Auto e fabbriche, così Palladio muore
Panza, Pierluigi
Dal Corriere della Sera, 1° novembre 2008
I vincoli sui soli monumenti non riescono a tutelare un patrimonio inserito in un ambiente urbanisticamente degradato: il paesaggio di Palladio è perduto.
«Così l'Italia ha massacrato Palladio» è il titolo senza sconti dell'inchiesta realizzata da Edek Osser per «The Art Newspaper» e per «Il giornale dell'Arte» in occasione delle celebrazioni in corso per i 500 anni dalla nascita dell'architetto più global della storia. La tesi dell'inchiesta è che il contesto in cui sorgono parte delle 4.270 ville sulle quali ha competenza l'Istituto regionale delle Ville venete, delle quali una trentina sono state progettate da Palladio, sia stato stravolto negli ultimi decenni e sia a tutt'oggi sottoposto a improprie trasformazioni del territorio. Le ville sono soffocate da industrie, svincoli stradali, capannoni, cave e attività al limite del lecito. Duemila di queste ville non sono vincolate e, in assenza di piani paesistici, «restano in un cono d'ombra», scrive Osser. Le opere del Palladio sono criticamente incomprensibili al di fuori del contesto naturale nel quale l'architetto le ha realizzate. Ne sono convinti Mario Botta, che in un recente convegno ha definito Palladio «un contraltare degli attuali archistar che costruiscono con indifferenza al contesto» e ne è convinto anche Vittorio Sgarbi che nel recente libro «Palladio. La luce della ragione» parla di «opere chiaramente distinte dalla natura e dal paesaggio eppure ad essi legate da un rapporto indissolubile».
L'accusa di distruzione del contesto è sostenuta da varie testimonianze. Il geografo Francesco Vallerini parla di «disastro urbanistico che ha annullato il paesaggio». Lionello Puppi, storico dell'architettura, afferma che «villa Zeno a Cessalto è a rischio estremo, disabitata e chiusa e che la barchessa palladiana di Villafranca padovana non esiste nemmeno più: il colonnato cade a pezzi». Il problema, commenta Guido Beltramini, che con Howard Burns della Normale di Pisa è il curatore della mostra sui 500 anni dall'architetto vicentino (Palazzo Barbaran da Porto di Vicenza) è «che il paesaggio costruito intorno è stato consumato dallo sviluppo industriale». Davanti alla Malcontenta c'è un guardrail; villa Onesti Magrin a Grisignano è strozzata dalle strade; intorno a villa Valmarana dei Nani (affrescata da Tiepolo) e a Villa Chiericati sono sorti capannoni che alterano il contesto ben più delle villette di Monticchiello denunciate, tempo fa, da Asor Rosa. La fabbrica della Mira Lanza incombe da tempo minacciosa sulla villa di Mira mentre strutture industriali danneggiano il cono ottico di Villa Pesaro a Este (Collegio Manfredini) dell'altro grande maestro Baldassarre Longhena. Italia Nostra denuncia anche l'impatto della nuova autostrada A31 della Valdastico e altri l'impatto dell'ampliamento della caserma Dal Molin definito da Puppi, con una certa enfasi catastrofista, «cataclisma territoriale». Insomma, un brutto biglietto da visita sul quale è difficile intervenire.
Le ville sono quasi tutte private, nelle mani di grandi famiglie (Valmarana, Foscari, Dalle Ore, Innocenti, Piovene...); e sono anche ben conservate. Ma sui contesti doveva, o dovrebbero, intervenire i comuni con i piani urbanistici. «Di tutte le ville in pericolo c'è quella di Cerato, per la quale è intervenuta anche la procura e la barchessa di villa Trissino di Meledo», afferma il presidente della Ville Venete Nadia Qualarsa. L'istituto ha concesso mutui per oltre 125 milioni di euro a favore di 1.750 ville. «Dal 2000 al 2008 siamo intervenuti su 9 ville tra le 24 protette dall'Unesco per un totale di 4,5 milioni di euro». Insomma, lo sforzo sugli immobili è stato fatto dai proprietari e da chi li sostiene. Ma il territorio circostante non è stato tutelato. Chiude Beltramini: «Qualche provincia ha iniziato a chiederci consulenze per la salvaguardia del contesto, ma prima degli anni Settanta la cultura del restauro considerava solo gli edifici e non l'insieme. Ora il ministro Bondi, all'inaugurazione della mostra su Palladio, ha dichiarato che si finanzieranno anche progetti di tutela del paesaggio ». Ma salvo che si vogliano operare demolizioni, stando all'inchiesta siamo ormai fuori tempo massimo.
