venerdì 24 aprile 2009

La fanciulla di Saline torna alla luce

La fanciulla di Saline torna alla luce
Nicoletta Canazza
19/07/2006, Il Gazzettino online

Mercoledì, 19 Luglio 2006

Scavi a San Martino di Venezze nel podere Reato: scoperti anche reperti dell’età del Ferro

Ritrovamento archelogico di straordinaria importanza per il museo dei Grandi fiumi che, grazie agli scavi in località Saline a San Martino di Venezze, si appresta a riscrivere la storia degli insediamenti umani nel paleo alveo del Po. Lungamente preparata, la campagna di scavo ha avuto a oggetto un podere di proprietà dei fratelli Reato, noto per i rinvenimenti che confermavano, già vent'anni fa, la presenza sul sito di una villa rustica romana.Gli ultimi scavi avevano però un obiettivo più ambizioso: individuare conferme di insediamenti antecedenti e fare luce sulle prime origini dei Veneti antichi. I risultati della missione archeologica sono stati presentati ieri da un quasi emozionato direttore del Museo dei grandi fiumi, Raffaele Peretto, che, mostrando per la prima volta i reperti fin qui ritrovati, ha annunciato la ripresa degli scavi a breve con una serie di iniziative dirette a valorizzare il sito e quanto scoperto.
«Pensiamo all'allestimento di un'apposita sezione al museo - ha detto - ma anche a un evento da promuovere in occasione della Settimana dei beni culturali. Il ritrovamento è importante perché per la prima volta sono stati rinvenuti in Polesine materiali del VII-VI secolo avanti Cristo non etruschi, che potrebbero fare finalmente luce sullo sviluppo nell'area dei primi veneti antichi».

Costati 10.000 euro, di cui 5.000 finanziati dal Comune di Rovigo, gli scavi sono stati preceduti da una serie di saggi stratigrafici. Su dieci tentativi compiuti solo 4 sono andati a buon fine. Qui, gli scavi hanno messo in evidenza livelli archeologici protostorici sotto al terreno arativo; tre siti, in particolare, hanno consentito il rinvenimento di frammenti e parti di suppellettili databili dal IX al VI secolo avanti Cristo a riprova di una continuità di insediamenti lungo il ramo del Po che attraversava allora il sito dove sorge oggi Rovigo. Oltre alla novità clamorosa di tre cocci risalenti all'età del Ferro, la sorpresa più grande è stata la scoperta di una sepoltura funebre, con uno scheletro pressoché intatto, appartenente a una giovane donna, il cui corredo funebre consisteva in una collana di perline di pasta vitrea con un "grano" d'oro e che per il momento è stata chiamata la "fanciulla di Saline". Un rinvenimento da mettere in relazione con la presenza di insediamenti di epoca romana.

Mentre lo scheletro è stato trasferito all'Università di Ferrara per indagini più accurate, gli scavi sono stati momentaneamente sospesi per inventariare quanto rinvenuto. «Tutto è ancora da scoprire - commenta Peretto - e sebbene si escluda un insediamento delle dimensioni della metropoli di Frattesina, il sito conferma l'esistenza di comunità coeva a quelle di Villamarzana e Mariconda. Ora si potrà programmare con maggior precisione una ricerca mirata all'esplorazione estensiva del sito archeologico, che conferma una frequentazione nell'antichità, a più riprese nell'età del Bronzo, del ferro e in epoca romana. L'insediamento dovrebbe aver rivestito un particolare ruolo nell'ambito delle comunicazioni lungo le antiche arterie fluviali del Po e dell'Adige».

