venerdì 26 settembre 2008

DOLOMITI, PATRIMONIO DELL’UMANITÀ

DOLOMITI, PATRIMONIO DELL’UMANITÀ
Notiziario Marketpress di Venerdì 26 Settembre 2008

I massicci della Marmolada, delle Pale di San Martino, del Catinaccio, del Latemar e delle Dolomiti di Brenta potranno presto essere inseriti all’interno del Patrimonio dell’Umanità dell’Unesco, una lista che comprende i beni culturali e naturali considerati di valore eccezionale. Assieme alle montagne trentine, che furono tanto care allo scrittore Dino Buzzati, candidate a diventare “monumento del mondo” sono anche quelle comprese in un’ampia fetta di territorio montano, quasi interamente in alta quota e praticamente disabitata, suddivisa tra le province di Bolzano, Udine, Belluno e Pordenone. Sono comprese 220 vette, delle quali 42 sopra i 3100 metri di altitudine, ci sono alcuni ghiacciai (i più grandi sono “Marmolada” e “Cristallo”) e zone dove la neve è eterna, o dovrebbe esserlo. La proprietà è quasi interamente pubblica, suddivisa da demani, comunità montane, regole e usi civici. Proprio la frammentarietà di questo territorio montuoso nelle cinque province, con statuti e regolamentazioni differenti, ha da sempre rappresentato un ostacolo nel presentare la candidatura all’Unesco, per la quale è stata redatta una prima bozza già nel 1992. Per ovviare a questo impedimento i soggetti coinvolti hanno intrapreso un percorso comune, sottoscrivendo anche un protocollo di intesa. Seguendo le linee guida del documento, le cinque province hanno quindi predisposto un dossier di candidatura, che ora si trova in fase di valutazione all’Unesco, ed un piano di gestione. Per uno sviluppo durevole e conservativo del patrimonio, è stata istituita anche la Fondazione “Dolomiti-dolomiten-dolomites-dolomitis Unesco”, che ha uno statuto articolato in sedici punti e un cda a cinque membri, uno per ciascuna provincia. Una prima tappa importante dell’iter verso il riconoscimento si avrà a fine mese, quando arriverà in Trentino Alto Adige un delegato dell’Unesco dalla sede di Parigi proprio per vagliare la candidatura. Secondo le tappe previste dalla tabella di marcia, entro l’autunno ci sarà la valutazione, a gennaio eventuali osservazioni. Entro la primavera del 2009, infine, sarà reso noto l’esito finale da parte della commissione giudicante. Nel caso in cui questo fosse positivo, le cinque province si impegneranno a sviluppare in sinergia iniziative di educazione ambientale, di insegnamento e di conoscenza, di promuovere forme di sviluppo sostenibile (anche turistico), di valorizzare le Dolomiti rispettandone la tutela e di coordinare in rete gli istituti di ricerca. Info: www. Unesco. It .

giovedì 25 settembre 2008

«Il conflitto tra l'eredità palladiana e il consumo del suolo»: sabato se ne parla a palazzo Chiericati«Troppo cemento Perdiamo l’identità»

CONVEGNO. «Il conflitto tra l'eredità palladiana e il consumo del suolo»: sabato se ne parla a palazzo Chiericati«Troppo cemento Perdiamo l’identità»
Leandra Pelle
Mercoledì 24 Settembre 2008 il giornale di Vicenza

Italia Nostra lancia un nuovo allarme sulla salvaguardia artistico-ambientale del Veneto e del Vicentino

