lunedì 7 ottobre 2013

presentazione del volume Il coraggio degli Antichi Veneti di Federico Moro

Padova, mercoledì 9 ottobre ore 16,00, Sala Livio Paladin a Palazzo Moroni (Municipio) presentazione del volume Il coraggio degli Antichi Veneti di Federico Moro, Helvetia Editrice. Intervengono autore ed editore.

"Il coraggio degli Antichi Veneti è un romanzo e dell’opera d’invenzione ha struttura e natura dei protagonisti, L’avventura- L’epopea – L’eredità perduta, però, è una trilogia che dalla Storia non deriva solo lo spunto iniziale, e lo sfondo su cui si svolgono gli eventi frutto della fantasia dell’autore, bensì cerca di trasformare proprio lei, la Storia, nel vero soggetto della narrazione. Il risultato finale è un volume che presenta diversi piani di lettura.

Innanzitutto umano e psicologico. Numerosi e vari sono i personaggi che pensano e agiscono, ognuno di loro con proprio carattere e vissuto, da qui un universo di sentimenti forti, amore, amicizia, odio, generosità, affrontati e declinati con molte sfumature. Questi si manifestano in un contesto di esperienze, valori, attese, delusioni, sconfitte e vittorie.

Esiste, poi, una particolare dimensione comunitaria in cui i singoli rientrano e si riconoscono in un continuo scambio, materiale e morale.

La ricostruzione storica è, per quanto possibile, rigorosa e aderente alla realtà verificata, anche per quanto riguarda l’ambientazione geografica, così lontana da quanto si può vedere oggi.

Infine, il libro torna sulle tracce del Mito, considerato non tanto quale insieme di favole e leggende quanto per il suo valore di strumento per penetrare la dimensione spirituale del mondo antico. Veneto e non solo.

Un filo rosso lega i protagonisti del bronzo finale e della prima età del ferro a quanti percorrono oggi le vie di questa singolare “terra d’acque”: fatto con pochi paragoni al mondo e anche solo per tale motivo meritevole di essere compreso e valorizzato.

L’invenzione del narratore è intervenuta a saldare i frammenti lasciati slegati dai capricci della Storia e per disegnare, allo stesso tempo, i caratteri di personaggi in cui le parole hanno cercato di infondere lo spirito indomabile di un popolo, i Veneti Antichi, famoso per i suoi “bei cavalli”: non a caso simbolo, ieri e oggi, d’intelligenza, sensibilità, bellezza, nobiltà d’animo, tenacia e forza di volontà…

Dal volume sono stati tratti nel tempo materiale letterario per gli spettacoli Fra Terra e Acqua, Giganti viaggio in Utopia, Venetkèns tutti poi messi in scena da Teatrocontinuo di Padova.

domenica 25 agosto 2013

Rievocazione storica: 'Cleonimo di Sparta contro i Veneti

articolo completo al seguente link:
Comune di Dolo:
I luoghi dell’Isola Bassa di Dolo faranno da scenografia alla rievocazione storica dei fatti narrati da Tito Livio nella “Storia di Roma” accaduti nel territorio della Riviera del Brenta - Medoacus nel 302 a.C.. La manifestazione vedrà la ricostruzione di un villaggio, di un mercato con le attività artigianali e i prodotti dell’epoca e la partecipazione di oltre cento figuranti che daranno vita ad un’azione scenica in tre tempi guidati dalla regia di una voce narrante. L’evento vedrà una prosecuzione nella giornata successiva a Padova presso l’Anfiteatro Romano all'interno dei Giardini dell'Arena).
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domenica 21 luglio 2013

Ritrovamenti monetali a Treviso

Ritrovamenti monetali a Treviso

sabato 13 luglio 2013

Marano di Valpolicella (VR). Santuario di Minerva sul Monte Castellon

 articolo completo al seguente link:
Marano di Valpolicella (VR). Santuario di Minerva sul Monte Castellon - Soprintendenza per i Beni Archeologici del Veneto:
 Il santuario sul monte Castellon di Marano di Valpolicella fu scoperto nel 1835 da G.G. Orti Manara e pubblicato l'anno seguente sul "Bullettino dell'Instituto di Corrispondenza Archeologica". L'erudito veronese riportò alla luce i resti di un complesso identificabile come un fanum dedicato a Minerva, grazie ad una decina di iscrizioni - otto delle quali ex voto dedicati alla divinità.
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venerdì 28 giugno 2013

News ed Eventi - Museo Montebelluna VISITA AGLI SCAVI

News ed Eventi - Museo Montebelluna: VISITA AGLI SCAVI

Mercoledì 3 luglio 2013, ore 18,00

Vengono aperti al pubblico gli scavi archeologici di età romana e tardo-antica sul fondo Amistani, condotti dalla Soprintendenza per i Beni Archeologici del Veneto con il supporto dell'Università degli Studi di Verona. Il pubblico, accompagnato dagli archeologi che stanno conducendo i lavori, potrà così apprezzare in anteprima assoluta le nuove importanti scoperte di questa terza campagna di indagine. L'iniziativa è organizzata dal Museo Civico di Storia Naturale e Archeologia di Montebelluna in collaborazione con la Soprintendenza per i Beni Archeologici del Veneto, l'Università degli Studi di Verona e Alvise Amistani Guarda Soc. Agricola.
Dove: Fondo Amistani, ingresso da Via dei Stech o da via Mercato Vecchio.

Come arrivare:
Punto di incontro alle ore 17.45 a S. Maria in Colle al parcheggio di Piazza Internati, ci sarà il personale del museo civico ad accogliere i visitatori e accompagnarli sullo scavo. Per chi volesse andare in autonomia più tardi (si ricorda che la visita inizia alle ore 18.00) si consiglia l'accesso da Via dei Steck, una laterale di Via Mercato Vecchio a 100 m ca da Piazza Internati, direzione mercato Vecchio.

Target: per tutti
Ingresso libero

martedì 18 giugno 2013

domenica 9 giugno 2013

L'Affascinante Storia delle Ville Venete

Lavori al Piloton in attesa del solstizio d'estate

articolo completo al seguente link:
Lavori al Piloton in attesa del solstizio d'estate:
Il 21 giugno sarà il solstizio d’estate e al sorgere del sole sulla dorsale della Prèa Fita (pietra conficcata, appunto il Piloton) si ripeterà un evento che ha dell’affascinante e del misterioso: il sole, il Piloton e piazza Erbe (antico foro romano all’incrocio tra il cardo massimo -via cappello- e il decumano massimo - corso Porta Borsari e corso Santa Anastasia -) saranno sulla stessa linea. Per pochi istanti saranno uniti da una unica linea immaginaria che li salda perennemente ad un legame indissolubile che dimostra che il Piloton non è una semplice pietra conficcata nel terreno! Dunque un segno tangibile della nostra storia che va valorizzato e rispettato!
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venerdì 7 giugno 2013

Tempio di Minerva, tesoro ritrovato

articolo completo al seguente link:
L'Arena.it - dalla home:

Sei anni di ricerca e due campagne di scavo hanno prodotto la scoperta del Tempio di Minerva, un «fanum» cioè un santuario extraurbano votato al culto della dea romana, che racchiude al suo interno tre importanti stratificazioni di fasi storiche: un tempio di età imperiale, uno di età tardo-repubblicana e un rogo votivo dell'età del ferro. «L'area del monte Castelon conserva tracce della presenza dell'uomo fin dall'epoca preistorica»,
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martedì 4 giugno 2013

ARTE: A PIEVE DI CADORE (BL) LA MOSTRA "TIZIANO, VENEZIA E IL PAPA BORGIA"

 articolo completo al seguente link:
ARTE: A PIEVE DI CADORE (BL) LA MOSTRA "TIZIANO, VENEZIA E IL PAPA BORGIA" - AgenParl - Agenzia Parlamentare per l'informazione politica ed economica:

La si potrebbe definire una mostra dossier, una mostra indagine, una potente lente di ingrandimento attraverso la quale il pubblico potrà penetrare nei diversi aspetti storici, stilistici, compositivi, iconografici di un’opera chiave degli inizi della carriere del grande Tiziano Vecellio. Un modo affascinante e insolito di cogliere i significati e i processi creativi che stanno “dietro” e “dentro” un capolavoro.

