mercoledì 24 febbraio 2010

Resti romani tra gli scavi ma i parcheggi non si fermano

Resti romani tra gli scavi ma i parcheggi non si fermano
Martedì 23 Febbraio 2010 L'ARENA

BARDOLINO. In Consiglio l’indicazione della Soprintendenza di proteggere l’area e ricoprire

Dietro l’ex chiesa della Disciplina possono proseguire i lavori Verranno ricavati 80 box auto sotterranei da mettere in vendita

La conferma arriva dalla Soprintendenza per i Beni archeologici del Veneto. Nell'area alle spalle dell'ex chiesa della Disciplina, dove sono in corso lavori per la costruzione di una ottantina di box auto sotterranei, «è stato individuato un complesso di strutture abitative romane d'interesse archeologico». Il ritrovamento fa seguito a quello segnalato lo scorso agosto dalla stessa ditta proprietaria, in parte, dell'area: la Rio San Severo srl dei fratelli Gianfrancesco e Carlo Mantovani.
In quella occasione furono ritrovati una moneta e alcuni frammenti sempre risalenti al periodo romano. Il tutto fu catalogato e portato via, sul posto non rimase nulla d'interesse anche perché si trattava solo di un'appendice di una possibile villa che si estende in un altro appezzamento, a fianco delle scuole medie. Con la ripresa dei lavori, in autunno, si è arrivati alla scoperta di altri reperti, com'è emerso in consiglio comunale grazie all'interrogazione avanzata dal rappresentante della Lega Nord Pierangelo Zorzi.
A dir il vero nell'occasione il sindaco Ivan De Beni non è stato prodigo d'informazioni limitandosi a leggere, in risposta all'interrogazione, la relazione predisposta dagli uffici comunali competenti in materia. Nello specifico, il consigliere di minoranza della Lega Nord chiedeva se durante i lavori erano stati ritrovati manufatti archeologici per poi addentrarsi in aspetti più tecnici, a partire dalla corretta dizione riportata nell'oggetto del permesso di costruire rilasciato alla ditta Rio San Severo srl. Ma non solo. Pierangelo Zorzi ha avanzato anche richieste di delucidazioni in merito alla costruzione dell'ottantina di autorimesse sotterranee, che risultano libere da qualsiasi vincolo residenziale. In due parole autorimesse in vendita a libero mercato a chiunque e non solo a chi vive in paese.
«L'area interessata dall'intervento ricade parte in centro storico zona A del Prg e parte in zona di completamento C1, pertanto la dizione riportata nell'oggetto del permesso di costruire appare corretta», ha risposto il sindaco Ivan De Beni, che in merito alla liceità della costruzione dei garage sotterranei si è appellato alle varianti parziali degli ultimi anni per i centri storici, che consentono «la realizzazione di autorimesse interrate nelle aree scoperte di pertinenza degli edifici».
Quanto ai ritrovamenti, la Soprintendenza ha autorizzato «la rimozione delle strutture di età romana rinvenute nella proprietà Mantovani Rio San Severo», a patto che «la demolizione della struttura avvenga con il controllo di operatori specializzati in scavo archeologico e che le paratie e le opere di sostegno del parcheggio siano precedute da adeguati interventi di protezione delle strutture archeologiche individuate».

venerdì 12 febbraio 2010

Contro il Concordato Antiveneto tra Italia e Santa Sede



Contro il Concordato Antiveneto tra Italia e Santa Sede
giovedì 11 febbraio 2010.
Nella ricorrenza della firma del Concordato (11 febbraio 1929) vogliamo protestare contro la ricettazione del territorio veneto, avvenuto con la cessione della Basilica di Sant'Antonio alla Santa Sede in compensazione dei furti sabaudi allo Stato Pontificio. Tale cessione costituisce uno sfegio all'integrità dei territori veneti causato da un'autorità italiana (Benito Mussolini) che non ne aveva titolo. Alla Santa Sede chiediamo una spiegazione del fatto e una sua riparazione. Ciò presuppone un accordo nuovo e diretto tra Società Veneta e Vaticano. La manifestazione dell'11 vuole creare le premesse di questo nuovo Concordato.
Luogo: Padova, piazzale della Basilica del santo

su Facebook le foto della manifestazione: link

martedì 2 febbraio 2010

La Pedemontana minaccia villa Fanna

La Pedemontana minaccia villa Fanna
Corriere del Veneto, 01/02/2010

il caso - Il tracciato della superstrada invade gli spazi della dimora

Previsto l’esproprio di alcuni terreni della tenuta settecentesca sotto tutela. Decide il comitato tecnico