Cemento e mattoni sono padroni, invadono il paesaggio e impongono nuove costruzioni nel paesaggio naturale ed artistico. Un esempio? «In città la struttura del nuovo tribunale interagisce in maniera pessima sulla dorsale dei colli berici e su Villa Valmarana ai Nani». A portare alla ribalta i nei urbanistici presenti sul nostro territorio con un ricca carrellata di esempi è Giovanna Dalla Pozza Peruffo, presidente della sezione vicentina di Italia Nostra. Tira le orecchie in maniera garbata ad architetti star, magnati del cemento ed amministratori poco attenti e lo fa durante la presentazione del convegno “Paesaggio bene comune. Il conflitto tra l'eredità palladiana e il consumo del suolo” che si svolgerà sabato a Palazzo Chiericati a partire dalle 9.
Il convegno chiude una serie di iniziative proposte a livello nazionale per la sensibilizzazione su temi ambientali, cui il Consiglio regionale del Veneto ha voluto partecipare - in collaborazione con la sezione vicentina - in occasione del decennale dell'assegnazione a Italia Nostra del premio dell’Istituto regionale Ville Venete per l' opera di tutela svolta.
Le problematiche sono tante e diverse ma «è necessario attuare scelte migliori - spiega la prof . Dalla Pozza- per programmare in maniera intelligente le scelte sul territorio». L'avanzata delle aree a vasta cementificazione è palese nella nostra regione, ma in particolare - come specifica Dalla Pozza - «è il centro Veneto, da Rovigo alla Pedemontana, ad essere più colpito ed a perdere la sua identità». Sono 4.270 le ville censite dall' Istituto regionale presenti sul territorio e diversi sono gli esempi di contaminazione del suolo circostante come per "la villa di Monteviale, che è preservata dal vincolo paesaggistico - sottolinea la presidentessa di Italia Nostra - ma a pochi metri è stata costruita una stazione di servizio; oppure pensiamo al paesaggio intorno a Villa Caldogno ormai rovinato».
Negli ultimi anni c'è stato da parte del mondo politico un interessamento maggiore, con ampie parti di programma politico dedicati alla tutrla artistico-ambientale: ora c'è bisogno di concretezza.
L’ultimo impegno l’ha firmato il governatore Galan col ministro Bondi: un protocollo per la difesa del paesaggio palladiano. «È necessario passare dalle parole ai fatti - chiude la presidente - affinché ci sia mediazione tra interessi economici e culturali, perché senza cultura non si trasmettono valori».

martedì 23 settembre 2008

presentazione: Ercole e il Leone. 1482 Ferrara e Venezia duello sul Po

Mestre (Ve), venerdì 26 settembre ore 18,00, Libreria Moderna, Piazza Ferretto 1, presentazione del saggio Ercole e il Leone 1482 Ferrara e Venezia duello sul Po, di Federico Moro , StudioLT2 Edizioni. Ingresso libero, interviene l’autore.

Info: www.federicomoro.it
http://it.wikipedia.org/wiki/Federico_Moro
www.studiolt2.it
http://blog.palazzograssi.it/index.php/2008/02/27/93-flagellum-dei-il-fuoco-degli-unni

Il libro: distribuzione Italia CDA- Consorzio Distributori Associati

Ercole e il Leone

1482 Ferrara e Venezia duello sul Po


Saggio di Federico Moro

Studio LT2 Edizioni, ISBN 978-88-88028-16-3


“Italiani contro, il paese che non vuole nascere: il racconto di uno dei tanti appuntamenti mancati da un passato perennemente sospeso tra cronaca, politica e rimpianto ma sempre incapace di diventare Storia.”



Primavera dell’anno 1482, bassa Valle del Po , Venezia lancia sul fiume attraverso la bocca di Fornaci il nobile Damiano Moro al comando di una flotta di 400 imbarcazioni. Simultaneamente parte l’offensiva di terra guidata da uno dei più abili e spericolati condottieri del tempo, Roberto di Sanseverino. Ai suoi ordini 15.000 uomini, i migliori di cui disponga la repubblica lagunare, che varcano l’Adige a Legnago, attraversano le paludi del Tartaro e piombano sulla riva sinistra del Po . Una gigantesca manovra a tenaglia.

Lo scopo è quello di schiacciare navi e soldati del duca Ercole I d’Este per impadronirsi delle fortezze a guardia del fiume, Rocca Po ssente di Stellata e Rocca Benedetta di Ficarolo, prima dell’arrivo sul campo di battaglia dell’Armata di soccorso alleata. Milanesi, Napoletani e Fiorentini guidati dal duca Federico di Montefeltro si stanno concentrando per impedire la caduta di Ferrara in mano al leone marciano.

Dopo le ripetute sconfitte in Levante contro i Turchi, Venezia getta nella mischia un fiume di sangue, armi e denaro per resuscitare il sogno del doge Francesco Fosca ri… l’egemonia veneziana sull ’Italia del Nord e in prospettiva l’unificazione della Penisola. Damiano Moro e Roberto di Sanseverino muovono per finire il lavoro lasciato incompiuto dal conte di Carmagnola nella palude di Maclodio, cinquantacinque anni prima.

