsorizzazione. Oltre alle «royalties». Tutto normale, assicura il sindaco Massimo Cacciari, e, anzi, necessario. Si dice «stupefatto» che l`iniziativa susciti scalpore: «Solo le anime belle» possono, secondo lui, trovare la cosa bizzarra e naturalmente, se le «anime belle» avranno idee migliori da proporre, saranno ascoltate: «Dovrebbero perlomeno avere il buon gusto di indicare qualche alternativa o, meglio ancora, provvedere dì tasca propria agli inderogabili bisogni della loro città». Tutto normale, eppure l`operazione Coca-Cola agita non poco le acque in Laguna; voci contrarie all`operazione si fanno sentire all`interno della stessa giunta, mentre intere categorie si ribellano e l`assessore al Decoro, Augusto Salvadori, che ci si immagina dovesse essere informato per primo, visto che si tratta dell`immagine della città, dice di aver saputo solo dai giornali di questa iniziativa, e di non poter commentare, se prima non prende visione del contratto che giace a Cà` Farsetti in attesa delle firme delle parti. Si doveva chiudere in settimana, ma adesso dall`ufficio del sindaco dicono che le polemiche rischiano di far saltare tutto: c`è il timore`che quelli della Coca-Cola preferiscano fuggire alle polemiche, e pensare che era cosa fatta. I primi a reagire, già domenica, quando la notizia era stata anticipata dal quotidiano «La Nuova di Venezia e Mestre», erano stati gli esercenti: per loro, uno sponsor che colonizza la città, «sputando» lattine a prezzo concorrenziale, è peggio di una pugnalata. Sarà vero che con 20 milioni di turisti all`anno a Venezia ce n`è per tutti, ma è altrettanto vero che con una concorrenza così diventa difficile alzare i listini. Dalla loro parte c`è Giuseppe Bortolussi, che è assessore al Commercio. Si chiama fuori con eleganza («non ne sapevo niente») e, comunque, nel dubbio gufa alla grande, ricordando un precedente del Duemila, quando per il Giubileo i distributori avevano tentato una prima invasione della città, restando inutilizzati o quasi. La parola chiave è e resta «denaro». A Cacciari le contestazioni, esercenti a parte, arrivano non per il fatto che vende Venezia alla Coca-Cola, ma perché la svende: 2 milioni sono pochi gli dice An e gli dicono anche gli artigiani. Pochi per ora sembrano occuparsi dell`impatto estetico e culturale dei 38 frigoriferi. Il sindaco comunica che li piazzerà sugli imbarcaderi e sui pontili dei vaporetti, come a dire che tanta polemica poggia sul nulla. Invece proprio questo, secondo Franco Miracco, consigliere della Biennale e voce autorevole della cultura in città, non è un peccato veniale: «Gli imbarcaderi sono tra i punti più suggestivi della città».