VILLORBA — Una villa del ’700 in un angolo di pace a Villorba sta per essere stravolta dalla Pedemontana. Il tracciato della nuova superstrada, infatti, passerà a un pugno di metri dalla villa. Il progetto prevede che corra in trincea, vale a dire sotto la linea dell’orizzonte ma ben visibile dall’esterno. I vincoli paesaggistici e monumentali che gravano sulla villa e sui terreni circostanti (una sorta di fascia di rispetto), però, lo vietano e in questi giorni i proprietari rilanciano l’idea di «chiudere» il nastro d’asfalto in galleria per limitare i danni. Al centro del rompicapo c’è villa Venturali-Fanna, costruita nei primi anni del Settecento dai trisavoli dell’attuale proprietario. A oggi si prevede l’esproprio di alcuni terreni. Però si tratta di terreni gravati da due vincoli, uno paesaggistico e l’altro monumentale «per salvaguardare», scrisse a suo tempo la direzione regionale del Ministero dei Beni Culturali «l’ambito monumentale della villa».

La storia di lettere e perizie, fino alle recenti liste di espropri già pubblicate nella Gazzetta Ufficiale inizia nel 2002. Da allora Francesco Fanna, proprietario della tenuta le ha tentate tutte. Ha scritto a Ministero ed enti competenti, ha tentato la via della conciliazione e della mediazione. «A voler essere precisi - spiega Fanna, direttore d’orchestra e direttore dell’Istituto Italiano Antonio Vivaldi della Fondazione Cini di Venezia - i vincoli parlano chiaro, non è consentita alcuna edificazione o realizzazione di infrastrutture che modifichino i terreni circostanti la villa. Ci rendiamo conto, però, che non è possibile spostare ulteriormente il tracciato. Una soluzione può essere un tratto in galleria come abbiamo proposto a tutti gli enti interessati sulla base di uno studio che abbiamo commissionato a una società di ingegneria. Per ora, nessuna risposta».

Una nuova infrastruttura porta inevitabilmente qualche mugugno, si dirà, ma, in questo caso, a rimetterci, almeno prestando fede alle valutazioni della direzione regionale prima, del ministero stesso e del Cipe poi (che nel 2006, dà indicazioni molto precise per salvaguardare la villa), sarebbe la comunità che vedrebbe deturpato il paesaggio, un concetto sbandierato negli ultimi anni dalla Regione come bene supremo da preservare, vero patrimonio del Veneto. Tant’è che il direttore regionale in carica, l’architetto Ugo Soragni, sta redigendo, insieme alla stessa Regione, il Piano del Paesaggio, frutto di un accordo fra Palazzo Balbi e il ministero di Sandro Bondi. Ed è proprio Soragni che potrebbe trasformarsi nel paladino del paesaggio all’interno del comitato tecnico scientifico della Pedemontana. «Il progetto della Pedemontana - spiega l'architetto Soragni - è stato approvato con delibera Cipe, la quale si è formata tenendo conto dei pareri rilasciati da tutti i soggetti interessati. E in quella delibera il Cipe fa riferimento chiaramente alla necessità che il progetto definitivo, attualmente in fase di istruttoria, sia predisposto nel rispetto delle prescrizioni di ogni dicastero». L’ultima parola spetta al comitato tecnico scientifico che si riunirà fra due settimane.
Martina Zambon
http://corrieredelveneto.corriere.it/treviso/notizie/cronaca/2010/29-gennaio-2010/pedemontana-minaccia-villa-fanna-1602371259225_print.html