La parola è alle armi, comincia l’ultima grande guerra tutta italiana del MedioEvo, l’estremo tentativo di trasformare in realtà il maggiore disegno politico mai concepito in laguna dopo la conquista dell’impero marittimo.

Palladio, un successo lungo cinquecento anni

La Repubblica 22.9.08
A Vicenza i progetti e i modelli dell´architetto veneto nato nel 1508
Palladio, un successo lungo cinquecento anni

VICENZA. Nel vicentino c´è la più alta concentrazione di opere di Andrea Palladio di cui si celebrano i cinquecento anni dalla nascita. La sua architettura non è solo a Vicenza e Venezia, centri capitali del suo lavoro, ma nel padovano, nel trevigiano e nel veronese: da questa pianta è gemmata una forma mirabilis di architettura che s´è diffusa nell´Europa del nord, in Russia e nelle Americhe. Nessun architetto è tanto celebre e nessuno tra essi ha mai avuto tale e tanta influenza. Nato a Padova nel 1508 e morto a Vicenza nel 1580 Palladio ha costruito ville, palazzi pubblici e privati, chiese, opere pubbliche che sono nel cuore e nell´anima di chi ama la verità dell´arte e la sua assoluta perfezione.
In Palazzo Barbaran da Porto, l´unico palazzo che l´architetto realizzò integralmente (fino al 5 gennaio, poi alla Royal Academy of Arts di Londra) si può distesamente dialogare con lui e avere sotto gli occhi 78 disegni di sua mano, molti dei quali sono in Gran Bretagna: per l´occasione tornano a casa dopo che nel 1614 il grande architetto Inigo Jones li acquistò dalle mani di Vicenzo Scamozzi. Già solo questo è un evento anche per chi, nelle belle sale del Riba, in gioventù, si è chinato su queste reliquie con spirito devoto. E non è forma retorica la mia, ma davvero i disegni di Palladio ispirano devozione per la calibrata misura di ogni tratto di penna o di matita, per la minuziosa precisione degli appunti che ingombrano questi fogli taluni di piccolo formato. Ma si sa che i disegni non sono sempre di agevole lettura e per tale ragione Guido Beltramini e Howard Burns che curano la mostra (catalogo Marsilio) hanno disposto decine di modelli che rendono visibili quanto tracciato sui fogli di carta. I modelli, in tal caso, sono didatticamente efficaci ma restano algide sembianze: poco utili quando replicano architetture esistenti.
Palladio, nome d´arte che gli diede il suo amico e mecenate Giangiorgio Trissino, ebbe modeste origini e a Padova visse da scalpellino fino all´età di sedici anni. Ma lentamente con l´aiuto dello studioso vicentino, scrittore e cultore anch´egli d´architettura, fece viaggi a Roma e imparò a vedere l´Antico. Come aveva fatto prima di lui Leon Battista Alberti: come questi non assunse quasi mai il ruolo di responsabile dei cantieri, fatto che da un lato non gli consentì lauti guadagni, come spiega Beltramini in un delizioso libretto su Palladio privato, dall´altro lo indusse a intraprendere la via del trattatista. I Quattro libri dell´architettura (Venezia, 1570) ebbero fortuna eccezionale, furono tradotti in più lingue e propagandarono il suo linguaggio e le opere nei quattro angoli del mondo. Innumerevoli architetti che mai visitarono il Veneto ebbero sul tavolo da disegno questo tomo assunto a Bibbia.