La mostra “Tiziano, Venezia e il papa Borgia”, che la Fondazione Centro Studi Tiziano e Cadore promuove dal 29 giugno al 6 ottobre a Palazzo Corso in occasione dei suoi primi dieci anni d’attività, insieme al paese natale del grande artista Pieve di Cadore (Bl) e alla Magnifica Comunità del Cadore - curata da Bernard Aikema e organizzata da Villaggio Globale International - vuole esser il racconto, assolutamente inedito, di quella notissima e fondamentale opera, conservata al Museum voor Schone Kunsten di Anversa, in cui Tiziano dipinge “Il vescovo Jacopo Pesaro e papa Alessandro VI davanti a San Pietro”.
(...)

giovedì 30 maggio 2013

Les villas des doges de Venise

Les villas des doges de Venise l'œuvre d'Andrea Palladio.

domenica 19 maggio 2013

Affiorano antichissimi reperti Il Comune sospende il cantiere

Affiorano antichissimi reperti Il Comune sospende il cantiere
 
10.03.2013 
L'ARENA
 
Durante lavori di sbancamento su un'area di via San Giovanni sono emersi resti risalenti all'età del Bronzo
A seguito del ritrovamento di laterizi e frammenti ceramici l'ufficio tecnico ha emanato un'ordinanza che blocca le ruspe

La pala di una ruspa porta alla luce in via San Giovanni antichi laterizi ceramici sepolti in un terreno agricolo, a meno di un metro di profondità dal piano campagna. E i lavori in corso sull'appezzamento, situato in località Campagne, sono stati immediatamente sospesi dal Comune. Ora i reperti rinvenuti dovranno essere esaminati dalla Soprintendenza ai beni archeologici, che dovrà stabilire a che epoca risalgono. Da un primo esame dovrebbe trattarsi comunque di resti risalenti, con buona probabilità, all'età del Bronzo o all'alto medioevo. E potrebbero costituire la testimonianza dell'esistenza di un piccolo insediamento abitativo. L'intervento bloccato dai rinvenimenti riguarda opere di miglioria fondiaria, regolarmente autorizzate dalla Regione nelle vicinanze dall'antica Pieve, recentemente restaurata, di San Giovanni Battista, lungo la strada per Concamarise. Il complesso in questione possiede un raro battistero ottagonale del XIII secolo con antichi affreschi del Cinquecento riportati al loro splendore dopo un restauro finanziato con fondi regionali. In particolare, il battistero è stato anticamente meta di pellegrinaggi di fedeli in arrivo da tutto il circondario. A partire dal XVI secolo il sito venne gestito dai frati minori francescani: furono loro a commissionare i due cicli di affreschi delle pareti interne al battistero. In quello inferiore sono raffigurati episodi della vita di San Giovanni Battista, in quello superiore le scene della passione di Cristo. La chiesetta venne ripristinata nel 2002, mentre nel 2005 il battistero venne riqualificato esternamente. Nel 2011 è stato inaugurato il restauro delle pareti interne affrescate interne. Il sottosuolo della zona ha già restituito qualche tesoretto: durante gli scavi archeologici venne infatti rinvenuta un' antica fonte battesimale ad immersione, tuttora visibile, che permise agli studiosi di retrodatare le origini del complesso tra il V e l'VIII secolo. I laterizi che hanno fermato le ruspe sono stati rinvenuti a circa 200 metri in linea d'aria dalla Pieve: per questo la scoperta potrebbe riservare non poche sorprese vista la massiccia presenza di fedeli testimoniata nella zona in un lontano passato. Tutto è nato da una segnalazione, riguardante l'affioramento di parecchi reperti ceramici, giunta in municipio lo scorso 26 febbraio. È quindi scattato un sopralluogo, effettuato due giorni dopo, per una prima sommaria verifica da parte dei responsabili dell'Ufficio tecnico. L'architetto Matteo Faustini, responsabile del settore, ha firmato in seguito un'ordinanza di sospensione dei lavori che è stata notificata ai soggetti interessati, tra i quali il legale rappresentante della «Cooperativa agricola Bartolomeo Pezzo», proprietaria dei terreni. I lavori prevedono lo sbancamento dell'area con la possibilità di utilizzare il materiale di risulta. L'ordinanza è motivata da fini cautelativi ed è stata emessa in via del tutto prudenziale. Data la difficoltà nell'analizzare l'eventuale presenza di reperti di natura archeologica, si è ritenuto opportuno richiedere l'intervento di personale qualificato e specializzato del nucleo operativo della Soprintendenza archeologica di Verona. Difficile prevedere quanto riaprirà il cantiere. Occorre lasciare il tempo agli archeologi di effettuare ulteriori sondaggi e rilevamenti, non appena le condizioni climatiche lo permetteranno. Intanto, i mezzi meccanici di proprietà dell'impresa «B.G. srl» di Bovolone restano parcheggiati nell'appezzamento.

Roberto Massagrande

martedì 14 maggio 2013

Piccoli tesori in mostra. Ecco VENETKENS

E' già stata ribattezzata come la mostra archeologica più importante di Padova del 2013 e una delle principali italiane. "VENETKENS. Viaggio nella terra dei Veneti antichi" raccontata da TG Padova

domenica 12 maggio 2013

Noterelle di Toponomastica antica in area veneta - Adria

Noterelle di Toponomastica antica in are veneta - Adria

mercoledì 1 maggio 2013

Sotto la siepe spunta il tempio

Sotto la siepe spunta il tempio
Roberto Luciani
25/03/2013

LA SCOPERTA. 
Il presidente dell'associazione Veicetia ha trovato spicchi di colonne romane nel giardino di via Giacosa. Testa: «Ho visto alcuni mattoni e pensavo fossero legati ai lavori che stavano facendo agli edifici. Già avvisata la soprintendenza»

Spicchi di colonne di un tempio romano. A rinvenirle per caso, sotto la siepe di un giardino di via Giacosa, il presidente dell'associazione archeologica "Veicetia" Andrea Testa, che proprio in questa zona, nel 1965, rinvenne tra l'altro l'antefissa della Potnia Theron ed un capitello in terracotta di ordine dorico finiti nei magazzini del museo cittadino, la prima, e degli uffici archeologici padovani, il secondo. PRECEDENTE. «Quella volta trovai tantissimo materiale che consegnai tutto alla Soprintendenza di Padova. Il ritrovamento di questi giorni è importantissimo perché mai prima d'ora erano stati portati alla luce a Vicenza questi elementi, che attestano l'esistenza di colonne di almeno 60 centimetri di diametro. Questo è un'ulteriore conferma dell'esistenza di un grande tempio in questa area, che purtroppo per quasi 50 anni mi pare sia stata lasciata senza un vincolo di tutela archeologica».
IL CASO. Tanto che la scoperta è avvenuta in maniera del tutto casuale. Galeotto fu il dentista: «Stavo andando in viale Ferrarin ed ho deciso di passare per l'interno quando ho visto uno scavo per la posa dei sottoservizi proprio tra i civici 10 e 11, dove avevo recuperato il materiale di cui sopra».
Tutti i particolari nel Giornale in edicola

martedì 30 aprile 2013

Bembo circondato di bellezza

A Padova si tiene una mostra sul pieno Rinascimento, soprattutto nel suo particolare aspetto veneto e romano. È una bella esposizione che propone una visione di quel mezzo secolo d'oro della storia europea attraverso gli occhi di Pietro Bembo, un umanista, un patrizio e un uomo di mondo (se si potesse adoperare questa definizione settecentesca) dell'epoca di cui diciamo, il primo Cinquecento. Bembo era innanzitutto un italiano che cercò a modo suo, da uomo di lettere e di potere, di unificare la nazione. L'idea cade bene in questo momento, quando quasi nessun politico si interessa alle lettere e quando molti vogliono un'Italia regionale.
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domenica 28 aprile 2013