lunedì 23 febbraio 2009

Pineta rasa la suolo, nuove proteste

Pineta rasa la suolo, nuove proteste
La Nuova di Venezia 22/02/2009

LIDO. In almeno 150 lidensi sono scesi in strada ieri per protestare ancora una volta contro il taglio, ormai eseguito, dei 66 pini e degli altri alberi previsti dal progetto di costruzione del nuovo Palazzo del cinema e dei congressi. Si sono radunati nel corso della mattinata in piazzale Santa Maria Elisabetta e, addobbati di striscioni, cartelli e volantini, gli ambientalisti del coordinamento lidense hanno percorso il Gran Viale, via Lepanto e via Lorenzo Marcello fino a raggiungere, da via Dardanelli e via Quattro Fontane, l’area del cantiere affidato alla Sacaim. «Regione, Comune, Municipalità e ministero per i Beni culturali hanno decretato e messo in atto l’inutile abbattimento della nostra storica pineta», recitava il volantino distribuito ai passanti. «Ma l’inciviltà, l’affarismo, l’arroganza non hanno ancora del tutto vinto» concludeva lo slogan vergato sui foglietti, mentre striscioni ironici e con giochi di parole attaccavano le istituzioni che hanno dato via libera alle motoseghe per abbattere gli alberi della zona di piazzale Casinò. Intervento completato in tre giorni la scorsa settimana, cancellando un luogo simbolo per generazioni di lidensi e non solo, e che sta animando da mesi la protesta di cittadini e associazioni. «Siamo indignati in particolare per le parole dette dall’assessore comunale al Bilancio Michele Mognato, per un patto di stabilità e norme della legge Finanziaria che adesso rendono forse non investibile il previsto ricavo dalla vendita dell’ex Ospedale al Mare per la costruzione di tale opera, di cui si ipotizza addirittura il blocco - denuncia Cristina Romieri, una delle più scatenate attiviste del coordinamento ambientalista del Lido -. Forse era il caso di aspettare prima di tagliare gli alberi, alla luce comunque di un progetto che doveva e si poteva attuare altrove sull’isola». Una volta giunti nell’area del cantiere, gli ambientalisti hanno tappezzato le recinzioni di cemento e metallo con i loro striscioni e cartelli portati da casa. «Assassini» recitava uno di questi; oppure «Galan, Cacciari e Gusso andate a zappare la terra» era il titolo di un altro. «La vista del piazzale è paurosa dopo il lavoro delle motoseghe - aggiunge ancora l’ultrà ecologista Cristina Romieri -. C’è un’aria di desolazione totale. Oltretutto abbiamo visto che anche il parco dell’area Palav è stato pesantemente colpito, con alberi abbattuti e materiali di cantiere che sono penetrati per almeno venti metri nella zona protetta. Ci auguriamo che gli esposti alla Procura della Repubblica e ai carabinieri del Nucleo tutela patrimonio culturale possano portare a qualcosa di concreto per i danni causati con questo progetto». A rincarare la dose è poi Federico Antinori della Lipu, la lega per la protezione degli uccelli: «Quello che ci preoccupa, adesso, è quello che potrebbe succedere in futuro nel nostro territorio comunale, nel Veneziano e in tutto il Veneto, perché, considerati i nuovi piani territoriali, stiamo davvero rischiando di essere investiti da una nuova enorme ondata di cemento. I pini sono un simbolo per il Lido, ma i rischi sono in futuro ben maggiori».

Villa Toderini sara battuta all`asta

Villa Toderini sara battuta all`asta
Annalisa Fregonese
Il Gazzettino (Treviso) 23/0272009

Sarà battuta il 15 aprile prossimo l`asta immobiliare che vede protagonista una delle icone architettoniche della Sinistra Piave: Villa Toderini, situata in centro a Codognè. Alle ore 12 in Tribunale a Treviso si procederà alla vendita all`asta senza incanto e, in caso di mancanza di offerte, alla vendita con incanto. Il valore dell`immobile è stato determiato in un milione 300mila euro; in caso di vendita con incanto le offerte minime di aumento debbono essere di 50mila euro. Va precisato che non si tratta dell`intera villa, edificio dal fascino indiscusso, ben noto non solo agli appassionati di storia e di architettura. Interessata dall`asta è la porzione relativa al corpo centrale, compreso il salone centrale su tre piani (quest`ultimo viene battuto a parte, partendo da un prezzo base di 30mila euro) e dalla parte est comprendente parte della barchessa contigua, con ampi giardini sul fronte e sul retro, con piscina e deposito attrezzi.
L`esecuzione immobiliare comprende anche un terreno agricolo, per un valore di oltre 133mila euro, di un fabbricato rurale ristrutturato a due piani del valore di 93mila euro.
L`immobile è sottoposto a vincolo, per cui in caso di vendita, l`aggiudicatario è obbligato a denunciare il trasferimento del bene alla Soprintendenza. È curiosa la vicenda storica che da qualche anno interessa la villa. Appartenuta alla famiglia Toderini, passata per via ereditaria a Teresa Ton-Bonicelli Jelmoni, nel secolo scorso la proprietà venne divisa in due porzioni. Una parte - quella ad ovest - a tutt`oggi appartiene alla famiglia Bonicelli-Ton, mentre quella ad est venne venduta da un ramo della famiglia medesima ad un industriale di Gaiarine. Con il quale, purtroppo per lui, la fortuna non è stata magnanima.
Quando i creditori bussano alla porta per soddisfarli non c`è altro modo che vendere le proprietà, si tratti di una casetta modesta o di una villa veneta. Meno male che, alcuni anni fa, grazie anche all`apporto dello sfortunato imprenditore, la famiglia Bonicelli-Ton è riuscita nell`intento di ripristinare la tinteggiatura originaria` della villa, togliendole di dosso un orribile color giallo-ocra che la deprimeva da tempo. Un restauro eseguito in modo uniforme, a regola d`arte, che ha restituito alla Marca un gioiello architettonico. Progettato dal Frigimelica, il medesimo architetto al quale si deve la magnifica Villa Pisani di Stra, il complesso edilizio vanta un fascino indiscusso. C`è da augurarsi che l`asta abbia buon esito e che mani amorevoli possano tornare ad occuparsi di questo gioiello.