Tra le molte architetture del Palladio non esito a partire dalla Basilica di Vicenza, che, con uno scrigno lapideo riveste una preesistente fabbrica tardo medievale: l´incarico gli fu conferito nel 1546 e l´architetto adottò il partito della serliana che gli consentì di assorbire le differenti ampiezze di campata. Geniale trovata il cui funzionamento risulta chiaro nelle arcate d´angolo: qui le aperture architravate sono così ridotte quasi da scomparire. Ma il palazzo della Ragione col solenne rivestimento lapideo è anche un grande intervento d´architettura urbana, che con l´antistante Loggia del Capitanio dominata dall´ordine gigante, forma una delle più belle piazze d´Italia. Trent´anni circa separano le due architetture così differenti per articolazione tettonica e cromia, così che nella piazza dei Signori abbiamo a confronto l´incipit e la piena maturità dell´architettura palladiana.
Preziosa per la ricchezza delle informazioni la veduta a volo d´uccello di Vicenza incisa introno al 1580 dalla quale si deduce che alla morte di Palladio molte fabbriche come i palazzi Chiericati, Thiene e Barbaran da Porto non erano conclusi. L´altro polo si diceva è Venezia dove Palladio trovò amici come Daniele Barbaro e committenti: tra questi massime i monaci benedettini nell´isola di San Giorgio per i quali costruì la chiesa, il refettorio e il chiostro. Una delle novità più interessanti è che nella chiesa Palladio adottò la vernice rossa per porre in risalto le diverse parti degli ordini architettonici. In molte chiese veneziane era già dal Quattrocento in uso il grigio, ma il rosso ebbe certo un altro effetto. Fu la cultura neoclassica a sottoporre a candeggina gli interni di San Giorgio, così come altre ville dove solo il mattone e la pietra hanno retto all´imbiancatura. La facciata di San Giorgio disegnata da Andrea aveva un portico sporgente con colonne giganti, come attesta un disegno: quella esistente è più tarda.
Divenne dunque Palladio l´architetto del patriziato veneto che volle non piccole ville agricole come nel vicentino, ma sontuose residenze realizzate nel corso degli anni: da villa Cornaro a Piombino a villa Ema a Fanzolo, da villa Foscari detta Malcontenta alle porte di Venezia a villa Barbaro a Maser dove intervenne Paolo Veronese con gli affreschi. Questo patriziato ha l´ambizione di far di Venezia una seconda Roma e trova in Andrea - l´architetto dotato della mediocritas albertiana - ideale interlocutore per un disegno politico di egemonia. Se il progetto del palazzo ducale rimasto sulla carta fu un bene per Venezia, certo il progetto per il Ponte di Rialto, così come lo dipinse Canaletto, ci incanta. Come in ogni festa che si rispetti sono invitati anche altri colleghi: alcuni amati come Veronese, El Greco, Giulio Romano nel ritratto di Tiziano, devoti ammiratori come Inigo Jones ritratto da Van Dyck ma anche rivali acerrimi come Jacopo Sansovino ritratto da Tintoretto: noblesse oblige!