Panza, Pierluigi
Dal Corriere della Sera, 1° novembre 2008
I vincoli sui soli monumenti non riescono a tutelare un patrimonio inserito in un ambiente urbanisticamente degradato: il paesaggio di Palladio è perduto.
«Così l'Italia ha massacrato Palladio» è il titolo senza sconti dell'inchiesta realizzata da Edek Osser per «The Art Newspaper» e per «Il giornale dell'Arte» in occasione delle celebrazioni in corso per i 500 anni dalla nascita dell'architetto più global della storia. La tesi dell'inchiesta è che il contesto in cui sorgono parte delle 4.270 ville sulle quali ha competenza l'Istituto regionale delle Ville venete, delle quali una trentina sono state progettate da Palladio, sia stato stravolto negli ultimi decenni e sia a tutt'oggi sottoposto a improprie trasformazioni del territorio. Le ville sono soffocate da industrie, svincoli stradali, capannoni, cave e attività al limite del lecito. Duemila di queste ville non sono vincolate e, in assenza di piani paesistici, «restano in un cono d'ombra», scrive Osser. Le opere del Palladio sono criticamente incomprensibili al di fuori del contesto naturale nel quale l'architetto le ha realizzate. Ne sono convinti Mario Botta, che in un recente convegno ha definito Palladio «un contraltare degli attuali archistar che costruiscono con indifferenza al contesto» e ne è convinto anche Vittorio Sgarbi che nel recente libro «Palladio. La luce della ragione» parla di «opere chiaramente distinte dalla natura e dal paesaggio eppure ad essi legate da un rapporto indissolubile».
L'accusa di distruzione del contesto è sostenuta da varie testimonianze. Il geografo Francesco Vallerini parla di «disastro urbanistico che ha annullato il paesaggio». Lionello Puppi, storico dell'architettura, afferma che «villa Zeno a Cessalto è a rischio estremo, disabitata e chiusa e che la barchessa palladiana di Villafranca padovana non esiste nemmeno più: il colonnato cade a pezzi». Il problema, commenta Guido Beltramini, che con Howard Burns della Normale di Pisa è il curatore della mostra sui 500 anni dall'architetto vicentino (Palazzo Barbaran da Porto di Vicenza) è «che il paesaggio costruito intorno è stato consumato dallo sviluppo industriale». Davanti alla Malcontenta c'è un guardrail; villa Onesti Magrin a Grisignano è strozzata dalle strade; intorno a villa Valmarana dei Nani (affrescata da Tiepolo) e a Villa Chiericati sono sorti capannoni che alterano il contesto ben più delle villette di Monticchiello denunciate, tempo fa, da Asor Rosa. La fabbrica della Mira Lanza incombe da tempo minacciosa sulla villa di Mira mentre strutture industriali danneggiano il cono ottico di Villa Pesaro a Este (Collegio Manfredini) dell'altro grande maestro Baldassarre Longhena. Italia Nostra denuncia anche l'impatto della nuova autostrada A31 della Valdastico e altri l'impatto dell'ampliamento della caserma Dal Molin definito da Puppi, con una certa enfasi catastrofista, «cataclisma territoriale». Insomma, un brutto biglietto da visita sul quale è difficile intervenire.
Le ville sono quasi tutte private, nelle mani di grandi famiglie (Valmarana, Foscari, Dalle Ore, Innocenti, Piovene...); e sono anche ben conservate. Ma sui contesti doveva, o dovrebbero, intervenire i comuni con i piani urbanistici. «Di tutte le ville in pericolo c'è quella di Cerato, per la quale è intervenuta anche la procura e la barchessa di villa Trissino di Meledo», afferma il presidente della Ville Venete Nadia Qualarsa. L'istituto ha concesso mutui per oltre 125 milioni di euro a favore di 1.750 ville. «Dal 2000 al 2008 siamo intervenuti su 9 ville tra le 24 protette dall'Unesco per un totale di 4,5 milioni di euro». Insomma, lo sforzo sugli immobili è stato fatto dai proprietari e da chi li sostiene. Ma il territorio circostante non è stato tutelato. Chiude Beltramini: «Qualche provincia ha iniziato a chiederci consulenze per la salvaguardia del contesto, ma prima degli anni Settanta la cultura del restauro considerava solo gli edifici e non l'insieme. Ora il ministro Bondi, all'inaugurazione della mostra su Palladio, ha dichiarato che si finanzieranno anche progetti di tutela del paesaggio ». Ma salvo che si vogliano operare demolizioni, stando all'inchiesta siamo ormai fuori tempo massimo.
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