Mezza retromarcia su palazzo Forti
Enrico Giardini
15 OTTOBRE 2008, L'ARENA
LE ALIENAZIONI. In caso di acquisto, l’istituto presieduto da Paolo Biasi manterrebbe la destinazione museale pagando un terzo del valore stimato in 65 milioni
Spunta l’ipotesi di cederlo alla Fondazione Cariverona. Che potrebbe anche ricavare spazi per il Museo di Storia naturale agli ex Magazzini
Il bar Borsa è stato venduto, per 4,8 milioni.
Per i terreni di Casa Pozza, a San Martino Buon Albergo, di proprietà del Comune di Verona, l’asta con base 6,5 milioni è andata deserta per la seconda volta. Queste le certezze.
Per il resto, è sempre più un risiko la compravendita dei palazzi storici da cui l’amministrazione punta a ricavare 115 milioni. Con un’ipotesi, clamorosa, che si sta facendo largo: vale a dire, destinare il museo di storia naturale, invece che al palazzo del Capitanio, agli ex Magazzini generali, proprietà della Fondazione Cariverona, una volta ristrutturati. E vendere Palazzo Forti, tenendolo però a museo.
Restando ai fatti, dopo l’ipotesi dell’assessore all’edilizia pubblica Vittorio Di Dio, di An, di concedere in comodato metà del Palazzo del Capitanio a privati per farne un albergo, e ottenere che questi contribuiscano a pagarne il restauro, il suo collega al patrimonio, Daniele Polato, di Forza Italia, mette i puntini sulle «i». Fra l’altro, il gruppo consiliare di Forza Italia ha chiesto, su questo tema, una verifica di maggioranza di centrodestra, dopo le dichiarazioni del deputato di An e sottosegretario alle finanze, Alberto Giorgetti, perplesso sulla vendita di Palazzo Forti.
CONTINUITÀ. «Siamo fermi a quanto approvato a dicembre dal Consiglio», spiega Polato. «Con le alienazioni di palazzo Forti, sede della Galleria d’arte moderna, base d’asta 65 milioni, e di palazzo Pompei, sede del museo di storia naturale, 20 milioni, l’amministrazione intende ricavare il denario necessario per restaurare il palazzo del Capitanio e la parte di Arsenale destinata a ospitare l’Accademia d’arte Cignaroli».
Nelle variazioni di bilancio relative al piano delle opere pubbliche 2008-2010, però, sono stati tolti 14,6 milioni sui 27 destinati a restaurare il Capitanio, affacciato su piazza dei Signori, che secondo i piani del Comune ospiterà il museo di storia che ha sede principale, aperta al pubblico, a palazzo Pompei, in lungadige Porta Vittoria. Altre collezioni e laboratori, infatti, sono contenuti a palazzo Gobetti, in corso Cavour — in vendita a base d’asta 10 milioni — ma l’orientamento è già quello di trasportarli al primo piano della palazzina di comando dell’ex Arsenale.
La Galleria di Palazzo Forti, invece, andrà di certo al Palazzo della Ragione.
Ma se slitta il restauro del Capitanio (per adeguarlo a ospitare il museo servirà un’altra decina di milioni) e il Pompei dovesse essere venduto, dove andranno a finire i pezzi del museo? «Confermiamo che noi vogliamo allocarlo in un edificio pronto a ospitarlo», precisa Polato, «e questo sarebbe possibile se noi, nel bando, vincoliamo il trasloco del museo al fatto che ci sia già un’altra sede pronta».
Il fatto che siano stati tolti soldi dal piano triennale delle opere destinati a investimenti (16 milioni, di cui 14,6 per il restauro del Capitanio) non muta dunque i programmi?
«No», prosegue Polato, «e quando i soldi ci saranno verranno messi a bilancio. Ricordiamo, comunque, che il Comune può pensare di alienare i palazzi anche con permute, come avvenuto con il parcheggio dell’ex gasometro che verrà pagato in parte, con 12,6 milioni, all’interno di un project financing, concedendo l’ex convento San Domenico, sede dei vigili, pure in vendita». Nessuna marcia indietro di Polato nemmeno sulla vendita dei palazzi Forti e Pompei, come ha sostenuto Giambattista Ruffo, del comitato per l’Amata Verona contraria a venderli?
«Nessuna marcia indietro», dice Polato, «e con Ruffo io non ho mai parlato».
L’ASSO NELLA MANICA. Intanto, come detto, starebbe però maturando un’alternativa, per trovare una nuova sede al museo. Vale a dire, gli ex Magazzini generali, area dismessa di proprietà della Fondazione Cariverona, destinata a polo culturale (doveva andarci la Cignaroli) che proprio nei giorni scorsi aveva annunciato di aver incaricato l’architetto Mario Botta di progettare un auditorium nell’ex cella frigofera. In base a questa manovra, l’ente presieduto da Paolo Biasi (che ha già comprato Castel San Pietro, con destinazione museale) acquisterebbe palazzo Forti, mantenendogli però destinazione museale e non più per case e negozi. Quindi pagandolo una ventina di milioni, meno di un terzo dei 65.
La Fondazione Cariverona metterebbe poi nelle condizioni il Comune di spostare il museo ai magazzini e anche di ristrutturare il palazzo del Capitanio. E vai con il risiko.