domenica 21 settembre 2008

«Bondi non ha soldi per Verona»

«Bondi non ha soldi per Verona»
Enrico Giardini
L’Arena 20/9/2008

Girondini: «Né promesse né fondi straordinari. Ci sono degli arretrati ma di certo non risolvono il problema»

Chiedere un prestito alle banche da 13 milioni di euro e continuare nella politica di stringere la cinghia, cioè rispamiare, «una strada intrapresa, che sta già producendo risultati». Francesco Girondini, sovrintendente della Fondazione Arena, chiamato dal commissario straordinario Salvatore Nastasi a collaborare nel periodo di commissariamento, di due mesi, sintetizza così l'unica via d'uscita per far uscire la Fondazione dalle secche.
Già perché, come precisa Girondini, soldi da Roma se ne vedranno pochi, in futuro, per la lirica. Anche se il Fondo nazionale spettacolo (Fus) non calerà. Il ministro per i Beni culturali Sandro Bondi ha fatto capire ai 14 dirigenti delle fondazioni liriche che ha incontrato giovedì — presente Girondini, che ha incontrato poi anche Nastasi — di non avere soldi a disposizione per colmare in maniera sostanziale le perdite di esercizio accumulate negli anni (fra cui i 4,6 milioni del 2006 e i 3,7 del 2007, superiori al 30 per cento del patrimonio dell'ente, da cui il commissariamento) tali da provocare un buco di circa 16,5 milioni. A cui andrebbero aggiunte le perdite previste nel 2008.
Nelle casse della Fondazione lirica scaligera potrebbe semmai arrivare una piccola frazione di quei 18 milioni destinati a tutte le 14 fondazioni, derivanti da un fondo di accantonamento nazionale sul Fus. A Verona toccherebbero poche centinaia di migliaia di euro che consentirebbero di ridurre al minimo le perdite del 2008. Anche se dopo l'incontro con Bondi alcuni sovrintendenti hanno inteso che nemmeno questi fondi destinati dalla legge finanziaria 2007 saranno distribuiti nel 2008 e forse neanche nel 2009.
Sovrintendente Girondini, allora Verona deve rimboccarsi le maniche?
È così. Il ministro ci fatto capire che in prospettiva soldi in più non ce ne saranno. Ha solo detto che potrebbe arrivare qualcosa dal fondo di accantonamento, ma poche centinaia di migliaia di euro che non potranno risolvere tutto. Anche se sarà sempre meglio di niente. Al San Carlo di Napoli, invece, pure commissariato, sono arrivate decine di milioni.
Perché a Verona no?
Perché la nostra Fondazione è stata commissariata per un motivo tecnico, diversamente dal San Carlo, in seguito alle perdita di esercizio di due anni, non imputabili alla nostra gestione che, anzi, ha dato segnali di ripresa, ma ai cinque precedenti.
Quali segnali?
Dovremmo chiudere l'esercizio 2008 con un passivo di meno di un milione e di questo ha già preso atto con favore il ministero.
Ferrazza, ex consigliere d'amministrazione della Fondazione, ha detto che l'unico soluzione è consolidare il deficit di 20 milioni e fare un mutuo per ripianarlo a rate. Diversamente, per forza si dovrebbe contrarre l'attività artistica, ma al punto di non avere più entrate. E d'accordo?
Certo, con Ferrazza ne abbiamo già parlato. È ciò che faremo, chiedendo prestiti per 10 milioni alle banche, da pagare con rate da un milione all'anno, e poi per avere tre milioni, liquidi, in cassa, di cui abbiamo bisogno per la gestione corrente. Poi continueremo a risparmiare.
Come?
Già quest'anno abbiamo risparmiato un milione e mezzo di euro per non aver acquistato nuove produzioni di opere. Poi l'obiettivo sarà gestire con oculatezza le risorse, dagli acquisti al personale. Ricordo che la Fondazione ha 330 dipendenti fissi, che arrivano a quasi 1.400 durante la stagione estiva in Arena. Comunque l'offerta artistica non ne risentirà. Al teatro Filarmonico abbiamo programmato 20 serate in più dell'anno scorso.
Ma che ne è del Piano di risanamento Ghinato-Arena, presentato ma non ancora approvato dal cda?
Di piani ne abbiamo visti tanti, ma se i soci privati non danno ulteriori soldi, come prevederebbe il piano per tre anni, per colmare il buco dei 16,5 milioni fino al 2007, si troveranno altre strade. Ma, ripeto, il vero piano di risanamento è già partito. Purtroppo ciò che abbiamo già risparmiato servirà per pagare le rate del mutuo. Intanto, continuerà il lavoro per cercare nuovi soci e sostenitori.
I magazzini di via Gelmetto, ceduti dal Comune alla Fondazione per incrementarne il patrimonio, sono già passati alla Fondazione?
La delibera di Consiglio comunale che autorizzava l'operazione è del 12 luglio 2007, poi serviva un altro passaggio in giunta. Quindi il ministero non poteva contabilizzare quei tre milioni andati al patrimonio della Fondazione nell'esercizio 2007. Così non saremmo stati commissariati.
Il Comune cederà parte dell'Arsenale a patrimonio della Fondazione, che là vi farà la sede. Ma chi pagherà i restauri?
Si vedrà. Ma la patrimonializzazione è un percorso obbligatorio e condivisibile. Quanto ai costi, potremo rivolgerci anche alla Arcus, una società di Stato che finanzia restauri di monumenti storici.
Lei è sotto torchio. Quale accusa le da più dato fastidio?
Quelle rivoltemi per malafede o per ignoranza, di chi non sa come sono andate le cose.