Il museo sta intanto studiando quanto recuperato: dai frammenti di vasellame risalenti alla fine dell'età del bronzo e all'inizio di quella del ferro, ai resti di pareti costruite con terra e canne, alle parti di suppellettili di uso quotidiano.

giovedì 23 aprile 2009

Un Mp3 e si conosce Palladio

Un Mp3 e si conosce Palladio
G.T.
Corriere del Veneto 23/04/2009

VICENZA - Si chiama «Palladio per mano» ed è un ciclo di visite guidate ai tesori palla­diani di Vicenza e della provincia: i motori del consorzio Vicenza è si stanno scaldando per il primo fine settimana di visite, il prossimo, e il tour proseguirà ogni sabato e domenica fino al 4 ottobre.

La novità, quest’an­no, per la quarta edizio­ne dell’iniziativa, sono le audioguide per i turi­sti stranieri. Nei 24 fine settimana, le nove gui­de turistiche autorizzate saranno «accompa­gnate » da dei pratici lettori mp3 digitali, da cui i turisti potranno apprendere la storia di ville e palazzi palladiani tradotta in quattro lin­gue (inglese, tedesco, francese e spagnolo). La Provincia ne ha acquistati un centinaio (per una spesa di circa 30mila euro) e i turisti stra­nieri le avranno gratuitamente durante i fine settimana – salvo poi restituirle a fine tour – mentre negli altri giorni il noleggio degli appa­recchi costerà 3 euro al giorno.

«Fino ad oggi le visite si facevano in italia­no e inglese, con il risultato di creare confusio­ne e di far aspettare italiani e stranieri durante le traduzioni. Ora sperimentiamo questo nuo­vo servizio, i cui risultati valuteremo ad otto­bre – spiega Vladimiro Riva, amministratore delegato di Vicenza è - . Per il prossimo anno con la Provincia stiamo pensando a un nuovo percorso specifico su Bassano, in occasione del cinquecentenario di Jacopo Da Ponte». Il tour palladiano ha già avuto le prime prenota­zioni da parte di alcuni turisti irlandesi. Nel 2008 sono stati 3.400 i partecipanti alle visite di «Palladio per mano», di cui un quarto circa provenienti dall’estero. Il sindaco Achille Va­riati ha sottolineato la necessità di «collabora­re con altre realtà che hanno nel loro territorio tracce dell'opera del Palladio, anche per tratte­nere per più giorni i turisti nel vicentino».

mercoledì 22 aprile 2009

CONEGLIANO - Le colline minacciate dal cemento

CONEGLIANO - Le colline minacciate dal cemento
La Tribuna di Treviso 16/04/2009

CONEGLIANO. Italia Nostra chiede alla Soprintendenza un sopralluogo per salvaguardare le colline coneglianesi. L’associazione denuncia sbancamenti e nuove costruzioni, autorizzate sì, ma che trascurano la fragile natura dei colli. «Viene sottovalutato il complessivo impatto ambientale - spiega Francesco Scarpis - e non sono da escludere dissesti dei terreni a monte e di quelli a valle in quanto viene alterato il regime delle acque». La sezione di Conegliano di Italia Nostra, presieduta da Francesco Scarpis, alcuni giorni fa ha così scritto all’architetto Renata Codello, soprintendente per i Beni architettonici e il paesaggio, in quanto si è sentita in dovere di segnalare i continui interventi che ci sono nell’arco collinare Valdobbiadene, Conegliano, Vittorio Veneto. «Ci sentiamo in dovere, come associazione, di denunciare i continui interventi cui sono sottoposte le nostre colline: vasti sbancamenti, nuove costruzioni sia residenziali sia agricole sempre autorizzate dalle autorità comunali, ma che trascurano la fragilissima natura dei colli pedemontani e ne alterano le dolci linee naturali - scrive il presidente Francesco Scarpis - gli ultimi due esempi sono la costruzione di fabbricato rurale e cantina in via Santissima Trinità e il progetto di nuovo garage sotterraneo in via Costa Alta a Conegliano. Spesso progetti che riguardano gli stessi settori catastali sono presentati e approvati anche anchea distanza di anni, cosicché viene meno, a quanti li valutano, una visione d’insieme degli interventi proposti sottovalutando di conseguenza il complessivo impatto ambientale: non sono infatti da escludere possibili conseguenti dissesti dei terreni a monte e di quelli a valle in quanto viene alterato il regime delle acque». Italia Nostra, sempre attiva sul piano ambientale e non solo (è stata tra le prime a sollevare il malumore contro le Torri Verdi dell’ex area Zanussi) pone dunque l’attenzione sulla delicatezza delle colline. «Siamo consci dei gravissimi, molteplici compiti che competono alle Soprintendenze e dei continui attacchi cui vengono sottoposte, mentre i mezzi a loro disposizione sono sempre più limitati - conclude Scarpis nella sua lettera - ciò nonostante esse sono l’unico baluardo per la salvaguardia del nostro patrimonio artistico e paesaggistico perciò auspichiamo un vostro sopralluogo e offriamo la nostra collaborazione».