Navigatori e viaggiatori veneti sulla rotta per l'India

Navigatori e viaggiatori veneti sulla rotta per l India

sabato 27 aprile 2013

Settis all'attacco: «II Comune non capisce i rischi per gli Scrovegni»

Settis all'attacco: «II Comune non capisce i rischi per gli Scrovegni»
Valentina Voi
Il Mattino di Padova 10 aprile 2013

Proprio mentre in municipio era in corso la riunione di tre commissioni sullo stato della Cappella degli Scrovegni e i
possibili rischi con i lavori in programma nell'area, l'archeologo Salvatore Settis ha portato un altro duro attacco al Comune.


«Cappella trascurata? Barbarie»

Dura critica dello storico Settis. Polemiche sulla convocazione della commissione scientifica


La Cappella degli Scrovegni è ancora al centro della bufera.
Nel mirino l'auditorium e la torre da 108 metri progettata nell'
ex area del PpI. A gettare benzina sul fuoco è Salvatore Settis,
storico dell'arte, che non ha dubbi: «Padova non si rende
conto che la Cappella degli Scrovegni è a rischio, se non ci
sente, significa che sta andando verso la barbarie».

Lo studioso era a Padova per la presentazione
del suo libro "Azione popolare", ma non perde l'occasione
per rimarcare il suo pensiero, già palesato lo scorso anno
quando aveva firmato la campagna SaveGiotto che si batteva
proprio contro i progetti di riqualificazione
al di là del Piovego.

«Non è ancora provato che queste due opere non influiscono
sulla salute della Cappella. Occorre riflettere ed approfondire» commenta lo studioso.

Ironia della sorte, ieri pomeriggio a palazzo Moroni c'è stata un'accesa discussione durante la maxi-riunione convocata proprio su questo tema dalle commissioni terza, quinta e ottava
dedicate rispettivamente alla cultura, all'urbanistica e alle
politiche di controllo e garanzia.

Sul tavolo la proposta di Giampiero Avruscio, vicepresidente
del consiglio comunale in quota Pdl, di organizzare un
convegno scientifico propedeutico a un concorso internazionale
per la salvaguardia della Cappella degli Scrovegni. Avruscio
è stato di poche parole e ha lasciato che parlassero le immagini:
mercoledì scorso il consigliere ha visitato il cenobio del -
la Cappella, cioè la parte sottostante, ancora una volta allagata.

E ha poi ceduto il microfono al professor Luigi D'Alpaos,
uno dei tre esperti autori di una dettagliata relazione sulla situazione idrogeologica della Cappella.
«La presenza di acqua nel Cenobio era nota» spiega
l'esperto di idraulica, «io da ingegnere non mi ero tanto preoccupato per la stabilità della struttura quanto in relazione alla salute degli affreschi. Mi fu risposto che non era un problema».

Alla salvaguardia della Cappella pensa da tre decenni
un'apposita commissione scientifica. «In quella commissione
deve necessariamente esserci un esperto geotecnico e uno di acqua sotterranee» aggiunge il professore.
Al dibattito ha preso parte anche Titti Panajotti, presidente di Italia Nostra, che ha espresso i suoi timori in caso di forti eventi sismici.

Ma il vero terremoto ieri è stato all'interno della maggioranza,
divisa tra chi ha appoggiato il capogruppo Gianni Berno e chi Giuliano Pisani. Tra i primi c'è stata la consigliera Cristina
Toso, che ha ricordato l'impegno dell'amministrazione per
la tutela del monumento e la sua costante collaborazione
con il ministero dei Beni Culturali.

Tra i secondi Maria Beatrice Rigobello Autizi, che si è chiesta
perché ci sia tanta paura di un confronto con gli esperti internazionali se la Cappella è così ben tutelata. L'incontro si è
concluso con il netto rifiuto di Pisani, della Autizi e Daniela
Ruffini a un nuovo incontro sulla proposta di Avruscio, questa
volta insieme alla commissione scientifica presieduta da Ugo
Soragni, come suggerito da Paolo Cesaro.
«L'avevamo invitato a questa riunione e non è venuto» conclude Pisani. Ma l'incontro, grazie ai voti favorevoli del resto del Pd guidato da Berno, si farà.

domenica 21 aprile 2013

Asolo, la cementificazione e un piano urbano che divide

Asolo, la cementificazione e un piano urbano che divide
Silvia Madiotto
CORRIERE DEL VENETO - VENEZIA, Venerdì 5 Aprile 2013
La Rocca domina Asolo dal Duecento: la costruirono i Carraresi per controllare il loro vasto territorio e quel borgo che oggi è considerato - a ragione - una delle perle del Veneto. Un campiello veneziano in terraferma, immerso nel verde della Marca, che svetta sulle rocce. Ma è a valle che oggi si discute di tutela e cementificazione: ai piedi dei colli, infatti, la giunta comunale leghista ha tracciato un Pat che consente la realizzazione di 285 mila metri cubi di edilizia residenziale. L'opposizione, guidata dall'ex sindaco Daniele Ferrazza, ha lanciato un appello in rete per salvare il territorio. «In pratica il nuovo Pat prevede la possibilità di costruire, tra la zona collinare e la pianura, settecento villette o mille appartamenti - denuncia -. Un'assurdità, considerando che il Prg prevedeva già nuovi insediamenti per 150 mila metri cubi, mai richiesti dal mercato e quindi mai realizzati. Inoltre si introduce una nuova area industriale di trenta ettari ai piedi della collina della Rocca, con 720 mila metri cubi di nuovi capannoni».
A conti fatti, un milione di metri cubi di cemento: «Ne abbiamo veramente bisogno? E' questo lo sviluppo che intendiamo?». Asolo, «la perla dei cento orizzonti», oltre al un prezioso patrimonio architettonico e paesaggistico, ha tre volti simbolo che ne hanno segnato la storia: Caterina Cornaro, regina di Cipro e Venezia; Eleonora Duse, la divina del teatro; e Freya Stark, viaggiatrice ed esploratrice inglese, che scelse Asolo come dimora. Fu proprio lei a scrivere negli anni '70 «In defence of Asolo», un appello nel quale pose, per prima, il tema della cementificazione dalla quale salvare le colline attorno al borgo. Mercoledì prossimo (i tempi sono strettissimi, perché il Pat è passato in giunta due giorni fa) il Consiglio comunale voterà l'adozione del piano di assetto territoriale, che contiene le linee guida per i prossimi dieci anni di sviluppo. «La nostra volontà è di salvaguardare il territorio ed evitare il consumo dispersivo di suolo libero per andare incontro alla attuali sfavorevoli condizioni economiche delle famiglie - spiega il vicesindaco e assessore all'urbanistica Federico Dussin -. Si è deciso di privilegiare, ove possibile, il recupero del patrimonio edilizio esistente, indirizzando lo sviluppo al completamento dei nuclei abitativi con lotti inedificati o di possibilità di ampliamento. Le aree agricole sono state tutelate, così come i colli e il borgo. Ma la previsione del Pat non equivale alla realizzazione delle zone di espansione».
Tuttavia, associazioni asolane, intellettuali e ambientalisti sono già scesi a fianco delle opposizioni. Vittorio Zaglia, volto storico di Italia Nostra ed ex presidente commenta: «Come cittadini siamo delusi, è un Pat poco produttivo che di fatto consente di costruire in modo folle in una zona di riduzione demografica che invece ha una forte necessità di vocazione turistica. Più si costruisce più si disperdono l'identità di Asolo, il suo turismo e la sua cultura».