il Veneto asfaltato

il Veneto asfaltato
Ylenia Sina
TERRA NEWS 1 FEBBRAIO 2010

Il comitato Difesa salute territorio della Valle dell’Agno è sceso in piazza per ribadire la propria opposizione a quella che viene definita dalla popolazione «una vera e propria violenza al territorio»: la costruzione dell’autostrada Pedemontana Veneta.
La manifestazione è partita da piazza del Duomo a Montecchio Maggiore (Vicenza), punto di partenza dell’intero tracciato che, da progetto, si estenderà per 95 chilometri, fino a raggiungere Spresiano (Treviso). All’asfalto dell’autostrada, che collegherà l’A4 con l’A27, devono essere sommati i 18 svincoli previsti e altri 53 chilometri di bretelle e strade complanari.

Risultato: l’aumento di oltre 45mila veicoli al giorno che riverseranno i loro fumi in una vallata stretta, e quindi più facilmente inquinabile, già fortemente urbanizzata e industrializzata.

Il tutto per un’infrastruttura a pagamento destinata, come riportato sul sito della Fondazione Nordest, «a servire l’area a maggiore concentrazione industriale del Nordest tra le provincie di Vicenza e Treviso», e, a livello internazionale, ad agevolare il traffico su gomma lungo la direttrice ovest/est.

Il tutto per la modica cifra di 2 miliardi e 391 milioni, stanziati dal consorzio spagnolo Sis in cambio degli utili derivanti dalla riscossione dei pedaggi per 39 anni. Ma, se i volumi di traffico risultassero inferiori alle attese, la Regione Veneto dovrà versare nelle casse del costruttore oltre 7 milioni di euro ogni sei mesi per trent’anni. Oltre al disastro ambientale, i cittadini veneti rischiano di doversi assumere i costi dell’opera. «è ora di dire basta alla distruzione del territorio spacciata per sviluppo!», si legge nel volantino della manifestazione.

«L’autostrada provocherà inquinamento, tumori, rumore, stravolgimento del tessuto naturale e civile, distruzione del paesaggio, problemi per le falde acquifere». Le prime conseguenze del progetto che si abbatterà sulla vita dei 32 paesi lungo il tracciato sono già arrivate: gli espropri. 2.843 i nominativi dei proprietari di case, terreni e attività che verranno espropriati prima del mese di marzo per far spazio alla Pedemontana.

L’archeologia potrebbe bloccare la base militare della discordia

L’archeologia potrebbe bloccare la base militare della discordia
Maria Luna Moltedo
TERRA NEWS 1 FEBBRAIO 2010