Il nuovo castello di Padova. Così rinascerà dall’abbandono la fortezza dei Carraresi, risalente al XIII secolo

Il nuovo castello di Padova. Così rinascerà dall’abbandono la fortezza dei Carraresi, risalente al XIII secolo
Davide D’Attino
Corriere del Veneto 16/04/2009

Riecco il Castello. Sarebbe potu­to diventare un residence ex­tralusso, con decine di appar­tamenti e villette da sogno nel cuore di Padova. La fine, per intenderci, che presto toccherà all’ormai ex Collegio Antonianum, a due passi dalla Basili­ca di Sant’Antonio. Garage e case mi­lionarie al posto di biblioteche e stan­ze in affitto per studenti universitari fuori sede.

Invece, l’antica fortezza dei Carrare­si, voluta nel 1242 dall’allora signore della città Ezzelino da Romano, affre­scata (forse) dal pittore Guariento di Arpo e completata circa un secolo più tardi sotto la guida di Nicolò della Bel­landa, sta pian piano tornando co­m’era. Compreso pure, nelle sugge­stioni più che nei progetti davvero re­alizzabili, il cosiddetto «traghetto» (di cui, nell’immagine sopra, a sini­stra, vediamo una fedele ricostruzio­ne al computer). Cioè il vecchio per­corso «aereo» che collegava l’enorme roccaforte, nonché maestosa dimora signorile, alle mura medievali. Una ra­pida via di fuga, in caso d’improvviso pericolo, ma anche una passeggiata virtuale sui tetti di Padova, di qua il Duomo e di là Ponte Tadi.

Riecco il Castello. Dal Trecento al Terzo millennio, attraverso prima la conquista da parte della Repubblica di Venezia (1401), con lo scialbo di ogni stemma carrarese presente sulle pareti, e poi il dominio dell’Impero austriaco (1807), con la trasformazio­ne del grande complesso in un carce­re dotato di una sessantina di celle e buono per «ospitare» anche più di mille persone. Finestre chiuse con le grate e portoni in ferro muniti del classico «spioncino», così fino al 1992. Quando, a distanza di pochi me­si, si trasferiscono da piazza Castello, e dai locali affacciati su riviera Tiso da Camposampiero, prima l’officina di biciclette Rizzato, che «rieducava» i detenuti facendo loro assemblare ca­tene e forcelle, e poi il carcere stesso. È da quel momento, con l’ex fortez­za di proprietà del Ministero della Giustizia, che il processo di damnatio memoriae, in verità cominciato parec­chio tempo prima, si intensifica fino a diventare insopportabile. Erbacce d’ogni sorta e lunghezza si mangiano l’intero cortile e una buona parte dei soffitti, mentre polvere e muffa attac­cano le pareti affrescate quasi sette se­coli or sono. Abbandono, degrado, in­curia. Tutti termini che fanno rima con: distruzione del ricordo. Annulla­mento del passato. Ancora dieci anni e qualcuno dice: «Basta». Andrea Cola­sio, 51enne di Noventa Padovana, ini­zia ad occuparsi del recupero del Ca­stello carrarese nel 2002, quando da parlamentare della Margherita riesce prima a impedire che l’antica residen­za signorile rientri nelle cartolarizza­zioni del governo Berlusconi (un car­cere ultramoderno in Puglia e case di lusso a Padova) e poi a traslocarne la proprietà al Ministero dei Beni cultu­rali.