Le cifre

13 mln
IL PRESTITO DA CHIEDERE ALLE BANCHE
Per consolidare e ripianare il deficit, la Fondazione Arena dovrà ricorrere a un mutuo bancario di circa 13 milioni che consentirà anche di avere liquidità per la gestione corrente

1mln
LA PERDITA D'ESERCIZIO PER IL 2008
Secondo le previsioni, e alla luce dei risparmi nella gestione Girondini, il bilancio di quest'anno dovrebbe ridurre le perdite a 1 milione di euro, mentre negli anni precedenti la media era attorno ai 4

330
I DIPENDENTI STABILI DELLA FONDAZIONE
Una delle voci di spesa più importanti nel bilancio della Fondazione Arena è quella del personale. Se i dipendenti fissi sono circa 330, nel pieno della stagione estiva si arriva anche a 1.400 lavoratori

La Cisl: «Nastasi ci convochi subito»
Andrea Sabaini, segretario generale della Fistel-Cisl ha chiesto ieri ufficialmente che il sovrintendente Girondini e il commissario Nastasi incontrino urgentemente i sindacati. «L'impressione che la Fondazione Arena venga continuamente considerata solamente terreno di strumentalizzazione e scontro politico è ormai intollerabile. Basta con il continuo e aperto svilimento del Teatro e dell'importante lavoro artistico prodotto con i suoi lavoratori per attaccare questa o quell'altra amministrazione o per meri interessi politici. Per risolvere i problemi è indispensabile un costruttivo confronto nelle sedi idonee».

Le categorie si devono autotassare
Ma i finanziamenti statali per la Fondazione Arena, da poco commissariata, sono finiti o no? Interviene il coordinatore regionale di Italia dei Valori, on. Antonio Borghesi: «Ben difficilmente, con l'aria che tira, da Roma spediranno a Girondini soldi freschi. E quand'anche arrivassero parliamo di pochi spiccioli, rispetto all'enorme voragine che c'è in bilancio».
Prosegue Borghesi: «Sarà come dare le fragole all'orso. Non serve a niente, neanche all'orso. Forse la via maestra potrebbe essere un'autotassazione obbligatoria delle categorie che traggono i maggiori vantaggi dalla stagione lirica, indispensabile volano dell'economia veronese».

martedì 16 settembre 2008

VERONA - Assegno di 20mila euro per la villa romana

VERONA - Assegno di 20mila euro per la villa romana
Gerardo Musuraca
L'Arena 04/09/2008

Ventimila euro di contributo in arrivo da Venezia per le indagini archeologiche alla villa romana. Per il terzo anno consecutivo pochi giorni fa, dalla giunta veneta è stato destinato un fondo speciale, su 588 mila euro complessivi, per uno dei più importanti ritrovamenti di epoca romana della regione. Il sito, che si trova a Castelletto di Brenzone, proprio alle spalle della chiesetta di San Zèn de l’Oselèt, riesce ad attirare l’interesse e ottenere soldi dalla Sovrintendenza e dalla Regione, intenzionate a favorire la conclusione del progetto di copertura e di musealizzazione delle antiche mura e delle stanze ritrovate circa tre anni fa casualmente, durante i lavori di ampliamento del Campo Santo.
A giugno l’amministrazione comunale guidata dal sindaco, Giacomo Simonelli, aveva fatto anche il bis con l’iniziativa «Porte aperte agli scavi archeologici», organizzata e gestita in collaborazione con il ministero per i Beni e le attività culturali, la Regione e la Sovrintendenza ai beni archeologici.
La villa romana e la chiesa di San Zen de L’Oselèt infatti non stanno smettendo di svelare sorprese destando così l’interesse di esperti provenienti non solo dall’Italia ma da varie parti d’Europa. Gli ultimi ad arrivare, in ordine di tempo, erano stati i sovrintendenti di Barcellona che, il 30 maggio scorso, erano venuti apposta dalla penisola iberica in sopralluogo assieme all’architetto Libero Cecchini, alla dottoressa Brunella Bruno, della Sovrintendenza per i beni archeologici del Veneto, alla sua responsabile regionale, Anna Maria Mastelloni, e alle colleghe Anna Malavolta, del patrimonio storico- artistico e all’architetto Ferrari, dei Beni monumentali.
Un pool di prestigio riunito per ragionare sul come procedere nella tutela dei ritrovamenti delle antiche mura, dell’ossario all’interno della chiesa di San Zen de l’Oselèt, dei monili e di poche monete antiche, ritrovate sotto qualche centimetro di terra durante gli scavi. Oltre ai muri della villa romana, in alcuni punti alti anche tre metri, a Castelletto sono state ritrovate parti di scheletri umani ben conservati.
Negli anni scorsi l’amministrazione comunale aveva stanziato dapprima 15 mila e poi altri 10 mila euro per il recupero e la messa in sicurezza di quanto ritrovato mentre, anche dalla Regione Veneto, erano arrivati due contributi, di 28 e 30 mila euro rispettivamente, per proseguire gli scavi e salvaguardare il tutto, recuperato dall’oblio e dall’usura del tempo con idonea copertura.
«In quegli scavi», aveva spiegato Brunella Bruno, «ci sono ritrovamenti di importanza tale da fare ritenere che lì ci fosse una necropoli di epoca alto-medioevale, poi distrutta dall’ampliamento che la chiesa ha subito successivamente. La villa romana era verosimilmente ampia, simile a quelle già note e studiate sulla sponda bresciana, nei paesi di Toscolano, Desenzano e Sirmione. A Sirmione il tutto è già stato anche musealizzato», cosa che dovrebbe avvenire anche a Brenzone, secondo le intenzioni del sindaco Simonelli. E a breve dovrebbero iniziare anche i lavori di copertura provvisoria della villa e poi potrebbero partire quelli di salvaguardia definitiva e di messa in sicurezza dell’intero sito archeologico.
«Questo contributo di 20 mila euro», hanno chiuso in questi giorni dal municipio di Brenzone, «ci aiuterà a proseguire questo intervento di notevole livello culturale alla villa romana e agli scavi archeologici. Una volta terminato, il tutto potrebbe diventare una vera e propria attrazione turistica, visto che vorremmo collocare la villa e la chiesa di San Zèn de l’Oselèt all’interno di un circuito di visite, che comprenda anche altri edifici votivi sparsi su tutto il nostro territorio comunale e nelle frazioni di Brenzone".

