giovedì 9 giugno 2011

Contrada dopo contrada crolla la storia della Lessinia

Contrada dopo contrada crolla la storia della Lessinia
Venerdì 20 Maggio 2011 PROVINCIA Pagina 27 L'ARENA


ADDIO PASSATO. Solo la Bortoletti è stata ricostruita grazie a un mecenate. Pavan: «Ciò che cade è perso per sempre»

Quelle di Zivelongo e Petterlini ora sono un cumulo di macerie La prima risaliva al XIII secolo, la seconda era anteriore al 1700

La Lessinia è una montagna che crolla: non franano solo scarpate e pendii sotto la spinta delle forze naturali, ma crollano le testimonianze di secoli di lavoro e sapiente sistemazione della montagna, le case, le stalle e i fienili, monumenti a una cultura del costruire premiati e invidiati in tutto il mondo.
Gli ultimi in ordine di tempo sono i crolli di contrada Bortoletti, rimessa poi a nuovo grazie al mecenatismo di Claudio Zorzi e alla professionalità dell'architetto Guido Pigozzi e la casa torre di Gorgusello, rimasta purtroppo, come Corte Zivelongo, esempio dell'incuria, della trascuratezza e del menefreghismo. Paradossalmente sono edifici di varia complessità vincolati dalla Soprintendenza o con le procedure avviate per esserlo e quindi riconosciuti per il loro valore storico e architettonico, ma evidentemente il vincolo non basta a tenerli in piedi e qualcuno potrebbe pensare che è proprio perché vincolati che sono lasciati in abbandono.
«Sopravvivrà la Lessinia?», si chiedeva provocatoriamente l'architetto Vincenzo Pavan, che così aveva intitolato una conversazione tenuta tre settimane fa a Velo, nella sala dei Centomila, sede dell'associazione Le Falìe, dove l'Accademia della Lessinia aveva organizzato l'incontro, coinvolgendo il Curatorium cimbricum veronense.
«Corte Zivelongo, una testimonianza complessa, con tracce del XIII e XIV secolo è stata lasciata cadere a piccoli crolli. Il primo è stato nell'inverno 2006-07, ma anche se c'era la possibilità di puntellare l'edificio, nulla è stato fatto», denunciava Pavan. Oggi corte Zivelongo, nell'omonima contrada di Sant'Anna d'Alfaedo, è un desolante buco con dei sassi attorno.
La casa torre di Gorgusello (XIV-XV secolo) è stato un crollo annunciato, avvenuto a giugno di quattro anni fa, dopo che per anni l'architetto Paolo Righetti, autore di un poderoso volume su «L'architettura popolare nell'area dei cimbri», che aveva fotografato ed eseguito rilievi al manufatto, aveva inutilmente cercato di salvarlo. Ora si pretende di completare con «ordinanza di sicurezza» lo scempio che una vera sicurezza avrebbe potuto impedire già da decenni.
Stessa sorte capitò alle case quattrocentesche di contrada Bortoletti di Velo, crollate una domenica di ottobre del 2002 e per le case di contrada Petterlini di Selva di Progno (anteriori al 1700), finite in un cumulo di macerie nel novembre scorso. Qui la causa, secondo un testimone, non è stata solo l'incuria ma anche i ladri, che rubarono un architrave lavorato di una finestra, indebolendo la struttura e decretando crolli progressivi anche per la mancata manutenzione del tetto, come sta succedendo a un edificio vicino, fino al completo collasso della struttura: una trentina di metri lineari di casa a tre piani che si è afflosciata su se stessa.
«Ciò che crolla è perso per sempre», sentenzia l'architetto Pavan, «perché posso ricostruire le forma, curandola anche esteticamente, ma ho perso per sempre i caratteri fondamentali della struttura. Queste costruzioni storiche non sono riproducibili, perché totalmente personalizzate. Architettura senza architetti, che quando è persa è persa per sempre». «Il mondo antico era vario e bello proprio per questo», aggiunge l'architetto Righetti, «perché frutto della cultura materiale e popolare dove la gente costruiva rispettando uno stretto legame con il territorio su cui viveva, usando legno, pietra, terra. Oggi prevale l'omologazione di spazi e volumi in pochi standard validi per tutti: il vincolo serve, ma occorre andare oltre, rendendo partecipi al risanamento degli edifici i proprietari, aiutandoli a prendere coscienza della preziosità che hanno fra le mani».


http://clic.larena.it/GiornaleOnLine/Arena/stampa_articolo.php?id_articolo=1814830&pagina=27

mercoledì 1 giugno 2011

"Fossili di Bolca mai visti": uno dei tesori dell'Est veronese

"Fossili di Bolca mai visti": uno dei tesori dell'Est veronese
L'ARENA - Sabato 21 Maggio 2011 INSERTI Pagina 86

Con la mostra prende il via l'XI “Invisibilia”, vetrina delle preziosità del nostro territorio, spesso sconosciute

E' stata recentemente inaugurata al Museo Civico di Storia Naturale, la nuova esposizione permanente “Fossili mai visti. Bolca: le nuove scoperte scavi 2004-2010” che raccoglie i risultati delle campagne di scavo paleontologico condotte dal Museo nella Pesciara di Bolca e nell'area circostante, per conto del Ministero per i Beni e le Attività Culturali.
Le ricerche, finanziate dalla Regione Veneto e dal Comune di Verona, hanno portato alla luce 3 mila 774 nuovi reperti appartenenti sia al regno animale che vegetale; 24 gli esemplari esposti nelle sale del Museo, scelti per bellezza e rilevanza scientifica.
Con questa mostra prende il via l'undicesimo “Invisibilia” una vetrina in cui esporre le preziosità antiche del nostro territorio, molto interessanti anche per gli stranieri ma purtroppo spesso sconosciute ai cittadini italiani.
I fossili di Bolca, è giusto ricordarlo, costituiscono un patrimonio scientifico e culturale mondiale.
Il fatto che la più grande collezione in assoluto, con circa 9 mila reperti, sia quella del Museo di Storia Naturale è motivo di vanto per la città, oltre che stimolo per proseguire nelle attività di ricerca e studio.
L'allestimento “Fossili mai visti. Bolca: le nuove scoperte scavi 2004-2010” è esposto al pubblico durante l'orario di apertura del museo, dal lunedì al giovedì dalle 9 alle 17, sabato, domenica e festivi dalle 14 alle 18.
La mostra non è visitabile il venerdì per chiusura.
Bolca, una delle perle dell'est scaligero, è conosciuta in tutto il mondo per la prestigiosa variegata raccolta di fossili (piante e pesci di speci rare) prevalentemente catalogate come appartenenti all'Era Terziaria (Eocene Medio, circa 50 milioni di anni fa ) che sono stati riportati alla luce in diverse località del suo territorio.
Le più famose sono la Pessàra, il Postale, il Vegroni, il monte Purga e lo Spilecco.
Questi straordinari esemplari, unici per la varietà e l'ottimo stato di conservazione, hanno conquistato non solo appassionati del settore ma scienziati, studiosi, geologi e paleontologi di tutto il mondo, ma anche capi di stato, papi, uomini di governo ed ambasciatori, e sono andati ad arricchire i più prestigiosi Musei di Scienze Naturali d'Italia e del mondo .
Pezzi esemplari di Bolca si trovano infatti a Parigi, Londra, Vienna, Monaco di Baviera, Budapest, Edimburgo, Dublino, Zurigo, New York, Washington, Mosca (solo per citarne alcuni) ed in innumerevoli collezioni private.