giovedì 18 aprile 2013

Quattrocentomila case vuote: «Fermate il mattone e le cave»

Quattrocentomila case vuote: «Fermate il mattone e le cave»
Alessio Antonini
Corriere del Veneto - Verona 12/4/2013
Manca il numero legale in Consiglio, rinviato l'ok a nuove estrazioni Nasce un fronte politico bipartisan: «Costruiamo con materiale riciclato»

VENEZIA — Una precisazione è d'obbligo: si tratta di un censimento. È quindi possibile che più di qualcuno l'anno scorso avesse il campanello rotto e non abbia quindi risposto al citofono. Fatto sta che secondo l'Istat, in Veneto, tra appartamenti invenduti e locali sfitti, ci sono quasi quattrocentomila case vuote. Una massa enorme di cemento inutilizzato se si pensa che in tutto il territorio regionale ci sono un milione e duecentomila edifici per un totale di poco meno di due milioni e mezzo di abitazioni. E gli spazi sono destinati ad aumentare visto che le case sfitte o non più abitate sono cresciute del 21% negli ultimi dieci anni.
«Di fronte ai numeri presentati dall'Istat è evidente che la materia prima per realizzare le nuove opere c'è già tutta — interviene il consigliere regionale del Partito democratico Roberto Fasoli controrelatore di un progetto di legge sulle cave destinato a far discutere il Consiglio — si tratta solo di riciclare il prodotto delle demolizioni dei vecchi stabili. Capisco le proteste dei cavatori e degli edili ma quello che stiamo facendo adesso non ha più senso perché è antieconomico».
Attualmente, secondo il rapporto di Legambiente sul paesaggio, il Veneto ricicla solo il 10% del materiale edile risultante dalle demolizioni, mentre manda il restante 90% nelle cave dismesse per tappare il buco creato dalle operazioni di scavo della ghiaia. Questa situazione assurda è dovuta anche e soprattutto perché il Veneto vanta la più vecchia legge regionale sulle estrazioni di ghiaia del paese. La legge regionale numero 44 risale infatti al 1982, quando le esigenze di costruzione diverse e quando la tecnologia non permetteva di contenere i costi del riciclo dei materiali.
«Finora quasi tutte le operazioni di scavo sono state fatte con deroghe votate ad hoc», continua Fasoli che ieri avrebbe dovuto discutere in Consiglio una nuova normativa transitoria (la 272, presentata dall'assessore all'Ambiente Maurizio Conte) in attesa delle future audizioni per la riforma della legge 44. Il Consiglio però ieri ha preferito tirare per le lunghe tutti i punti dell'ordine del giorno (fino a far cadere il numero legale) per non arrivare a dama con la nuova normativa transitoria che avrebbe creato qualche imbarazzo tra i gruppi.
I cavatori infatti sono una lobby compatta capace di spostare un ampio numero di voti tra il Trevigiano, il Vicentino e il Veronese. L'eventuale discussione delle nuove deroghe (su richiesta degli estrattori veronesi che hanno già superato i limiti di scavo per quest'anno) avrebbe spaccato trasversalmente i consiglieri che intercettano i voti dei cavatori, ma che sono anche consapevoli di non poter sostenere nessuna nuova operazione di scavo devastante per l'ambiente (e per il resto dell'elettorato). Sempre secondo il rapporto di Legambiente infatti in Veneto ci sono attualmente 2180 cave di cui 1600 dismesse e quasi 300 dormienti.
Di fatto, questa volta secondo gli ingegneri della Regione, le estrazioni sono attive solo in 250 siti. In questa groviera veneta, poi, ci sono dei veri e propri primati: a Sant'Anna d'Alfaedo, piccolo Comune della Lessinia c'è una cava ogni 34 abitanti, un record che, a sentire Legambiente, non ha euguali nel mondo e sicuramente in Italia. «A fronte di un volume d'affari di 90 milioni euro, la Regione incassa di concessioni appena 4 milioni e mezzo — conclude il consigliere del Pd — La legge va ripensata completamente rendendo conveniente il riciclo dei materiali e aumentando il costo delle concessioni di estrazione che è fermo a 0,62 euro al metro cubo».
D'altra parte un progetto di legge a livello europeo esiste già. In Olanda e in Danimarca le norme sul riciclo dei materiali permettono di recuperare il 95% dei laterizi demoliti e di portare in discarica solo il 5%. Così avviene anche in Germania e Gran Bretagna anche se le cifre sono diverse (rispettivamente 65% e 86% di materiale riciclato). Neanche a dirlo, il progetto europeo è stato approvato da Legambiente che indica come opere da studiare il Passante di Mestre e la Tangenziale di Limena. In entrambi i casi, l'uso del materiale di riciclo (71% per il Passante e 100% per Limena) ha permesso di contenere i costi e salvaguardare l'ambiente. E grazie alla nuova tangenziale di Limena ci si è liberati del vecchio mangimificio di Cittadella, quattromila metri cubi di macerie che altrimenti avrebbero riempito una nuova discarica.

martedì 16 aprile 2013

Asolo, non si placa la «guerra fredda» del cemento

Asolo, non si placa la «guerra fredda» del cemento
Alessandro Zuin
Corriere del Veneto 12/4/2013
ASOLO (Treviso) - Non si placa la «guerra fredda» sul Pat di Asolo, fonte di contestatissime nuove edificazioni in un dei borghi più belli d'Italia. La giunta leghista, che mercoledì sera ha dovuto battere in ritirata davanti alle proteste, si sta riorganizzando e non cede. Le opposizioni: «Andranno a schiantarsi».

La «guerra fredda» di Asolo divisa da un muro di cemento
La Giunta batte in ritirata ma non cede. «Si schianteranno»