Enrico Giardini
15 OTTOBRE 2008, L'ARENA
LE ALIENAZIONI. In caso di acquisto, l’istituto presieduto da Paolo Biasi manterrebbe la destinazione museale pagando un terzo del valore stimato in 65 milioni
Spunta l’ipotesi di cederlo alla Fondazione Cariverona. Che potrebbe anche ricavare spazi per il Museo di Storia naturale agli ex Magazzini
Il bar Borsa è stato venduto, per 4,8 milioni.
Per i terreni di Casa Pozza, a San Martino Buon Albergo, di proprietà del Comune di Verona, l’asta con base 6,5 milioni è andata deserta per la seconda volta. Queste le certezze.
Per il resto, è sempre più un risiko la compravendita dei palazzi storici da cui l’amministrazione punta a ricavare 115 milioni. Con un’ipotesi, clamorosa, che si sta facendo largo: vale a dire, destinare il museo di storia naturale, invece che al palazzo del Capitanio, agli ex Magazzini generali, proprietà della Fondazione Cariverona, una volta ristrutturati. E vendere Palazzo Forti, tenendolo però a museo.
Restando ai fatti, dopo l’ipotesi dell’assessore all’edilizia pubblica Vittorio Di Dio, di An, di concedere in comodato metà del Palazzo del Capitanio a privati per farne un albergo, e ottenere che questi contribuiscano a pagarne il restauro, il suo collega al patrimonio, Daniele Polato, di Forza Italia, mette i puntini sulle «i». Fra l’altro, il gruppo consiliare di Forza Italia ha chiesto, su questo tema, una verifica di maggioranza di centrodestra, dopo le dichiarazioni del deputato di An e sottosegretario alle finanze, Alberto Giorgetti, perplesso sulla vendita di Palazzo Forti.
CONTINUITÀ. «Siamo fermi a quanto approvato a dicembre dal Consiglio», spiega Polato. «Con le alienazioni di palazzo Forti, sede della Galleria d’arte moderna, base d’asta 65 milioni, e di palazzo Pompei, sede del museo di storia naturale, 20 milioni, l’amministrazione intende ricavare il denario necessario per restaurare il palazzo del Capitanio e la parte di Arsenale destinata a ospitare l’Accademia d’arte Cignaroli».
Nelle variazioni di bilancio relative al piano delle opere pubbliche 2008-2010, però, sono stati tolti 14,6 milioni sui 27 destinati a restaurare il Capitanio, affacciato su piazza dei Signori, che secondo i piani del Comune ospiterà il museo di storia che ha sede principale, aperta al pubblico, a palazzo Pompei, in lungadige Porta Vittoria. Altre collezioni e laboratori, infatti, sono contenuti a palazzo Gobetti, in corso Cavour — in vendita a base d’asta 10 milioni — ma l’orientamento è già quello di trasportarli al primo piano della palazzina di comando dell’ex Arsenale.
La Galleria di Palazzo Forti, invece, andrà di certo al Palazzo della Ragione.
Ma se slitta il restauro del Capitanio (per adeguarlo a ospitare il museo servirà un’altra decina di milioni) e il Pompei dovesse essere venduto, dove andranno a finire i pezzi del museo? «Confermiamo che noi vogliamo allocarlo in un edificio pronto a ospitarlo», precisa Polato, «e questo sarebbe possibile se noi, nel bando, vincoliamo il trasloco del museo al fatto che ci sia già un’altra sede pronta».
Il fatto che siano stati tolti soldi dal piano triennale delle opere destinati a investimenti (16 milioni, di cui 14,6 per il restauro del Capitanio) non muta dunque i programmi?
«No», prosegue Polato, «e quando i soldi ci saranno verranno messi a bilancio. Ricordiamo, comunque, che il Comune può pensare di alienare i palazzi anche con permute, come avvenuto con il parcheggio dell’ex gasometro che verrà pagato in parte, con 12,6 milioni, all’interno di un project financing, concedendo l’ex convento San Domenico, sede dei vigili, pure in vendita». Nessuna marcia indietro di Polato nemmeno sulla vendita dei palazzi Forti e Pompei, come ha sostenuto Giambattista Ruffo, del comitato per l’Amata Verona contraria a venderli?
«Nessuna marcia indietro», dice Polato, «e con Ruffo io non ho mai parlato».
L’ASSO NELLA MANICA. Intanto, come detto, starebbe però maturando un’alternativa, per trovare una nuova sede al museo. Vale a dire, gli ex Magazzini generali, area dismessa di proprietà della Fondazione Cariverona, destinata a polo culturale (doveva andarci la Cignaroli) che proprio nei giorni scorsi aveva annunciato di aver incaricato l’architetto Mario Botta di progettare un auditorium nell’ex cella frigofera. In base a questa manovra, l’ente presieduto da Paolo Biasi (che ha già comprato Castel San Pietro, con destinazione museale) acquisterebbe palazzo Forti, mantenendogli però destinazione museale e non più per case e negozi. Quindi pagandolo una ventina di milioni, meno di un terzo dei 65.
La Fondazione Cariverona metterebbe poi nelle condizioni il Comune di spostare il museo ai magazzini e anche di ristrutturare il palazzo del Capitanio. E vai con il risiko.
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