Un insediamento paleoveneto del Neolitico e tracce di un acquedotto romano. Questa sarebbe l’ipotesi sulle recenti scoperte archeologiche nell’area dell’ex aeroporto Dal Molin, zona vicentina dove dovrebbe sorgere, secondo gli accordi tra i governi di Washington e Roma, una nuova base militare statunitense. Dopo le polemiche, le proteste, le manifestazioni, questi ritrovamenti creano nuovi ostacoli sul cammino della realizzazione dell’opera fortemente osteggiata da una parte della popolazione rappresentata dal Comitato No Dal Molin. Come ricordato in questi giorni da studiosi ed esperti, è possibile che le nuove ricerche portino addirittura al rinvenimento di insediamenti abitativi, cosa di cui non si hanno precedenti se non nella zona del Lago di Fimon dove fu trovato un insediamento neolitico. Il rapporto su questa scoperta reso pubblico qualche giorno fa configura l’esistenza di un villaggio paleoveneto risalente a un’epoca antecedente di molti secoli a quella finora ritenuta originaria. In realtà, la civiltà “paleoveneta”, detta anche dei “Veneti Antichi”, non era circoscritta solo al Veneto attuale, tanto che tracce consistenti della sua presenza sono state riscontrate anche in Friuli Venezia Giulia e in Trentino Alto Adige. Complici della sua permanenza e del suo progresso anche i grandi fiumi Adige, Brenta, Piave e Tagliamento, attraverso cui fu più semplice stabilire relazioni tra le varie aree, questa cultura non fa altro che potenziare quelle che erano le caratteristiche della cultura del Bronzo Recente. Inoltre le relazioni con la cultura Transalpina a Nord, quella Villanoviana a Sud, quella di Golasecca a Ovest, con i mercanti greci che approdano nella costa adriatica e quelli etruschi provenienti dagli Appennini, influenzano e arricchiscono lo sviluppo di quest’area. Proprio per questo motivo, se, dopo un’accurata e ponderata analisi stratigrafica, si decidesse di tutelare l’area Dal Molin sarebbe una scelta conforme alla legislazione dei Beni culturali in Italia. Ancora oggi, da un punto di vista propriamente archeo-storico, secondo gli studiosi, vi è una certa difficoltà a distinguere la primissima fase della civiltà paleoveneta detta protoveneta e che alcuni identificano con quella “protovillanoviana” (1100- 900 a.C.), con la quale ha in comune le pratiche funerarie di incinerazione e l’iconografia decorativa dei manufatti in bronzo e terracotta. La scoperta archeologica avvenuta lo scorso febbraio, proprio sull’area dove gli Stati Uniti vogliono costruire una base militare, è stata del tutto casuale. Osservando le foto di un libro scritto da un maggiore del Genio Campale nel 2005 si poteva dedurre che all’interno dell’ex aeroporto Dal Molin ci fossero resti romani e non solo. In particolare, ha attratto l’attenzione la base di una colonna, residuo dell’antico acquedotto romano di cui si vedono ancora i resti in località Lobia. Da qui un sopralluogo degli esperti della soprintendenza ai Beni archeologici del Veneto. E ora è arrivato il primo rapporto di quelle verifiche. Risultato: oltre ai resti dell’acquedotto, ci sono anche tracce di un canale, abitazioni, pavimenti del Settecento ma soprattutto le sorprendenti tracce di un insediamento del Neolitico che nessuno si aspettava. Ritrovamenti che, però, non si capisce ancora se saranno in grado di fermare i lavori della base militare statunitense. Già nel mese di giugno 2009 sono state avviate nell’area Dal Molin le indagini archeologiche preventive, con la direzione scientifica della soprintendenza per i Beni archeologici del Veneto e la fattiva collaborazione dell’Ufficio preposto per il United States Department of the Army, su cui ricade l’onere economico dell’intervento.
Tutela o manomissione?
Spesso l’archeologia riveste, come in questo caso, un ruolo “politico”. Nel senso che la tutela dei beni culturali assume grande importanza soprattutto in un Paese, come l’Italia, che è particolarmente ricco da questo punto di vista. La tutela da un lato si propone di garantire al cittadino il godimento del bene conservando antiche memorie la cui manomissione o distruzione comporterebbe una privazione per la collettività. Dall’altro la salvaguardia di un pan trimonio storico, artistico e culturale è necessaria perché la compromissione provocherebbe un danno significativo anche, e non solo, per la ricchezza del Paese. Rimanendo in tema di salvaguardia, nell’area Dal Molin sono iniziate le indagini archeologiche proprio per capire l’entità dei reperti che via via sono venuti alla luce e conseguentemente fare delle scelte, dopo accurate riflessioni, su come gestire o meglio tutelare questo territorio. I lavori di ricerca sul campo, iniziati dopo una lettura preliminare delle sezioni ricavate dai carotaggi effettuati in precedenza, hanno esplorato fino a ora, tramite una serie di trincee a maglia molto fitta, un’ampia parte dell’area interessata dalle opere in progetto. Le indagini archeologiche preventive stanno portando all’acquisizione di nuovi dati che andranno a integrare il quadro delle conoscenze archeologiche di un’area limitrofa all’antico centro urbano, interessata anche, come noto, dal percorso dell’antico acquedotto di epoca romana, di cui era già stato parzialmente individuato, nel corso di un sondaggio nel 1995, un pilastro, dislocato però in antico dalla sua originaria collocazione. È attualmente in corso lo scavo in estensione nell’area del tracciato dell’antico acquedotto lungo il margine sud-occidentale del cantiere. Tale scavo era programmato fin dall’inizio, con l’obiettivo di acquisire dati probanti circa il puntuale percorso dell’importante struttura in prossimità del fiume Bacchiglione. La storia dei Veneti si può dividere in due momenti: uno antico, che va dalle origini fino al V secolo a.C., in cui è più evidente l’originalità culturale veneta, e uno più recente che va fino al I secolo d.C., che vede prima un influsso celtico, e poi una lenta assimilazione romana. I Veneti ebbero con Roma rapporti amichevoli e si giovarono dell’aiuto della città laziale per allontanare la minaccia costituita dall’invasione dei Galli. Infatti, in cambio di protezione, permisero ai Romani di stabilirsi pacificamente nel proprio territorio, e in definitiva di colonizzarlo costruendo per l’appunto acquedotti, strade, ponti e villaggi. Il Veneto non venne quindi conquistato con la forza dai Romani, ma fu inglobato pacificamente e, con il tempo, la cultura veneta si perse e venne sostituita (in parte assimilata) dalle usanze di Roma. Invece, per quanto riguarda le indagini della parte più antica, sempre nei pressi dell’ex aeroporto vicentino, sono evidenti le tracce di una frequentazione di epoca protostorica. Infatti il rinvenimento di alcuni frammenti ceramici, attualmente in corso di studio, per ora non ha restituito alcuna evidenza strutturale, mentre ancora da indagare resta un’ampia area in cui sono venuti alla luce materiali ceramici e litici riferibili a età neolitica (8.000 anni fa circa). Si tratta di un dato di grande interesse in quanto fino a ora non erano noti elementi di conoscenza riferibili a presenze di epoca così antica in questa zona, limitrofa al centro urbano di Vicenza. Al momento la soprintendenza ha confermato l’intenzione di allargare gli scavi di esplorazione a un’area più vasta, ossia quella collocata quasi al centro dell’attuale cantiere, con inevitabile blocco delle operazioni di edificazione in quella parte interessata. Il rischio, dunque, che tutto finisca sepolto per sempre sotto le fondamenta della base americana, al momento, è arginato. Auspicabile è che lo sia anche in prospettiva, nel rispetto delle leggi sulla tutela dei beni culturali che, sebbene spesso e volentieri non vengano osservate, vigono. Sarebbe opportuno in Italia tornare a un’alta consapevolezza della dimensione storica, etica e civile della tutela del patrimonio culturale e del paesaggio, che l’articolo 9 della Costituzione ha fissato con lungimiranza. Quell’articolo recita infatti così: «La Repubblica promuove lo sviluppo della cultura e la ricerca scientifica e tecnica. Tutela il paesaggio e il patrimonio storico e artistico della Nazione».