ASOLO (Treviso) — Hanno battuto in ritirata. Strategica, ma pur sempre ritirata. Però la storia è piena di ripiegamenti, come quello operato mercoledì sera dalla scombussolata maggioranza leghista che governa sulla città dai cento orizzonti, che sono serviti a sfuggire all'accerchiamento e a riorganizzare le truppe sbandate. Perché la tormentata storia del Piano di assetto del territorio, meglio noto come Pat di Asolo - quello che, nelle cronache degli ultimi giorni, è diventato sinonimo di «colata di cemento» ai piedi delle colline che ospitano uno dei borghi più belli d'Italia - non è finita con la marcia a ritroso ordinata in consiglio comunale dalla sindaca Loredana Baldisser, di fronte al municipio assediato da preponderanti forze nemiche.
Loro ci riproveranno, ad adottare quel dannato Pat. «È una questione d'onore», conferma il vicesindaco Federico Dussin, l'uomo che ha in mano la delega, pesantissima ora più che mai, alla gestione e pianificazione del territorio. Dussin è uno che ne ha viste troppe per non sapere che, in politica, qualche volta bisogna anche saper perdere. E ricominciare. È in Comune dal 1985, quando su queste colline regnava incontrastato un signore che chiamavano il Doge, il potentissimo Carlo Bernini, e ieri mattina è corso a Venezia, in Regione, naturalmente a discutere e chiedere qualche buon consiglio su come salvare il Piano di assetto territoriale dall'attacco concentrico dei contrari: comitati organizzati dopo l'appello lanciato da «Salviamo Asolo», grillini in trasferta, cittadini semplici e illustri ospiti delle antiche magioni asolane, intellettuali indignati dal minacciato scempio edilizio, persino ministri (dell'Ambiente) in carica. Ma non ha perso la vogli di scherzare, Dussin: «Uscito dalla Regione sono entrato nella prima chiesa di Venezia e ho chiesto aiuto alla Madonna, che mi ha suggerito di resistere. Faremo gli incontri pubblici promessi per spiegare bene il Pat alla gente e replicare alle cifre fantasmagoriche che sono circolate sui giornali, non torneremo indietro. E vi assicuro - sottolinea il vicesindaco - che di asolani veri, tra quelli che protestavano mercoledì sera davanti e dentro il municipio, ce n'erano al massimo un 20%».
Le cifre, tanto per intendersi: la relazione tecnica del Pat indica, come quantità generali, la possibilità di realizzare 285 mila metricubi di nuovi edifici residenziali, parte dei quali in «edificazione diffusa» (tradotto dall'urbanistese: ci si può costruire la casa in zona agricola); è previsto inoltre un nuovo insediamento industriale nella zona pianeggiante del comune, un'area che si estende per 30 ettari (20 dei quali edificabili) per una cubatura potenziale di 720 mila mc. di capannoni. Non proprio quattro pietre. «Ma abbiamo sentito parlare di colate di cemento e di numeri fantascientifici - replica la sindaca Loredana Baldisser, tramite comunicato scritto - che oggettivamente non sono reperibili in questo Pat. Lo spiegheremo ai cittadini, con una presentazione pubblica che spero possa fugare i dubbi e le informazioni erronee e fuorvianti che sono state diffuse in questi giorni».
Detto per inciso, tra un anno ad Asolo si voterà per rinnovare l'amministrazione comunale: se il Pat nel frattempo verrà adottato, chiunque vinca si troverà a gestire la grana senza possibilità di manovra. Per questo, l'attuale opposizione consiliare tiene alta la tensione: «Che l'amministrazione voglia approvare il Pat è naturale, ci mancherebbe. Il problema è se vorranno insistere su questo Pat o, dopo gli appelli e le proteste dei cittadini, accetteranno di modificarlo. Se non sarà così - avverte Daniele Ferrazza, ex sindaco di centrosinistra e ora capogruppo di Insieme per Asolo - andranno a schiantarsi e si faranno del male. E purtroppo faranno del male anche al territorio asolano».
Il vero terreno di scontro è la nuova area industriale e il suo dimensionamento. In Comune circola insistentemente questa versione: Fashion Box, il gruppo asolano della moda che produce abbigliamento con il marchio Replay, ha bisogno di ampliarsi e, se non troverà spazi adeguati qui, potrebbe persino andarsene. Ma Attilio Biancardi, vicepresidente del gruppo, chiarisce così la questione: «L'ampliamento? Oggi siamo a livello di pura ipotesi. Certo, se ci sarà la necessità ne saremmo ben felici ma l'attuale momento del mercato ci impone di riflettere a fondo». Dunque, è proprio necessario un nuovo insediamento produttivo delle dimensioni previste dal Pat? Se lo chiedono, a dire il vero, anche doversi cittadini asolani «neutrali», che non si schierano con le tesi dell'amministrazione comunale né, dicono loro, con le esagerazioni contrarie che sono circolate in questi giorni soprattutto sulla Rete: «Nella sostanza, è una questione di buon senso - è la sintesi della maggioranza silenziosa, nella Asolo storica arrampicata sulla collina così come giù a Casella, la principale frazione di pianura -: la maggioranza della popolazione pensa che non siano necessarie altre costruzioni industriali. Molto meglio riutilizzare i capannoni vuoti che ci sono già».
Dopo la ritirata dell'amministrazione comunale, la battaglia continua. Persino con toni epici, che non si sentivano dall'epoca della Berlino divisa tra Est e Ovest: «Siamo tutti asolani», scandisce Fernando Zilio, presidente dei commercianti di Padova, prendendo a prestito il celebre «siamo tutti berlinesi» di Kennedy per schierarsi contro gli effetti della cementificazione. «Lì c'era la guerra fredda per la difesa della democrazia, qui c'è una guerra per la difesa del territorio».
Quel Muro poi cadde. Il Pat vacilla vistosamente.

domenica 14 aprile 2013

Giù le mani da Asolo, Salviamo la Bellezza che ci può salvare

Giù le mani da Asolo, Salviamo la Bellezza che ci può salvare 
Marco Michielli, Presidente Confturismo Veneto 
Corriere del Veneto 13/4/2013 

Quali dolorosi versi dedicherebbe Robert Browning al cemento che minaccia Asolo? Quali fotografie potrebbe scattare Freya Stark se sullo sfondo di quel paesaggio dovessero stagliarsi, tra la collina e il piano, una zona industriale e 700 villette nuove? Su quale futuro scenario sta per infrangersi l'ideale di bellezza di Eleonora Duse e Caterina Cornaro? Ne sono certo, si stanno già rivoltando nella tomba. Il Pat progettato per quello che fu il loro luogo elettivo grida vendetta. Ancora una volta i sindaci rischiano di essere i peggiori nemici del loro territorio. Asolo, gioiello architettonico incastonato in un'altrettanto importante realtà paesaggistica, non deve piegarsi agli interessi di immobiliaristi che sembrano ignorare la realtà: 400mila appartamenti invenduti nel Veneto e una distesa di capannoni deserti. Con la crisi che ammazza le imprese e blocca il mercato edilizio, e la necessità di ristrutturare anziché costruire, stiamo per assistere all'ennesima speculazione che gli enti pubblici dovrebbero ostacolare anziché favorire. E non vorrei che sotto sotto, oltre a tutto questo che è già abbastanza, ci fosse il tentativo di costruire un centro commerciale, l'ennesimo in una regione già martoriata e con i consumi allo stremo. 

Qualche anno fa, facendo riferimento alle seconde case di nuova costruzione a Cortina, le avevo definite un «tumore per il turismo»: oggi non ho cambiato idea, e quella definizione la estendo anche alle zone industriali e commerciali che, insistentemente e a dispetto di una realtà e di esigenze che viaggiano in senso opposto, continuano a minacciare l'invasione del paesaggio, la nostra Bellezza Interna Lorda, come l'ha definita il direttore del Corriere del Veneto qualche tempo fa. Un brutto vedere è un colpo al cuore e, se è vero com'è vero, che il turismo è fatto soprattutto di emozioni, noi questo non dobbiamo accettarlo. Confturismo Veneto è impegnata su più fronti per affermare la necessità di un rinnovamento, in direzione sostenibile e a difesa della Bellezza come condizione indispensabile per il turismo. Il rilancio del Veneto deve ripartire proprio dalla Bil, felice acronimo che indica la vitalità di un patrimonio capace di formidabili risultati anche sul piano economico, dal quale inizialmente prescinde. 
Ecco perché ho sottoscritto l'appello lanciato su facebook dall'ex sindaco ed ex assessore alla Cultura del Comune di Asolo. La minaccia racchiusa nel Pat asolano sta facendo il giro del mondo e avrà anche per questo infelici ripercussioni sul piano turistico, con danni d'immagine per tutto il Paese: li vedo già, all'estero, scuotere la testa dopo aver letto gli articoli comparsi su The Guardian e nelle maggiori riviste straniere di ambiente e paesaggio, oltreché, naturalmente, sulla stampa nazionale e locale italiana. Perciò lancio un appello ai veneti: chiediamo di lasciare ai nostri figli orizzonti degni della nostra storia e del nostro futuro, di capire che in un periodo di crisi come questo c'è bisogno di comprendere da dove veniamo per non commettere gli errori del passato e guardare avanti senza doverci vergognare.