Con oltre sette milioni di euro scu­citi a gran fatica dalle casse dello Sta­to, oggi il complesso medievale sta riacquistando la proprio identità. E, tra pochi mesi, verrà restituito (grada­tamente) alla città. «Diventando quel polo museale e delle grandi mostre di cui Padova ha bisogno – spiegava ieri Colasio durante l’ennesimo sopralluo­go –. È come se avessimo scongelato un mammut e andassimo ora a caccia delle sue smisurate potenzialità».

I primi lavori di restauro, durati cir­ca due anni, hanno rinforzato tetti e solai, svuotato il giardino dei sassi e sterpaglie e riscoperto l’enorme sala di rappresentanza, messa in sicurezza con diverse capriate in legno. Presto, sarà creata una fondazione ad hoc per gestire il Castello del Terzo millennio, di cui dovrebbero far parte il Ministe­ro dei Beni culturali, la Fondazione Cariparo, il Comune di Padova e il Fai. Intanto, dopodomani, sabato, al­le 17 al Palazzo della Ragione, si terrà un convegno sul tema, ospiti tutte le più alte cariche cittadine. Informazio­ni al numero 049.8764206 e al sito in­ternet www.castellocarrarese.it.

martedì 21 aprile 2009

CASSOLA. In Consiglio molti Piani di lottizzazione

CASSOLA. In Consiglio molti Piani di lottizzazione
20/04/2009 Il Giornale di Vicenza

A Due sedute, domani e mercoledìSi riunisce domani pomeriggio il Consiglio comunale di Cassola. La seduta avrà inizio alle 17.30, con eventuale prosecuzione mercoledì alle 19 per ultimare l'ordine del giorno.
All'ordine del giorno figurano l'esame e l'approvazione del rendiconto di gestione dell'esercizio finanziario 2008, la variazione al bilancio di previsione 2009 e al programma triennale e annuale delle opere pubbliche.
Si proseguirà con una serie di piani di lottizzazione di iniziativa privata che riguardano l'insediamento artigianale Sara di via Andolfatto, l'espansione residenziale di via Sterni di proprietà di Maria Meneghetti e Louis Anthony, quella di via Monte Asolone i cui proprietari sono le immobiliari Piemme e Azzurro, Silvana Bordignon, Maurizio e Sonia Toniolo, Adriano ed Edoardo Parolin, Adriana e Maria Rosa Tessarollo, e inoltre l'area produttiva Ca' Pieri richiesta da Michelangelo Franzoso, procuratore di Italo, Luigino e Luisa Bettiati.
I consiglieri esamineranno poi le modifiche e le integrazioni allo schema di convenzione urbanistica per il piano particolareggiato di via Vettorello ovest e i progetti presentati allo Sportello unico delle attività produttive dalle ditte Aprica srl e Bas group in variante al Prg, e quello della ditta Raasm.
I lavori continueranno con l'esame della proroga del contratto di concessione del servizio pubblico di distribuzione del gas, con la convenzione con ditte private per la concessione in uso precario di aree verdi poste lungo la canaletta irrigua consortile tra via Gaidon e via Cavour, con l'autorizzazione alla trasformazione del diritto temporaneo di superficie in piena proprietà per gli alloggi Peep di via san Bonaventura, con l'acquisizione compendio dell'ex caserma San Zeno e la cessione alla ditta Sante Battaglia di porzioni di terreno lungo via Roma.
La conclusione della seduta è prevista con le risposte alle interrogazioni presentate dai consiglieri di minoranza, e precisamente da Petucco sull'abuso edilizio di via dei Mille e da Andriollo sul ricordo dei martiri impiccati a San Giuseppe, e con la mozione di Maroso per trattenere il 20 per cento dell'Irpef al Comune.D.Z.
http://www.ilgiornaledivicenza.it/stories/Bassano/200609/