Venezia “si vende” alla Coca-Cola per cinque anni

Venezia “si vende” alla Coca-Cola per cinque anni
ANNA SANDRI
La Stampa 23/02/2009

VENEZIA L’ultima guerra è quella della Coca-Cola. In cambio di 2 milioni e 100 mila euro in cinque anni il colosso delle bevande si prepara a invadere la città con distributori automatici di lattine, tramezzini, snack e panini. Venezia ha una sete esagerata di denaro e prova a spegnerla così. I termini dell’accordo, sul quale manca solo la firma delle parti (attesa in settimana) e al quale - pur non essendosi ancora pronunciata - la Soprintendenza sembra intenzionata a non opporsi, sono chiari: 2,1 milioni andranno nelle casse del Comune, 400 mila alla Oltrex, la società veneziana che gestisce la sponsorizzazione. All'interno dell’accordo ci sono alcune curiosità. La Coca-Cola, per la cifra pattuita, si porta a casa la possibilità di allestire due cene di gala aziendali all’anno, una nelle Sale Apollinee della Fenice, l'altra al piano nobile di Ca' Vendramin Calergi, sede del Casinò. Inoltre la società americana avrà a disposizione venti posti sul palco della Regata Storica e sul galleggiante del Redentore, per i suoi ospiti. Il ramo italiano dell'azienda, infine, figurerà ufficialmente tra gli Amici di Venezia.

Il business Divisi su cinque anni due milioni e centomila euro non sono una cifra spettacolare. Soprattutto considerando la contropartita in termini d’immagine, e le reazioni che si stanno scatenando. La contropartita sarà quella di una città disseminata di distributori di bevande e snack. Ovunque, compresa l'area di San Marco dove però (se non l’annullano) vige un'ordinanza di divieto di panino selvaggio. Si potrà comprare lo snack, non mangiarlo. Le macchinette, dicono dal Comune, si cercherà di metterle in modo che non siano troppo evidenti: sui pontili dove si aspetta il vaporetto, per esempio, e comunque in tutte le zone più turistiche che sono già piuttosto massacrate. Che poi vi sia un solo angolo di Venezia dove un frigorifero di lattine non faccia a pugni col contesto, sarà interessante scoprirlo. Per non offendere troppo la Soprintendenza - e quelle poche migliaia di turisti che ancora pensano di arrivare a Venezia e trovare una città d'arte e non un grande contenitore di sponsor e sponsorizzazioni - pare che questi distributori saranno no logo: grandi bussolotti bianchi, oppure macchinette da Camera Cafè messe lì, tra un Canal Grande e un Ponte di Rialto.