martedì 12 febbraio 2013

«Le nostre ville come i castelli della Loira»

«Le nostre ville come i castelli della Loira»
Elisa Pasetto
L'Arena, 23/11/2012
I proprietari: «I palazzi francesi fatturano un miliardo di euro In Italia rischiano l'abbandono perché non sono valorizzate»

È la più alta concentrazione di dimore storico-artistiche del mondo e, «confezionata» come pacchetto turistico, potrebbe diventare un circuito sul modello della trentina di castelli della Loira: un patrimonio che, da solo, genera 7,5 milioni di presenze l'anno e regala alla Francia, in termini di fatturato, oltre un miliardo di euro. Il sistema delle Ville Venete, 3.477 edifici monumentali sparsi su tutto il territorio regionale dal Garda all’Isonzo (di cui 657 nel Veronese, stando ai dati del catalogo dell'Istituto regionale Ville Venete) potrebbe giocare un ruolo analogo, se non superiore. Invece, ad oggi, questo inestimabile patrimonio, frutto del benessere economico conseguente al lungo periodo di pace e prosperità garantito dal governo della Serenissima, rischia di diventare una palla al piede peri proprietari, che si sentono lasciati soli dalle istituzioni e costretti a sobbarcarsi tasse sempre più alte e costi di gestione impossibili. Tanto che la soluzione, invece che valorizzarle e aprirle al pubblico, è sempre più spesso abbandonarle al degrado o, peggio, venderle al più ricco offerente, che al giorno d'oggi viene dalla Russia e le trasforma in pied-à-terre (privatissimo) nel Belpaese. Ecco perché 136 di queste ville (di cui 19 nel territorio scaligero) hanno deciso di unire le proprie forze e aprirsi al turismo mondiale, aderendo a una proposta realizzata d'intesa tra la Regione Veneto e le associazioni dei proprietari. Farle diventare nuove mete del turismo «slow», quello che ricerca le eccellenze artistiche, architettoniche e paesaggistiche normalmente escluse dalle proposte turistiche tradizionali. «Noi lavoriamo già con gli europei, soprattutto inglesi e tedeschi che vengono a sposarsi da noi», spiega Omar Gastaldelli, responsabile della società che gestisce Villa Pellegrini Cipolla di Castion, di poprietà dell'omonima famiglia. «La speranza, entrando in questo circuito, è quella di avere un riscontro sui grandi numeri e riuscire ad affacciarsi sugli altri mercati internazionali, come Stati Uniti e Russia. Oggi l'unica leva su cui puntare per riuscire a pagare l'Imu è il marketing, che dopo qualche anno permette di ottenere, come nel nostro caso, una crescita importante: ospitiamo oltre 150 eventi in 12 mesi, con un indotto importante per il territorio, dalle cantine agli hotel». Ed è solo con i grandi numeri che, in effetti, si riescono a ripagare gli altissimi costi di manutenzione visto che, in tempi di crisi, se crescono le richieste di informazioni per affittare la villa per organizzare un evento (dalle nozze alle cene aziendali), le conferme diminuiscono notevolmente. «Noi abbiamo 30mila metri quadri di parco, può immaginare che cosa ci costi solo il giardiniere», continua Gasteldelli, «senza contare che, anche se la villa è chiusa, va comunque riscaldata nei mesi più freddi perché non si rovinino gli affreschi. Il difficile è far capire agli interessati che una dimora storica non è come un altro stabile: presenta dei costi fissi alti in partenza, sia che venga utilizzata che no». Costi fissi che, tra l'altro, non si possono far pesare sull'affitto, se non si vogliono perdere clienti. Lo sa bene Paolo Arvedi, proprietario dell'omonima villa di Cuzzano di Grezzana. «Si va dalla cura quotidiana del giardino all'italiana all'illuminazione notturna, fino ai sistemi di vigilanza. Uscite che difficilmente vengono controbilanciate solo dalle entrate legate agli eventi o dal biglietto di ingresso per chi visita la villa. Anche perché, da noi, arrivano gruppi anche dall'Australia, ma dalla città niente da fare: secondo le guide turistiche i 12 chilometri che ci separano da Verona sono troppi. E così cerchiamo di aprirci a tutto quanto è possibile», racconta, «tanto che, oltre ai matrimoni, abbiamo ospitato le riprese del film «Letters to Juliet», di una puntata di «America's next top model», un servizio fotografico per un catalogo di Calzedonia: insomma, cerchiamo di adattarci alle esigenze del cliente. Molto difficile, comunque, che una dimora storica riesca a mantenersi da sola». «Gli unici aiuti che dispensa lo stato sarebbero quelli per la parziale copertura della manutenzione straordinaria, peccato che non ci siano fondi disponibili», commenta sconsolato. «Del resto, la rendita dell'investimento per la ristrutturazione e la manutenzione arriva solo al 2 per cento, per niente attrattivo per chi volesse investire, che cerca rendite dal 4 al 7 per cento». E così tutto è lasciato alla libera iniziativa dei privati, quasi tutti ormai demoralizzati. Solo una minima parte, non fosse che ha dei mutui da pagare, prova ancora a rimboccarsi le maniche per tentare di trasformare il suo gioiello da proprietà inespressa in attività commerciale. «lo stesso ho dei mutui aperti sulle spalle mie e dei miei figli», ammette Iseppi, «ecco perché, per pura iniziativa personale, ho provato a fare di quello che era un rudere un business in grado di automantenersi: una struttura ricettiva, aperta agli eventi, alle visite e ai laboratori scolastici». Ecco perché alcuni, allora, si giocano anche la carta di questa promozione messa in campo dalla Regione. «In realtà è un'idea che ha 15 anni e ne ho già viste tante, simili, che poi si sono arenate perché non ci sono fondi», continua Iseppi. «Prendiamo l'initerario tra borghi e castelli dal Padovano al Veronese: non si può investire per questo 35mila euro all'anno, quando solo per il mio ne spendo quattro volte tanto in pubblicità». E infatti uno dei problemi principali, secondo il proprietario del castello di Bevilacqua, è proprio la frammentazione dei contributi, gestiti in maniera non coordinata da troppi soggetti diversi, dal Gal (Gruppo di azione locale, ndr) alla Coldiretti per gli edifici rustici, dai Consorzi di promozione turistica, all'Istituto per le Ville venete, ai miniconsorzi locali. «Il risultato è che si creano dei doppioni e che le azioni, purtroppo, risultano inefficaci. La soluzione? Un piano nazionale che metta nero su bianco gli obiettivi turistici di qui a cinque-dieci anni, con il relativo budget dedicato. Perché non si può delegare al privato la gestione del ruolo culturale e sociale che questi beni hanno per tutto il Paese».

martedì 5 febbraio 2013

Nasce un Osservatorio per salvare il paesaggio

Nasce un Osservatorio per salvare il paesaggio
Elisabetta Papa
L'Arena - Il Giornale di Vicenza, 09/11/2012
Il territorio della Bassa è al centro di un complesso progetto di valorizzazione
Anche i cittadini potranno segnalare luoghi da tutelare e rivalutare

