VERONA - PATRIMONIO ALL'ASTA: Palazzo Forti, migliaia di firme contro la vendita
Alessandra Galetto
L'ARENA, Lunedì 6 Ottobre 2008
PATRIMONIO ALL’ASTA. Continua la mobilitazione per impedire l’alienazione, decisa dal Comune, dello storico edificio sede della Galleria d’Arte moderna
Oltre 500 cittadini sottoscrivono la petizione promossa dal comitato e si aggiungono ai 2.500 che lo avevano fatto nei giorni precedenti
Molti si sono avvicinati al banco gridando allo «scandalo» o parlando di «scelta assurda»
Verona si mobilita per salvare Palazzo Forti dall’ipotesi di una vendita che significherebbe anche cambio di destinazione. Cioè per impedire che dove oggi si trova la Galleria d’Arte moderna nascano domani negozi, uffici e appartamenti. Lo si è visto ieri: il banco per la raccolta di firme allestito in via Cappello, davanti a Coin, dal comitato Per l’amata Verona (il nome deriva dall’espressione usata da Achille Forti nel testamento dove dice di lasciare «all’amata Verona» il palazzo di famiglia) ha visto per tutta la giornata un viavai di veronesi - alla fine hanno firmato oltre 500 - desiderosi non solo di aggiungere la loro firma alle oltre 2.500 che nei giorni precedenti erano già state raccolte, ma anche di fermarsi e scambiare qualche riflessione per valutare che cosa altro sia possibile fare per impedire quella vendita che più di uno ha definito «scandalo», «vergogna», «scelta assurda».
E tra i tanti arrivati per dare il proprio contributo, c’è stata anche l’occasione per assistere a qualche episodio particolarmente significativo. Come l’impegno del figlio di Guido Soardo, autista di Achille Forti cui l’illuminato professore aveva lasciato nel testamento 5.000 lire, che ha portato tre moduli (cioè 60 firme) compilati spiegando tutto il suo desiderio di aiutare il comitato. O come un altro signore che ha raccontato di possedere un vecchio manifesto elettorale con il quale Achille Forti si era candidato e di volerlo donare al comitato per l’importante azione che sta svolgendo. Un grazie che ha espresso con convinzione anche l’ex ministro Gianni Fontana, arrivato in via Cappello nel pomeriggio per mettere la sua firma alla petizione contro la vendita.
«C’è da parte dei cittadini un forte fermento, un interesse sincero», ha commentato l’architetto Giorgio Forti, vicepresidente del comitato Per l’amata Verona, presente ieri alla raccolta firme che riguardava anche Palazzo Pompei anche se l’attenzione dei veronesi è stata catturata quasi esclusivamente da Palazzo Forti. «È una battaglia culturale che ha varcato i confini cittadini e ha trovato grande attenzione perfino all’estero. Pensare che la Galleria d’Arte moderna sia considerata solo in termini economici è avvilente, e questo nel contesto di una città come Verona che è al quarto posto in Italia per possesso di beni culturali. Chi mai oggi a Verona penserebbe di fare un lascito alla città, visto come va a finire? E i collezionisti fanno bene a portare altrove le loro opere se alle donazioni viene dato questo valore». «L’idea della vendita è una vergogna», dice Enrico Rea. «Un fatto grave, tra l’altro contro la volontà espressa nel testamento», fa notare la giovane Ilaria Rigoli. Come lei, molti giovani universitari hanno scelto di appoggiare il comitato dando la loro firma. «È una sciocchezza, con la quale l’amministrazione mostra la sua mancanza di lungimiranza, oltre che la scarsa sensibilità», commenta Alberto Negri. «Venire a firmare è doveroso: si tratta di un fatto gravissimo», replica Mariella Turri. E il presidente dei Geometri Romanico Romanelli, arrivato con la famiglia, aggiunge: «L’amministrazione potrebbe trovare metodi migliori per fare cassa: questa è una pessima decisione».
Alessandra Galetto
L'ARENA, Lunedì 6 Ottobre 2008
PATRIMONIO ALL’ASTA. Continua la mobilitazione per impedire l’alienazione, decisa dal Comune, dello storico edificio sede della Galleria d’Arte moderna
Oltre 500 cittadini sottoscrivono la petizione promossa dal comitato e si aggiungono ai 2.500 che lo avevano fatto nei giorni precedenti
Molti si sono avvicinati al banco gridando allo «scandalo» o parlando di «scelta assurda»
Verona si mobilita per salvare Palazzo Forti dall’ipotesi di una vendita che significherebbe anche cambio di destinazione. Cioè per impedire che dove oggi si trova la Galleria d’Arte moderna nascano domani negozi, uffici e appartamenti. Lo si è visto ieri: il banco per la raccolta di firme allestito in via Cappello, davanti a Coin, dal comitato Per l’amata Verona (il nome deriva dall’espressione usata da Achille Forti nel testamento dove dice di lasciare «all’amata Verona» il palazzo di famiglia) ha visto per tutta la giornata un viavai di veronesi - alla fine hanno firmato oltre 500 - desiderosi non solo di aggiungere la loro firma alle oltre 2.500 che nei giorni precedenti erano già state raccolte, ma anche di fermarsi e scambiare qualche riflessione per valutare che cosa altro sia possibile fare per impedire quella vendita che più di uno ha definito «scandalo», «vergogna», «scelta assurda».
E tra i tanti arrivati per dare il proprio contributo, c’è stata anche l’occasione per assistere a qualche episodio particolarmente significativo. Come l’impegno del figlio di Guido Soardo, autista di Achille Forti cui l’illuminato professore aveva lasciato nel testamento 5.000 lire, che ha portato tre moduli (cioè 60 firme) compilati spiegando tutto il suo desiderio di aiutare il comitato. O come un altro signore che ha raccontato di possedere un vecchio manifesto elettorale con il quale Achille Forti si era candidato e di volerlo donare al comitato per l’importante azione che sta svolgendo. Un grazie che ha espresso con convinzione anche l’ex ministro Gianni Fontana, arrivato in via Cappello nel pomeriggio per mettere la sua firma alla petizione contro la vendita.
«C’è da parte dei cittadini un forte fermento, un interesse sincero», ha commentato l’architetto Giorgio Forti, vicepresidente del comitato Per l’amata Verona, presente ieri alla raccolta firme che riguardava anche Palazzo Pompei anche se l’attenzione dei veronesi è stata catturata quasi esclusivamente da Palazzo Forti. «È una battaglia culturale che ha varcato i confini cittadini e ha trovato grande attenzione perfino all’estero. Pensare che la Galleria d’Arte moderna sia considerata solo in termini economici è avvilente, e questo nel contesto di una città come Verona che è al quarto posto in Italia per possesso di beni culturali. Chi mai oggi a Verona penserebbe di fare un lascito alla città, visto come va a finire? E i collezionisti fanno bene a portare altrove le loro opere se alle donazioni viene dato questo valore». «L’idea della vendita è una vergogna», dice Enrico Rea. «Un fatto grave, tra l’altro contro la volontà espressa nel testamento», fa notare la giovane Ilaria Rigoli. Come lei, molti giovani universitari hanno scelto di appoggiare il comitato dando la loro firma. «È una sciocchezza, con la quale l’amministrazione mostra la sua mancanza di lungimiranza, oltre che la scarsa sensibilità», commenta Alberto Negri. «Venire a firmare è doveroso: si tratta di un fatto gravissimo», replica Mariella Turri. E il presidente dei Geometri Romanico Romanelli, arrivato con la famiglia, aggiunge: «L’amministrazione potrebbe trovare metodi migliori per fare cassa: questa è una pessima decisione».
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