Perché dove fame e sete ti sorprendono tu li possa soddisfare senza indugi. E senza dimenticare che a Venezia più bevi e più sei benemerito: con la pipì a tre euro nelle toilette pubbliche, è logico che ti invoglino a tracannare a ogni angolo. La reazione La controffensiva è già partita, e non è nobilissima. Niente a che vedere con l’opportunità culturale: a nessuno, per il momento, è balenata l’idea che il frigorifero possa stonare con un patrimonio dell'umanità. A insorgere, per ora, sono i baristi, i titolari di licenze di bancarelle, gli esercenti in generale che si vedono sottrarre gli affari: «Prima si sono presi i nostri voti, adesso si prendono i soldi della Coca-Cola». Il sindaco Cacciari l'altro giorno dichiarava: «La crisi c’è, dobbiamo arrangiarci e saperci vendere». Ma che cos'altro resta, ormai, da vendere? Dopo le facciate dei palazzi, dopo le pipì, dopo la joint-venture con Snoopy per cui il fumetto promuove la città, Venezia in cambio gli fa aprire gli store e sopra ci prende le royalties, resta ben poco. Non resta nemmeno la notte: Venezia, attraverso il suo inesauribile Ufficio marketing e immagine, è pronta a vendere una gondola tutta illuminata, un trionfo dell'orrido, per fare pubblicità: compri lo spazio e il gondoliere va su e giù nel buio, facendo sfavillare il tuo marchio sul Canal Grande.

lunedì 9 febbraio 2009

«Mentre la città cade a pezzi i soldi finiscono tutti al Mose»

«Mentre la città cade a pezzi i soldi finiscono tutti al Mose»
Alberto Vitucci
La Nuova di Venezia 08/02/2009

VENEZIA. «Venezia cade a pezzi e la lobby pro Mose, governo e ministro Brunetta in testa, chiedono all’Europa soldi solo per le imprese del Mose». L’associazione Ambiente Venezia alza il tiro, e critica duramente il recente annuncio che la Bei - Banca europea degli investimenti - ha stanziato a favore del progetto delle dighe alle boche di porto un altro miliardo e mezzo di euro. «Non ci sono soldi per i restauri della città», dice il portavoce Luciano Mazzolin, «e governo e Regione pensano solo a garantire i soldi per portare avanti la grande opera inutile e dannosa. Fino ad oggi i cantieri e gli scavi hanno soltanto aumentato la velocità delle correnti, rendendo ancora più pericolosa l’entrata dell’acqua in laguna». Intanto, denuncia l’associazione, pezzi di pietra d’Istria cadono un acqua come in Riva dei Sette Martiri, e nessuno interviene. «Dove sono il governo, la Capitaneria, il Comune, la Soprintendenza, la magistratura?» Intanto il finanziamento europeo sembra ormai certo. Annunciato dal ministro delle Infrastrutture Altero Matteoli, confermato dal presidente Galan e dal presidente del Magistrato alle Acque Patrizio Cuccioletta. Per renderlo operativo si dovrà però attendere l’archiviazione della procedura di Infrazione avviata per i cantieri del Mose, aperti in violazione ad alcune direttive europee sulla tutela dell’ambiente e dell’habitat. Archiviazione di cui il governo è certo, ma che non è stata ancora ufficializzata, contro cui le associazioni ambientaliste hanno già annunciato ricorso alla Corte europea dei diritti fondamentali. Tra le motivazioni della Bei per la concessione del finanziamento, anche il fatto che «le opere già realizzate hanno già prodotto effetti benefici sulla laguna». «Una barzelletta», replicano a Italia Nostra, «chissà chi gliel’ha raccontato. Come fanno a dire una cosa del genere se l’opera non è ancora in funzione? Invece è aumentata l’erosione e la velocità delle correnti». Anche il Comune, negli studi diffusi dall’Osservatorio naturalistico e presentati lo scorso anno dal sindaco Cacciari, aveva definito «molto gravi» i danni apportati all’ambiente dai cantieri e dai lavori, in parte irreversibili, quantificando il danno in 120 milioni di euro. Adesso il discorso è «congelato» in attesa delle decisioni di Bruxelles.