Uno speciale osservatorio del paesaggio per iniziare a guardare con occhi diversi il nostro territorio, riscoprendone il passato ed esplorandone il presente. n tutto grazie a nuovi progetti di valorizzazione e riqualificazione paesaggistica che saranno costruiti non solo con i suggerimenti che arriveranno dai 31 Comuni interessati, ma anche da Fondazioni, associazioni locali e da tutti cittadini che lo vorranno. I quali, prima solo su Facebook, poi tramite altri strumenti, potranno inviare foto, curiosità e qualsiasi altro materiale utile. Muoverà i primi passi proprio da qui, e con questi lungimiranti obiettivi, il nuovo «Osservatorio locale sperimentale del paesaggio della Pianura veronese», fondato da Regione, Consorzio di Bonifica Veronese, Gal della Pianura Veronese - enti finanziatori insieme alla Fondazione Cariverona - e Iuav, Università di architettura di Venezia. n progetto, che grazie alla collaborazione della Fondazione Fioroni di Legnago e del Dipartimento Tesis dell'Università di Verona, sta per essere avviato come braccio operativo veronese dell'Osservatorio regionale del paesaggio del Veneto creato nel 2011, verrà presentato oggi, alle 17.30, al Centro ambientale archeologico di via Fermi. A svelarne finalità e metodi di attuazione saranno Maria Chiara Tosi, docente Iuav, l'ingegner Alberto Piva, del Consorzio di Bonifica, Andrea Ferrarese, direttore della Fondazione Fioroni e Marco Ranzato, della Latitude, Platform for Urban Research and Design. Con l'aiuto degli esperti, il pubblico potrà così conoscere da vicino le aree di riferimento dell'Osservatorio del paesaggio della Pianura Veronese che sono comprese tra la fascia delle risorgive a nord, il Fissero-Zàrtaro-Canalbianco a sud, il corso del fiume Adige ad est (anche con la parte di territorio comunale di Legnago che si trova in sinistra Adige) ed il fiume Tartaro ad ovest. All'incontro si potranno conosce le attività in programma. L'Osservatorio, che durerà 18 mesi prorogabili ad un altro anno e mezzo, porterà con sé convegni, escursioni guidate, manifestazioni, laboratori scolastici, formazione di tecnici e progetto degli studenti dello luav di Venezia per il Bussi focus group aperti alla popolazione locale sulle tematiche del paesaggio. Ma, soprattutto, significherà condivisione di informazioni tramite un'apposita piattaforma digitale - con cui si avrà libero accesso ad archivi di mappe, fotografie, studi pubblicazioni - ed alla realizzazione di un atlante del territorio. «Uno strumento di lettura dell'ambiente, per scuole e professionisti della progettazione», spiega l'ideatore e curatore Andrea Ferrarese, «capace di ricostruire la lunga formazione del territorio, fornire punti di osservazione cronologici e rendere quella visione d'insieme sulla nostra terra piana' che tante volte ci sfugge». «Abbiamo coinvolto nell'Osservatorio istituzioni come la Fondazione Fioroni ed il DipartimentoTesis», precisa Antonio Tomezzoli, presidente del Consorzio di Bonifica Veronese, «perché sono realtà che conoscono bene il territorio e sono perciò in grado di coinvolgere anche le amministrazioni locali». Chiunque voglia già prendere parte attiva al progetto può collegarsi a www.facebookcom/PianuraVeronese. Osservatoriodelpaesaggio

giovedì 31 gennaio 2013

Italia Nostra «Torre Cardin apre le porte ai grattacieli»

Italia Nostra «Torre Cardin apre le porte ai grattacieli»
Corriere del Veneto ediz. Venezia e Mestre, giovedì 20 dicembre 2012

Scatta la denuncia contro la vendita delle aree comunali a Piene Cardin, Italia Nostra va all'attacco del Comune. Ieri il suo presidente, Marco Panini e la responsabile di Venezia, Lidia Fersuoch, hanno scritto ai carabinieri del nucleo Tutela beni culturali, al Ministero e alla Direzione per i beni artistici e culturali del Veneto. Il Palais Lumiere, per Italia Nostra, rappresenta un insulto alla città e, se realizzato, avrebbe un impatto paesaggistico devastante sulla laguna. Per questo l'associazione chiede alle autorità di intervenire a fermarlo. Forti poi del parere ministeriale che sostiene che il canale industriale ovest di Marghera è soggetto a vincolo paesaggistico, gli ambientalisti accusano Ca' Farsetti di agire contro la città. «L'autorizzazione a un intervento di questa portata rappresenterebbe un precedente gravissimo - si legge nel documento - non potendo negare ad altri quanto concesso oggi, potrebbe sorgere sul margine lagunare una corona di grattacieli con vista su Venezia, astratta dal territorio e priva di senso ambientale».

lunedì 21 gennaio 2013

Torre Cardin. Italia Nostra: «Un edificio-mostro»

Torre Cardin. Italia Nostra: «Un edificio-mostro»
Raffaella Vittadello
Il Gazzettino, Venezia 10/11/2012
Restucci (Iuav): «Palazzo fumettistico»

Per Italia Nostra il "mostruoso gigante" rappresenta "un'ulteriore manifestazione di un modo distorto di fruire delle meraviglie di Laguna e città, senza preoccuparsi dello skyline del paesaggio, riuscendo solo a stravolgerlo e a piegarlo alle esigenze del profitto. L'edificio-mostro rientra nella logica delle varie mega-navi che attraversano Venezia e delle ruote panoramiche disneyane da cui il turista può bearsi di un impatto immediato, mordi-e-fuggi, con Venezia senza curarsi minimamente di stravolgere equilibri stabiliti da secoli». Così si leggeva in un comunicato della presidente Lidia Fersuoch, preoccupata per la possibile cancellazione dalla lista dei siti Unesco di Venezia per colpa di un "abominio fuori scala, visibile ovunque da Venezia perché sovrasta qualsiasi costruzione (è più alto del campanile di S. Marco di 150 m!) e che cambierà per sempre la percezione della città". Carlo Magnani, professore ordinario di Composizione Architettonica, già preside della Facoltà di Architettura e rettore Iuav, si dichiara sorpreso: «In una città di vincoli come è Venezia poi si scopre che è tutto finto. La torre è profondamente insultante per la città lagunare, Venezia diventa una cartolina, un souvenir. L'opera non è nè fine, nè elegante. Di piano delle bonifiche non ho ancora sentito parlare. C'è una deroga anche per quelle?» Marino Folin, presidente della Fondazione Venezia 2000, pur comprendendo le ragioni economiche del Comune, ammette: «Speravo che l'Enac dicesse no a questo edificio senza qualità, ma è la politica che deve pianificare. Penso però che difficilmente sarà realizzato». Amerigo Restucci, rettore Iuav, sottolinea la responsabilità nei confronti delle generazioni future: «Mi sembra un palazzo fumettistico, che ricorda il mondo di Gordon con le piattaforme per l'atterraggio delle astronavi, catapultato in un posto che aveva già urgenza di essere armonizzato con l'ambiente circostante. Assistiamo a un proliferare successivo di varianti e alla spinta di investitori che non sempre sono benefattori per il territorio e abbiamo il dovere di tutelarlo, come ha fatto il Ministero dell'Ambiente che ha indicato di non cementificare altri terreni, ma di recuperare l'esistente. La torre poi non rispecchia alcuna corrente di architettura contemporanea ed è esteticamente ingiudicabile, si poteva ricorrere a qualcosa di più confacente».