La tomba del «piccolo principe»

La tomba del «piccolo principe»
Martedì 21 Aprile 2009 PROVINCIA Pagina 24 L'ARENA

Il più importante ritrovamento celtico dissepolto a Santa Maria è esposto al Museo archeologico di Legnago. Si tratta della ricostruzione della tomba a carro a quattro ruote, rarità in Europa, con corredo funebre disposto nelle stesse posizioni riscontrate al momento dello scavo, riportata alla luce da lavori di bonifica fondiaria eseguiti nel gennaio 1988 in località Lazisetta. In quell’occasione la Soprintendenza recuperò 118 tombe databili dal II secolo a.C. al I secolo d.C. Lazisetta, prossima all’Adige tra Santa Maria e San Giovanni Lupatoto, si trova poco distante dalle necropoli celtiche della stessa epoca di Fenil Novo e Mirandola, e vicina a due sepolcreti e ai resti di una villa romana e di una strada di centuriazione scavati in località Mulino Rizzardi. Santa Maria è dunque passaggio obbligato per la comprensione dei processi di romanizzazione dell’Italia settentrionale. Alla Lazisetta furono ritrovati solo gli elementi metallici di un carro da guerra assieme a un ricco corredo di armi e di monete. Il corpo era quello di un bambino fra i 5 e i 7 anni. Si trattava di un piccolo discendente di una famiglia di nobili. Per questo il sepolcro è passata alla storia come «la tomba del piccolo principe».P.T.

Il cimitero della città perduta

Il cimitero della città perduta
Martedì 21 Aprile 2009 PROVINCIA Pagina 24 L'ARENA

Conclusa la campagna della Soprintendenza, che ha portato alla scoperta di una nuova grande necropoli di origine celtico-romana

A Santa Maria c’era un insediamento importante, ma in 20 anni non se n’è trovata traccia

Centottanta le tombe di origine celtico-romana dissotterrate lungo la provinciale 19 tra il Mulino dei Sassi e la rotonda per Volon dalla campagna di scavi appena portata a termine dalla Soprintendenza ai beni archeologici del Veneto. La necropoli, l’ennesima venuta alla luce nella zona di Santa Maria, è stata scoperta durante i lavori di scavo intrapresi per un miglioramento fondiario. E’ bastato rimuovere mezzo metro di terreno per intravedere le tombe più superficiali.
«Si tratta di uno dei tanti sepolcreti che costellano Santa Maria, con tombe che vanno dalla fine del II secolo avanti Cristo al I dopo Cristo. Il nucleo è pluristratificato in relazione all’excursus cronologico», spiega Brunella Bruno, coordinatrice della Soprintendenza. La tipologia delle tombe è a «cassetta», cioè con lastre di materiale in cotto, o a fossa. Queste ultime sono le più antiche; le prime, invece, sono dell’epoca romana. Nelle quasi 200 sepolture sono stati trovati i resti di una sola inumazione. Rito funerario prevalente si è dunque confermato l’incinerazione: il defunto veniva bruciato su una pira, quindi le ceneri e i resti del banchetto funebre venivano raccolti in un’anfora che veniva collocata nella tomba assieme al corredo funerario: nel caso di donne, da ornamenti quali spille, bracciali, collane, suppellettili usati nelle faccende domestiche; nei sepolcri degli uomini, invece, attrezzi da lavoro o armi.
In tutte le tombe sono state rinvenute monete ritenute necessarie al traghettamento nell’aldilà, in quantitativo proporzionale al censo del defunto: più soldi nelle tombe dei ricchi e viceversa. Proprio le monete hanno consentito di datare l’epoca della necropoli.
E l’uso di cremare la salma? «Il rito non è strettamente legato all’avvento della cristianità», risponde la dottoressa Bruno. «Relativamente allo stesso periodo storico, nella nostra provincia sono molti i casi di defunti inumati. La tipologia del rito era in funzione di convinzioni religiose, ma anche culturali e della tradizione dei parenti del defunto. Certo è che con la diffusione dell’ideologia cristiana si assiste all’uso sempre più diffuso dell’inumazione, a scapito della cremazione».
La direttrice della Soprintendenza ritiene che la scoperta della necropoli nella zona di Santa Maria riproponga in modo ancora più pressante la necessità di individuare il centro all’epoca abitato, di cui in circa 20 anni di campagne di scavi ancora non s’è trovata traccia. «Certamente il numero delle aree funerarie trovate induce a pensare che in loco ci fosse un insediamento importante e popolato. Su un’area abbastanza ristretta, Santa Maria non ha restituito nuclei cimiteriali d’insediamenti rurali, ma tombe di centinaia e centinaia d’individui». Par di capire, insomma, che nella frazione zeviana e immediati dintorni esistesse un insediamento che, relativamente all’epoca, può essere considerato una città.
La campagna di scavi della Soprintendenza lungo la provinciale 19 di Rivalunga è iniziata a gennaio 2008, è stata a lungo sospesa e si è chiusa di recente. «La lunga interruzione era dovuta all’attesa dei finanziamenti ministeriali necessari a ultimare gli scavi. Non abbiamo chiesto aiuti al Comune, ci hanno aiutato i privati che stanno portando avanti la bonifica fondiaria», conclude Brunella Bruno.