Veneto come New York. Battaglia sui grattacieli

Veneto come New York. Battaglia sui grattacieli
Anna Sandri
La Stampa 09/02/2009

Anno 2009, il Veneto cambia pelle. Si guarda e non si riconosce, disfatto come una donna che abbia detto troppe volte sì. E allora si reinventa, e pensa che puntando verso il cielo potrà calpestare, e sotterrare agli occhi, ciò che negli ultimi decenni ha devastato. I suoi gioielli sono li, intatti: Treviso e Vicenza, o i borghi ai quali si arriva però pagando pegno e percorrendo strade mai sufficienti al traffico, attraversando selve di capannoni tra i quali sopravvivono, incredibili, case affiancate da collinette che hanno rappresentato il primo
simbolo del benessere. Sono li intatte Asolo (prediletta da Freya
Stark, amata dalla Regina Madre), o Marostica: ma sono incastonate
tra fabbriche e centri commerciali, tra insediamenti produttivi che fino a ieri marciavano a pieno ritmo e oggi hanno il fiato grosso. Il Veneto uscito dalla guerra con il fango alle caviglie, con la campagna che sembrava non avere mai fine, ha ricevuto in sorte di essere il cuore produttivo d`Italia; ben pochi i Brion, i Benetton - hanno avuto l`intelligenza di fare di una fabbrica
un`opera d`arte contemporanea. Decenni di produttività e benessere
esagerati hanno lasciato cicatrici insanabili: capannoni a mangiarsi le campagne, e poi le casette dal disegno elementare per sottolineare i primi soldi, e adesso case su case tutte a schiera, tutte uguali in orrendi colori pastello, per accogliere i tanti stranieri chiamati a far marciare la grande locomotiva d`Europa. Oggi, mentre quelle case tutte uguali vivono la tragedia di famiglie strangolate da mutui che non potranno più pagare perché la crisi si è mangiata i posti di lavoro, lo spietato mercato del lusso detta le sue nuove leggi: si costruisca ancora, e meglio e sempre più in alto.
La crisi c`è, anche nel Veneto: ma è qui che, richiamati dalle capitali del mondo, arrivano i grandi architetti, mettono le loro firme su progetti verticali, promettono di cambiare, e lo cambieranno, lo skyline di questa parte del Nord-Est. E` di Aurelio Galfetti, splendida nei suoi contrasti di rosso, la Torre
del Net Center, diventata la porta di Padova per chi arriva da Est: un albergo, centri direzionali, uffici. Ambitissimi i più alti dei suoi 22 piani. Quasi poco, se passerà il progetto per l`area centralissima dell`ex gasometro: Boris Podrecca ci vede una torre che sfiora i cento metri, 140 mila metri cubi, il 70 per cento residenziale. Contrastato da Legambiente, ma sembra in dirittura d`arrivo; piccola sarà al confronto, con i suoi 10 piani, la Torre della Ricerca di Paolo Portoghesi, di fianco alla quale un altro grattacielo, progettato da Vittorio Gregotti accoglierà diverse realtà del mondo della ricerca scientifica (costo previsto: 120 milioni, 130 metri, 36 piani).
Mestre, da sempre concepita in altezza, ha una grande opportunità se vuole restare sulla scia. La città che nel suo panorama mette assieme il campanile di San Marco e la Fincantieri a Porto Marghera può occupare lo spazio in centro che fu dell`ospedale (ora trasferito in periferia a firma di un`altra archistar, Emilio Ambasz) con tre torri: progetto studio Glass, idea dell`architetto Giorgio Lombardi, scomparso due anni fa. Già vedeva avanti, a un Veneto proiettato sulle nuvole, quando aveva disegnato il progetto per il concorso: il complesso è pensato per centri commerciali, residenziali, direzionali.
Punta ai cento metri, anche se c`è chi vuole tagliarne 20.
Per Jesolo Lido, Kenzo Tange aveva firmato nel 1997 un master plan degno di Dubai, con otto torri. La prima, disegnata da Carlos Ferrater e chiamata Aquileia, arriva a 90 metri con le vele, a 73 con l`appartamento all`ultimo piano. Il complesso, in piazza Mazzini, è finito e i rogiti sono in corso. In piena recessione, il primo appartamento a essere venduto è stato naturalmente il più costoso, ultimo piano, esposizione fronte mare e vista San Marco: un milione di euro per 100 metri quadri, se l`è aggiudicato un imprenditore trevigiano che, per non sbagliare, si è comprato anche quello al piano di sotto, secondo
in scala di valore. Salirà fino a 90 metri, in pineta, il grattacielo dei portoghesi Nunes e Birne.
Bassano del Grappa risponde con due torri frontali, di Paolo Portoghesi: ognuna, 60 metri. Italia Nostra è sicura che se ne possa fare a meno, l`associazione La Nostra Bassano ha fatto ricorso al Tar. E` sempre Italia Nostra, ma questa volta con Legambiente, che contrasta a Verona lo spuntare di due giganti da cento metri al posto delle ex Cartiere: il consiglio comunale ha già approvato.
Il Festival delle Città Impresa, che nasce nel contesto culturale della rivista Nordesteuropa.it, quest`anno parlerà di sviluppo verticale per le città. Troppo lontano il grido del poeta Andrea
Zanzotto, che si guardava intorno e si chiedeva «chi ci salverà dal cemento?». Erano solo tre, quattro anni fa; il Veneto, nel frattempo, ha già cambiato pelle.