Gli antichi veneti
I Veneti, a volte indicati anche come Venetici, Antichi Veneti o Paleoveneti per distinguerli dagli odierni abitanti della regione italiana del Veneto, erano una popolazione indoeuropea che si stanziò nell’Italia Nord-orientale dopo la metà del II millennio a.C. e sviluppò una propria originale civiltà nel corso del millennio successivo. Caso unico tra i popoli dell’epoca nell’Italia Settentrionale, si può stabilire l’identità tra la popolazione e la cultura veneta, ovvero agli antichi Veneti è possibile attribuire una precisa cultura materiale e artistica sviluppatasi nel loro territorio di stanziamento, la Venezia. Questa facies culturale si sviluppò durante un lungo periodo, per tutto il I millennio a.C., anche se nel tempo subì diverse influenze. Di questa popolazione e identità la documentazione archeologica è particolarmente ricca. I Veneti si stanziarono inizialmente nell’area tra il Lago di Garda e i Colli Euganei; in seguito si espansero fino a raggiungere confini simili a quelli del Veneto attuale, anche se bisogna considerare che la linea di costa del Mar Adriatico era più arretrata rispetto a oggi. Secondo i ritrovamenti archeologici (che concordano anche con le fonti scritte), i confini occidentali del loro territorio correvano lungo il Lago di Garda, quelli meridionali seguivano una linea che parte dal fiume Tartaro, segue il Po e raggiunge Adria, lungo il ramo estinto del Po di Adria, mentre quelli orientali giungevano fino al Tagliamento. Oltre tale fiume erano insediate genti di ceppo illirico, anche se fino all’Isonzo la presenza veneta era tanto forte che si può parlare di popolazione veneto-illirica. I confini settentrionali erano invece meno definiti e omogenei; il territorio veneto risaliva soprattutto i fiumi Adige, Brenta e Piave verso le Alpi, che fungevano comunque da confine naturale. La presenza veneta sulle Alpi è attestata soprattutto nel Cadore.
(M. L. M.)

