Le barchesse di Corte Grande, la Villa Serego a Veronella, un monumento che va strappato al degrado
Domenica 22 Maggio 2011 CULTURA Pagina 63 l'arena
ARCHITETTURA. Un convegno organizzato da Adige Nostro e in collaborazione con A regola d'arte ha spiegato l'attribuzione del complesso all'artista padovano
Veronella, i conti Serego e il Palladio. Tre nomi e tre temi che affascinano e stimolano la curiosità, e che potranno aprire nell'immediato futuro nuovi percorsi di ricerca storica, architettonica ed artistica nel Colognese.
Grazie a recenti studi condotti da Giulio Zavatta, ricercatore dell'Università di Verona, è stato possibile attribuire senza tema di smentite ad Andrea Palladio il progetto e la realizzazione delle barchesse di Corte Grande, la maestosa villa dei conti Serego, situata in centro a Veronella. Non solo. Studiando documenti inediti e lettere cinquecentesche, lo stesso ricercatore ha scoperto che il celebre architetto padovano fu incaricato dai Serego di progettare anche il complesso della villa vera e propria, tuttavia il disegno non piacque ai committenti, e perciò non venne preso in considerazione. La dimora signorile, infatti, fu realizzata solo nel Settecento, senza seguire le indicazioni del Palladio.
Di questi ed altri argomenti legati al territorio e al patrimonio storico della Cucca (così si chiamava Veronella fino ai primi del Novecento) si è discusso ieri, proprio nel paese dei Serego, in una gremita sala civica. Il convegno organizzato dall'associazione culturale Adige Nostro, in collaborazione con A regola d'arte e con il patrocinio dell'amministrazione comunale, si intitolava «La Cucca dei Serego: architetture palladiane, paesaggio ed arte».
«L'attribuzione definitiva delle barchesse di Corte Grande al Palladio è una scoperta di notevole rilevanza», spiega il presidente di Adige Nostro Gianni Rigodanzo. «Abbiamo voluto inserire le ricerche di Zavatta in una tavola rotonda che comprendesse anche altri aspetti della formazione paesaggistica, storica ed artistica del Colognese. Al termine del convegno, tutti gli atti verranno pubblicati».
Lo studioso Beppino Dal Cero ha presentato le interessanti scoperte archeologiche della zona, in primis nella necropoli di Desmontà, ai confini tra Veronella ed Albaredo. Ha dimostrato inoltre come la dislocazione attuale delle vie del paese abbia rispecchiato pressoché in toto la suddivisione agraria romana. Lo storico Marco Pasa ha illustrato gli interventi eseguiti nei secoli dai Serego per valorizzare, «addomesticare» e gestire il territorio. I Serego, infatti, furono una famiglia di imprenditori agricoli che avviarono vaste opere idrauliche per la bonifica delle terre di Zerpa, tra cui la famosa botte Zerpana, opera attribuita al Palladio e ancor oggi in funzione.
Il presidente del Centro studi Cardo di Cologna Guerrino Maccagnan, servendosi di fotografie e documenti, ha fatto un excursus sulla dinastia dei ricchi latifondisti veronellesi, soffermandosi sui rappresentanti più illustri, come Alberto di Serego, che nel 1532 ospitò nella sua corte l'imperatore Carlo V. La giovane ricercatrice Jessica Soprana, invece, si è spostata con il suo intervento 15 chilometri più a sud, in un'altra villa dei conti Serego, a Beccacivetta di Coriano. Soprana ha analizzato in particolare il ciclo pittorico di Corte Ricca.
Alla fine c'è stato il piatto forte del convegno, inerente la paternità palladiana dei magazzini della villa. Riferendosi agli studi di Giuseppe Biadego (1886) e di Anna Rinaldi Gruber (1972-'73), oltre che al fondo Serego della Biblioteca civica di Verona, Zavatta ha scoperto che il grande architetto alloggiò a Veronella nel maggio del 1565. Si recò dai Serego per sovrintendere alla costruzione delle capriate lignee che coprivano le barchesse, ancora oggi esistenti. Sempre ai Serego Palladio aveva presentato prima la pianta dell'intera struttura e quindi il progetto della facciata. Se per il primo progetto non ci fu problema, l'ipotesi della facciata trovò la resistenza dei committenti, probabilmente per il carattere innovativo del disegno palladiano, che dovette sconcertare i proprietari. Un ulteriore carteggio consultato dallo studioso dimostra che Palladio si difese dalle obiezioni mosse dai Serego: nonostante i tentativi dei Serego di ricontattare l'artista, Palladio non venne meno al suo progetto iniziale e imputò «alla scarsa cultura delle maestranze, che non erano in grado di intenderlo, il giudizio negativo sul suo disegno», ha spiegato Zavatta.