giovedì 5 febbraio 2009

Il panorama perduto del Veneto

Il panorama perduto del Veneto
Elena Sbrojavacca
La Tribuna di Treviso 04/02/2009

Le «Giornate di studio e paesaggio» di Fondazione Benetton, domani e venerdì, saranno dedicate a Lucio Gambi, geografo scomparso nel 2006. Uno dei più prolifici studiosi del paesaggio che seppe aprire la geografia ai contributi della ricerca letteraria, sociologica e demografica. Alla sua morte donò la biblioteca-patrimonio di 18.000 volumi al comune di Ravenna. Dedicò la sua attività a spiegare il complesso rapporto tra uomo e paesaggio. E le due giornate saranno dedicate alla riflessione calata sul Nordest e su un Veneto bulimicamente consumato (e con 200 comitati attivi sul fronte urbanistico). Come vive una comunità i suoi luoghi più o meno «distrutti»? E come si lega ai gioielli rimasti? Luciani, presentando le giornate, ha indicato la via della «responsabilità diffusa», più efficace a suo dire del mero criterio «vincolistico-burocratico». Un «federalismo paesaggistico intelligente». Intanto la Fondazione proroga fino a domenica 22 febbraio la mostra «Luoghi di valore 2008». «Finora i visitatori sono 2800, nel 2007 erano stati 2500 - ha spiegato Luciani - e molti tornano più volte». Dati sorprendenti, come la partecipazione dei cittadini «a cavallo fra società civile e società scientifica» (parole di Luciani) e la profonda sensibilità espressa. Un anno fa 227 adesioni e 351 luoghi segnalati. La maggioranza ha voluto «far conoscere ad altri i luoghi più amati». «Trovo sia bellissimo - ha puntualizzato Luciani - che la maggior parte ritenga fondamentale per la tutela dei luoghi che questi siano conosciuti. La conoscenza è salvezza. Solo i luoghi dimenticati e trascurati rischiano il degrado». Ma solo il 9% pensa che il proprio spazio dovrebbe essere più frequentato. Insomma, conosciuto sì e affollato no. Ma cosa lega queste persone a un luogo? Non la proprietà (solo il 10% possiede o gestisce la zona segnalata), piuttosto la frequentazione, specie se lontana nel tempo e nello spazio. Il valore del luogo è anche e soprattutto emotivo. A renderlo unico, raro o comunque degno di nota sono poi ragioni ambientali, legate ad un particolare tipo di scenario o alla bio-diversità, culturali o di utilità sociale. Non mancano i luoghi significativi per sfera sacra-devozionale o per identità territoriale. Infine la più semplice motivazione: «Quel posto mi fa stare bene».