PESCHIERA. Il «Leon» è alla Porta ma è bufera nella Lega

PESCHIERA. Il «Leon» è alla Porta ma è bufera nella Lega
Martedì 21 Aprile 2009 PROVINCIA Pagina 32 L'ARENA

La delegata Di Lorenzo: «Scelta d’intesa con la Soprintendenza, critiche inutili»

Il gruppo di Veneri: «Sfregio l’averlo collocato a terra»

È polemica all’interno della Lega Nord di Peschiera per la collocazione del bassorilievo di marmo che riproduce il Leone di San Marco.
L’opera, che misura 100 per 160 centimetri, è stata fatta realizzare dal Comune. Sabato l’inaugurazione ufficiale della lastra di marmo, posta in rilievo sull’aiuola davanti alla monumentale Porta Verona. Dimensione e posizione sono state scelte dall’amministrazione, in accordo con la Soprintendenza «per mantenere una proporzione visiva con la stessa Porta Verona, originaria collocazione del Leone», spiega Eva Di Lorenzo, consigliere delegato alla cultura.
Ma proprio questa scelta viene contestata da una parte della Lega Nord di Peschiera, quella rappresentata da Livio Dal Bosco e Maurizio Veneri.
«Il leone di San Marco, posto all’ingresso di Porta Verona, ha subito l’umiliazione di essere collocato per terra come una normale lapide cimiteriale quando con circa tremila firme, raccolte e cestinate, meritava una degna collocazione ancora cinque anni fa», scrivono i due esponenti leghisti in un comunicato.
«Lo spazio vuoto posto su Porta Verona è il sito degno per il Leone; ciò fa parte del programma elettorale della Lega Nord che si impegna a raggiungere questo obiettivo. Il Leone di San Marco deve venire dal cuore, non per necessità elettorali», sottolineano i due esponenti del Carroccio dicendosi in paziente attesa del giorno in cui potranno di nuovo «ammirare il glorioso Leone alzando la testa quando si entra a Peschiera».
«Il leone non giace per terra ma poggia su un degno supporto, come da indicazione della Soprintendenza, che ha autorizzato l’installazione esprimendo invece parere negativo alla ricollocazione su Porta Verona», replica Di Lorenzo. «Ci sono stati molti incontri col Comitato promotore della petizione per concordare una collocazione diversa dall’originaria; dato che dal Comitato non sono mai emerse proposte concrete, ci siamo preoccupati di seguire quest’unica possibile soluzione, proprio nel rispetto delle 2050 firme raccolte».
«Comodo», aggiunge Di Lorenzo, «parlare ora di necessità elettorali per chi ha amministrato dal 1993 al 1997 senza occuparsi della ricollocazione.
L’unico fatto certo è che ora il leone di San Marco è lì ad accogliere chi entra a Peschiera, e non certo per merito del Comitato o di una certa rappresentanza della Lega Nord ma di quella che tutt’ora è in amministrazione».