«Dov’erano Ruffo e Forti quando è stato ceduto Castel San Pietro?»

VERONA - «Dov’erano Ruffo e Forti quando è stato ceduto Castel San Pietro?»
Venerdì 5 Settembre 2008 L'ARENA

«Dov’erano Giambattista Ruffo e l’architetto Giorgio Forti quando la passata amministrazione ha alienato Castel San Pietro e votato la delibera per la vendita dei palazzi Pompei e Gobetti? Forse allora non amavano Verona?»
L’assessore al Patrimonio Daniele Polato ribatte al comitato «Per l’amata Verona», che ha annunciato l’avvio di una raccolta di firme contro la vendita di palazzo Forti e palazzo Pompei. «La presa di posizione di questo neonato comitato mi pare più di ispirazione politica che culturale», dice Polato, «non ho visto né Ruffo né Forti protestare, in passato, per la vendita di Castel San Pietro, un bene comunale ben più rappresentativo, dal punto di vista monumentale e paesaggistico, degli altri pur importanti palazzi storici». «Se qualcuno ha rischiato davvero di impoverire il patrimonio del Comune», riprende Polato, «è stata la passata amministrazione, contro cui peraltro nessun comitato ha mai protestato quando, nel marzo del 2005, oltre a Castel San Pietro, ha deciso la vendita dei palazzi Pompei e Gobetti, per una cifra che avrebbe fatto incassare al Comune la metà di quanto verrà ricavato con le modalità di alienazione previste da questa amministrazione. La delibera votata dall’amministrazione Zanotto stabiliva infatti l’alienazione dei due palazzi storici, sede del museo di Scienze naturali, al valore complessivo di 17 milioni 100 mila euro, subordinandola all’impegno da parte del Comune di modificare la destinazione d’uso da museale a residenziale e direzionale. La scelta di questa amministrazione di cambiare preventivamente la destinazione d’uso dei due palazzi consentirà invece di metterli all’asta a una stima complessiva di partenza di 30 milioni. Quanto a palazzo Forti, vorrei ribadire che la Galleria d’arte moderna non corre alcun pericolo: verrà trasferita al Palazzo della Ragione, una sede ancor più prestigiosa, nel cuore della città, e sarà comunque intitolata, com’è doveroso, ad Achille Forti».