martedì 3 febbraio 2009

«Tenere gli scavi di piazza Viviani? Troppo costoso»

«Tenere gli scavi di piazza Viviani? Troppo costoso»
Camilla Bertoni
Corriere del Veneto (Verona) 03/02/2009

VERONA — Dalla copertura degli scavi di piazza Viviani, ai ritrovamenti sotto Palazzo delle Poste. La Soprintendenza fa il punto della situazione. Anche in seguito alle polemiche che erano state sollevate in merito alla decisione di riportare l'asfalto sulla piazza dopo la bocciatura del parcheggio. Entro il 23 febbraio dovrebbero cominciare i lavori. In particolare a mostrare perplessità era stato lo stesso titolare della società Paolo Campion secondo cui la Soprintendenza avrebbe invitato i titolare dei lavori a restaurare i manufatti prima di coprirli. «Mi sembra esagerato» aveva commentato da parte sua l'assessore Corsi - visto che i resti vanno ricoperti, ne parlerò con la Soprintendenza.
«Innazitutto - precisa la Soprintendente ai Beni Archeologici Giuliana Cavalieri Manasse - abbiamo semplicemente disposto di procedere ad un lavoro di rinterro normale. Ciò significa ripulire dalla quantità di rifiuti accumulatisi in questo lungo periodo di apertura degli scavi (quattro anni) prima di coprire con un leggero strato di sabbia i pavimenti. Saranno versate poi tonnellate di materiale ghiaioso di piccola pezzatura compattato per ricoprire tutto: è importante allora che prima si proceda ad una verifica. Se ci sono infatti conci staccati o pericolanti il peso del materiale per il rinterro potrebbe procurare gravi danni. Quindi, se vogliamo che in futuro qualcuno possa pensare ad una possibilità di recupero o valorizzazione e possa ritrovare le cose così come le abbiamo trovate noi, bisogna garantire che non crolli tutto, magari intervenendo con dei piccoli rinforzi in malta che solo chi ha eseguito lo scavo, conoscendo bene la situazione, può effettuare ».
Non si potrebbe elaborare ora un progetto per la valorizzazione di questi importanti ritrovamenti di epoca scaligera?
«Purtroppo non sono questi tempi adatti, con la crisi economica che incombe, per progetti che risulterebbero molto costosi».
Cosa ci dice dei ritrovamenti romani emersi durante la costruzione di cinquanta box auto sotto Palazzo delle Poste?
«Quasi nulla è rimasto dopo la costruzione, negli anni Venti, del Palazzo delle Poste di Ettore Fagiuoli. I ritrovamenti sono assolutamente modesti perché tutto era già stato spianato fino a livello delle fondazioni romane. È stato già spazzato via tutto, sono rimaste solo delle tracce, dei brandelli, dei frammenti, qualcosa che non possiamo nemmeno dire se appartenesse originariamente a uno o a più edifici, forse a carattere abitativo, ma non si può certo parlare di villa né si possono percorrere ipotesi ricostruttive di alcun tipo. C'era anche qualche resto collegato con le cantine di Cansignorio che sono state ritrovate sotto piazza delle Poste, davanti al palazzo, ma anche in questo caso tutto era già stato profondamente manomesso e reso ormai insignificante in passato».
Dunque i progettati lavori per i box auto possono procede come previsto?
«Senz'altro, non ci sono motivi per fermare i lavori».
Negli scavi di Palazzo delle Poste è emersa però anche una moneta molto preziosa
«Si tratta di un aureo di Valentiniano - imperatore del IV secolo ndr - una moneta molto rara: da quanto sono a Verona- sono trentadue anni- è solo la terza di questo tipo che viene ritrovata». L'aureo è una moneta d'oro che entrò in vigore a partire dall'età di Silla, durante la guerra contro Mitridate (88-85 a.C.)».
Nemmeno questo oggetto rende significativi gli scavi?
«Purtroppo, date le condizioni del ritrovamento, la moneta, seppur preziosa, non è riconducibile ad un preciso contesto ».