domenica 12 aprile 2009

«E' una follia cambiare un'opera dell'800»

«E' una follia cambiare un'opera dell'800»
e.t.
La Nuova di Venezia 07/04/2009

«Una follia». Così, in maniera lapidaria, un grande architetto come Vittorio Gregotti - che si divide da anni tra Milano e Venezia - definisce l’intenzione di Comune e Soprintendenza ai Beni Architettonici e Paesaggistici di Venezia di rifare ex novo il Ponte dell’Accademia, mantenendo solo la struttura portante. Architetto Gregotti, perché ritiene che sia una follia rifare il ponte dell’Accademia? «Perché stiamo parlando di un ponte storico, costruito dagli Austriaci alla metà dell’Ottocento, che ha centocinquant’anni di vita, al di là dei progressivi rifacimenti, e che fa parte dell’immaginario visivo della città, nella sua forma attuale, per chiunque venga a Venezia. Non riesco a credere che la Soprintendenza veneziana abbia potuto dare il via libera al progetto di rifacimento». Ma il Comune e il sindaco Massimo Cacciari sostengono che la manutenzione del ponte in legno - da ripetersi periodicamente dopo qualche anno - costa troppo all’amministrazione, viste anche le attuali difficoltà economiche. Così si risparmierà e si risolverà il problema una volta per tutte. «Capisco le difficoltà economiche del Comune, ma i monumenti vanno comunque manutenuti. Non è che si rifà la Basilica di San Marco in vetro e acciaio solo perché la manutenzione dell’originale costa... Hanno voluto fare il nuovo ponte di Calatrava, e passi. Si tratta, oltretutto, di un’opera sorta in una parte marginale della città e che comunque prima non esisteva. Ma pensare di rifare il ponte dell’Accademia mi sembra un’assurdità, oltre che un rischio enorme. Suggerisco caldamente al mio amico Cacciari di rifletterci bene finché è ancora in tempo, anche se so benissimo come la pensa in merito». Si fa notare, per rafforzare l’idea del cambiamento, che il ponte dell’Accademia attuale è rimasto sempre un ponte provvisorio e ora gli si darà una veste definitiva. «Non capisco come si possa definire provvisorio un ponte che esiste da oltre un secolo. Ormai fa parte della storia della città, su questo non ci sono dubbi». Quali sono, secondo lei, i rischi a cui il Comune può andare incontro con questo progetto? «Quelli di attirarsi una valanga di critiche a livello internazionale e di infilarsi in una strada senza uscita. Non mi viene, francamente in mente il nome di un architetto che possa imbarcarsi in un’avventura del genere con qualche successo. Un progetto molto difficile. Ricordo ancora il concorso di progettazione per rifare il ponte dell’Accademia che la Biennale bandì parecchi anni fa. Ne vennero fuori le proposte più strampalate, ma almeno, in quel caso, ci si limitava a delle esercitazioni progettuali sulla carta. Qui invece si vuole fare sul serio e questo mi preoccupa molto per Venezia».