Cosa si intende per “tutela”
Il patrimonio culturale è il passato e il futuro allo stesso tempo. È fondamentale promuovere in concreto una cultura di rispetto della natura, dell’arte, della storia e delle tradizioni d’Italia e tutelare un patrimonio che è parte fondamentale delle nostre radici e della nostra identità. La tutela del patrimonio culturale è un compito dello Stato sancito dalla Costituzione. Secondo il Codice dei Beni culturali, essa consiste nell’esercizio delle funzioni e nella disciplina delle attività dirette, sulla base di un’adeguata attività conoscitiva, a individuare i beni costituenti il patrimonio culturale e a garantirne la protezione e la conservazione per fini di pubblica fruizione. Al Titolo I del Codice, negli articoli 10 e 11, sono individuate le categorie generali dei beni culturali e, nei successivi articoli 12 e 13, i meccanismi di individuazione dei beni e le caratteristiche dei relativi procedimenti (verifica e dichiarazione). Lo Stato esercita le funzioni di tutela attraverso il ministero per i Beni e le attività culturali, articolato nella struttura centrale e negli uffici territoriali. Questi ultimi sono costituiti dalle Direzioni Regionali e dalle Soprintendenze di settore.
(M. L. M.)

Le ville venete in un catalogo: più di 3.800, ma pochi soldi.

Le ville venete in un catalogo: più di 3.800, ma pochi soldi.
IL GAZZETTINO – 2 febbraio 2010

Le ville venete sono un patrimonio che il mondo ci invidia, ma non esistono solamente le dimore monumentali che tutti conoscono, a cominciare da quelle palladiane. Nel solo Veneto le ville sono quasi 3 800, di cui solamente la metà sono sottoposte a vincolo di tutela da parte dello Stato. Le rimanenti sono in grave pericolo: 223 sono in pessimo stato di conservazione, 35 sono ridotte ormai a ruderi e tre sono state addirittura demolite negli ultimi dieci anni. Sono le cifre di una débacle culturale, quelle descritte dalla presidente dell'Istituto regionale ville venete, Nadia Qualarsa, che ieri ha presentato nella sede della Cassa di risparmio di Venezia, il catalogo integrale delle costruzioni, accessibile da subito su Internet all'indirizzo http//catalogo irvv net. Qui si troveranno la descrizione del manufatto, notizie storiche, dati analitici, stato di conservazione, informazioni sui restauri, utilizzi attuali, orari di apertura al pubblico, proprietà e vincoli. «L'operazione - spiega Qualarsa - ha richiesto un anno di lavoro e un investimento di 230 mila euro, ma alla fine il risultato è tangibile, nel senso che è a disposizione di tutti una mole immensa di documentazione che prima era accessibile solo agli studiosi che per reperirle si dovevano recare in molti luoghi differenti». Approfittando della presenza del vicepresidente del Consiglio regionale, Carlo Alberto Tesserin, Qualarsa ha ricordato come un finanziamento di soli 300 mila euro l'anno sia insufficiente alle esigenze dell'ente. La provincia con il maggior numero di ville venete è Treviso (785), seguita da Verona (676), Vicenza (670), Padova (633), Venezia (573), Rovigo (251) e Belluno (195). Solo 159 (il 4,2 per cento del totale) sono le ville aperte regolarmente al pubblico per visite in orari prestabiliti.