sabato 13 settembre 2008

FESTA DEI VENETI CON I PAGANI, GLI STRALI DEL PARROCO

Il Gazzettino,09 settembre 2008
edizione di Vicenza-Bassano nelle pagine dedicate a Cittadella-Camposampiero:

FESTA DEI VENETI CON I PAGANI, GLI STRALI DEL PARROCO

Cittadella – Durante la messa, mons. Remigio Brusadin esasperato dalla confusione della manifestazione che ospita anche un’organizzazione che professa il politeismo
Gli organizzatori: “Abbiamo accolto tutte le associazioni che hanno chiesto di partecipare, senza discriminazioni”

Cittadella – Hanno sfilato davanti al Duomo inneggiando alla “Dea Restia, Dea dei Veneti”. E durante la messa delle 11.45 monsignor Remigio Brusadin è sbottato: “Se qualcuno di voi conosce gli organizzatori, dica loro che ci sono molti veneti anche dentro questa Chiesa, non solo lì fuori”. E’ successo domenica scorsa, nel corso della quinta manifestazione della Festa dei Veneti. Mons. Remigio aveva iniziato la celebrazione dell’Eucarestia malvolentieri, disturbato dal chiasso e dalle musiche provenienti dall’esterno. Un malcontento alimentato dalla presenza dei banchetti della “Federazione pagana e di Sacre Radici”, ospitata nella festa dei veneti. Si tratta di un’organizzazione che crede nel paganesimo, nel politeismo e nella stregoneria. Alla festa non mancavano nemmeno gli stand dei tradizionalisti cattolici, che celebrano la messa in latino e non riconoscono il Concilio Vaticano II.
L’atmosfera era dunque piuttosto tesa. Fatto sta che prima della benedizione finale, mons. Remigio non ha esitato a rendere pubblico il suo malcontento per la manifestazione che si stava svolgendo nella città murata.
In particolare la Federazione Pagana aveva allestito una mostra dal titolo “i Veneti antichi nell’attualità”, ed esposto materiale pagano. Era stata inoltre promossa una raccolta di firme per una petizione da presentare la sindaco di Padova “affinché sulla chiesa che i cristiani hanno dedicato a Sant’Antonio sia posta una targa che ricordi che quel luogo era zona di culto degli antichi veneti”.
“Abbiamo invitato e accolto tutte le associazioni venete che hanno chiesto di partecipare – spiega Alberto Montagner, dell’associazione “Raixe venete”, organizzatore della manifestazione – senza discriminazioni. C’erano i cattolici moderati, ma anche i tradizionalisti e la Federazione Pagana. Ci dispiace se la celebrazione della messa è stata disturbata. Ci informiamo sempre degli orari, per programmare eventi alternativi che non rechino disturbo a nessuno. Forse i ragazzi delle rock band che dovevano suonare nel pomeriggio hanno iniziato i check sound troppo presto, provando un paio di canzoni senza aspettare la fine della messa”.
Giovanna Frigo

mercoledì 3 settembre 2008

Cittadella (pd) - Domenica 7 settembre 2008 - con Reitia

Cittadella (pd) - Domenica 7 settembre 2008 - con Reitia

Cittadella (pd)
Domenica 7 settembre
Con la dea Reitia

Anche quest'anno, per la precisione questa è la quinta sfilata, i pagani e wiccan veneti sfileranno intorno alle mura di Cittadella con gli stendardi della dea Reitia.
Tutti vi posso partecipare, è una festa pubblica.
I pagani e wiccan veneti saranno presenti per tutta la giornata con i loro gazebo in piazza. Durante questa edizione della "Festa dei Veneti", organizzata da "Raixe Venete", vi sarà anche la nostra mostra sui veneti antichi.
“I veneti antichi, alla scoperta della nostra storia antica” e’ il tema dell’edizione di quest’anno della festa.
La "Festa dei Veneti" con il passare degli anni si è sempre più affermata, nelle ultime edizioni ha raggiunto le 30.000 presenze. Decine e decine sono i gli espositori.
Per chi vuole partecipare solo alla sfilata, l'orario di partenza degli stendardi è fissato verso le ore 15.00.
Su Youtube si possono trovare i video delle sfilate precedenti.