martedì 7 aprile 2009

Un modello di villa

Un modello di villa
Fiorenza Conti
Il Mattino di Padova 06/04/2009

POJANA MAGGIORE. La villa «modello» di Palladio propone un modello di villa. E’ un gioco di parole ma anche un concreto esempio da visitare. Accade a Villa Poiana a Poiana Maggiore (Vicenza), che ha una funzione nuova: fulcro di un sistema culturale e turistico in cui il monumento racconta se stesso e il territorio che lo circonda. Così, le stanze della Poiana - uno degli edifici più affascinanti di Palladio - sono ora riempite di contenuti che conducono il visitatore, per livelli diversi, a godere dell’opera architettonica, ammirandola ma soprattutto comprendendola. Nel salone centrale e in alcune sale laterali è raccontata la storia della villa, monumento testimonianza della sua funzione originaria. I suoi apparati decorativi - eseguiti dai pittori Bernardino India e Anselmo Canera e dallo scultore Bartolomeo Ridolfi - sono «letti» da monitor e lettori di schede di memoria che, con l’ausilio anche di specchi, consentono di cogliere aspetti altrimenti non visibili della decorazione «a fresco» e «a stucco». Altri ambienti ospitano, in deposito temporaneo dal Cisa di Vicenza, alcuni fra i più rappresentativi modelli lignei di ville di Palladio: villa Pisani a Montagnana, Villa Saraceno ad Agugliaro, villa Repeta a Campiglia. L’intero corpus delle ville palladiane, i Quattro Libri dell’Architettura e molte altre notizie sono disponibili invece nei diversi sistemi interattivi. Raggiunge compimento l’obiettivo della Regione Veneto che ha affidato al Cisa l’incarico di ideare un nuovo modello di visita alla Poiana, proprio in quanto potenziale prototipo di altri allestimenti. La villa è stata «vivisezionata» dagli storici, coordinati da Guido Beltramini, affiancati da specialisti nella comunicazione: Mauro Zocchetta, docente all’Accademia di Venezia, Simone Baldissini del Cisa, Marco Gaiani dell’Università di Bologna e Francesco Monicelli. All’emozionalità della visita contribuisce anche un percorso musicale creato ad hoc dal maestro vicentino Francesco Erle al quale si è affiancata Laura Moretti dell’Università di Cambridge. La musica, cambiando di stanza in stanza, accoglie il visitatore già all’esterno e lo accompagna lungo un percorso sinestetico. Non manca un’area riservata alle scoperte e ai rinvenimenti fatti durante il restauro della villa e delle sue pertinenze. Poiana Maggiore, via Castello 43; tel. 0444 ... info@villapoiana.it, www.villapoiana.it. Visite: da mercoledì a venerdì 10-13/14-18; sabato e domenica 10-18.

Un 25 Aprile in visita al cantiere di scavo

Un 25 Aprile in visita al cantiere di scavo
Martedì 07 Aprile 2009 PROVINCIA Pagina 37 L'ARENA

Spesso certi paradisi sono lì che aspettano, serve solo avere il coraggio di deviare dalla strada principale e andare a scoprirli. Il sito di Gaium in cui sorge la chiesetta di San Michele, dal XVI al XVIII secolo terra di confine tra la Serenissima di Venezia e il principato del vescovo di Trento, luogo di passaggio e sosta per i pellegrini e le merci che venivano trasportate via Adige, è unico, incantevole, magico. Bisogna andarci per capire.
Un’occasione sarà offerta ad appassionati e curiosi il prossimo 25 aprile, quando i lavori di scavo saranno aperti al pubblico per la undicesima «Settimana della Cultura» promossa dal Ministero per i Beni e le attività culturali dal 18 al 26 aprile. Le scolaresche, inoltre, potranno organizzare visite guidate anche gli altri giorni.
Esperti e studiosi del passato, che nel più breve tempo possibile metteranno mano alla chiesetta , avranno anche il compito di studiare e inserire la sua fondazione all’interno del tessuto storico, territoriale e geomorfologico della Val d’Adige. Incastonato tra il fiume e le pareti rocciose, infatti, il complesso medioevale dedicato a San Michele (probabile fondazione romanica, ampliato e rinnovato, distrutto nella ritirata nazista nel 1945) forma un «unicum» col vicino Monte Rocca, sede di importanti scavi archeologici.C.M.