giovedì 17 gennaio 2013

Alcuni ritrovamenti archeologici a Castello di Godego

Alcuni ritrovamenti archeologici a Castello di Godego

lunedì 14 gennaio 2013

“Quella torre non s’ha da fare mai”

“Quella torre non s’ha da fare mai”
 Tomaso Montanari
“Il Fatto Quotidiano”, 5 dic. 2012

VINCOLO PAESAGGISTICO: IL PALAZZO DI 250 METRI CHE PIERRE CARDIN VUOLE ERIGERE DI FRONTE A VENEZIA È BOCCIATO DAI BENI CULTURALI

La notizia è clamorosa: la Torre Cardin non si farà. La direzione generale dei Beni culturali del Veneto ha comunicato al Comune di Venezia che la legge dice no al Palais Lumière. Dopo mesi di dibattito si scopre che il grattacielo da emiri alto due volte e mezzo il campanile di San Marco, il superfallo che voleva violare Venezia e la sua laguna è bloccato dal più ovvio e prevedibile degli ostacoli: un vincolo paesaggistico. Quasi tutti, in Veneto, si erano inchinati al mare di quattrini del compaesano Pierre Cardin – nato Pietro Cardin a Sant’Andrea di Barbarana (Treviso) nel 1922. Il Comune di Venezia si fregava già le mani all’idea dei 35 milioni di euro che avrebbe incassato dalla vendita (da effettuarsi entro il mese in corso) dei terreni pubblici di Marghera su cui sarebbe dovuto nascere il colosso. (E, sia detto per inciso, quei milioni non sarebbero andati a finanziare progetti di recupero ambientale, ma a zavorrare il bilancio ordinario, come era già accaduto con i 40 versati da Prada per l’acquisto di Ca’ Corner alla Regina). L’Enac aveva detto che i 250 metri dell’enorme abat-jour non avrebbero dato fastidio all’aeroporto Marco Polo, anche se il limite di altezza per gli edifici in questa zona (distante 8 chilometri da Tessèra) sarebbe di 145.
Il ministro dell’Ambiente Corrado Clini aveva inaugurato (insieme al governatore del Veneto, al presidente della provincia e al sindaco di Venezia) la mostra dei progetti della Torre eseguiti dal poco noto Rodrigo Basilicati, nipote di Cardin e fresco di laurea padovana con tesi appunto sulla torre. E quando il più determinato avversario del birillo luminoso (il veneziano Franco Miracco, consigliere, peraltro assai inascoltato, del ministro Lorenzo Ornaghi) l’aveva criticato pubblicamente per questa così evidente sgrammaticatura istituzionale, Clini aveva replicato con una stizza che alla luce della notizia odierna appare non si sa se più comica o più arrogante.
Last but not least, il Consiglio regionale veneto: che proprio lunedì ha consegnato a Cardin, alla Fenice e in pompa magna, il ‘Leone del Veneto 2012’. Chissà se Cardin aveva potuto leggere la lettera che il direttore regionale dei Beni culturali del Veneto, Ugo Soragni, ha inviato al Comune già una settimana fa: una lettera sigillata nei cassetti del municipio, ma che ora filtra dal colabrodo romano del Mibac. E il contenuto è una bomba. Soragni aveva chiesto all’Ufficio legislativo del Ministero come interpretare la complessa normativa sul vincolo paesaggistico che grava sulla zona sulla quale dovrebbe sorgere il gigante. In realtà non c’erano molti dubbi: ma vista la mostruosa posta in gioco (ballano oltre due miliardi di euro, tutti messi dallo stilista), era meglio assicurarsi che il Mibac non cedesse anche questa volta. E invece l’ufficio guidato da Paolo Carpentieri ha tenuto duro, e la risposta è stata netta: non c’è dubbio che «la porzione territoriale inclusa nei trecento metri dalle sponde del Canale industriale ovest in località Marghera debba considerarsi sottoposta a tutela ai sensi dell'art. 112, comma 1, lettera a del Codice dei Beni culturali e del paesaggio». Dunque, chiarisce il direttore Soragni al sindaco Orsoni, “la scrivente Direzione regionale rappresenta come sull'area interessata dall'intervento edificatorio in oggetto debba ritenersi operante il vincolo paesaggistico ex lege”. Insomma: non si può costruire a meno di 300 metri dalla riva, ma il progetto non può arretrare, perché dietro c’è una strada (via Fratelli Bandiera: una seconda volta eroici). E dunque, niente da fare: la torre si dovrà fare in Cina, dove sbavano per averla. Se finirà così (e il condizionale è d’obbligo, vista la sensibilità di questo governo verso il potere economico), sarà una incredibile irruzione del normale (la legge!) in un paese dove sembra ovvio trattare Venezia come se fosse Dubai: e infatti quasi nessuno si era posto il problema del vincolo.
Ma alla fine di ottobre, Italia Nostra aveva elencato dieci durissime ragioni per dire no alla Torre. Oltre a quelle relative all’impatto ambientale della faraonica costruzione (fondazioni, infrastrutture, fognature), l’associazione ha rilevato come l’idea “non rappresenta un modello di crescita del territorio, ma fa leva sempre sullo sfruttamento turistico di Venezia. Pierre Cardin ha detto di voler vendere i suoi appartamenti a un prezzo altissimo, due milioni, ai super ricchi della terra: non è questo di cui ha bisogno Venezia, ma di abitanti e di normalità. È poi previsto un mega albergo e un mega ristorante: crescerà ancora la pressione turistica sulla città”. Ieri è stato reso pubblico un deciso appello in cui 60 intellettuali (da Settis a Ginzburg a Rodotà, da Gregotti a De Lucia a Cervellati, da Rumiz a Scarpa a Fo) chiedono al Presidente della Repubblica di fermare “lo sproposito edilizio alto più di 250 metri” voluto da Cardin, “perché a Venezia gli interessi privati e un malinteso culto del profitto non calpestino mortalmente la legalità costituzionale”.
Già, perché la mostruosa città verticale di Cardin è solo l’ultimo atto della presa di Venezia, ormai luogo simbolo della privatizzazione selvaggia perpetrata dai cosiddetti nuovi mecenati. Il rosario si allunga: Prada che compra Ca’ Corner dal Comune; Pinault che trasforma Punta della Dogana in una show-room della propria collezione; Benetton che acquista un teatro e lo trasforma in ristorante d’albergo, realizza un centro commerciale nella Stazione Santa Lucia e ora progetta di annullare l’identità architettonica e storica di un palazzo-simbolo come il Fondaco dei Tedeschi; l’albergo Santa Lucia che raddoppia in vetro e cemento sul Canal Grande, con un progetto firmato anche da uno degli autori della Torre Cardin. Premessa e condizione per l’affermazione dello strapotere privato è la compiacente irrilevanza delle istituzioni pubbliche che dovrebbero vegliare sul bene comune. Quelle stesse istituzioni lagunari che non sono state capaci di aprire un vero confronto pubblico sul recupero della zona industriale di Marghera, di pianificare un risanamento urbano attraverso la partecipazione popolare, si prostrano all’istante di fronte ad un singolo privato che presenta un progetto faraonico fatto in casa, che si basa sull’evidente desiderio di “oltraggiare Venezia” (Salvatore Settis), modificandone per sempre lo skyline con una gigantesca torre dall’impatto devastante. Immancabilmente il dibattito pubblico si è concentrato sulla forma della torre e sul suo valore estetico, sotterrando sotto il soggettivismo dell’archistar ogni idea di città, di sviluppo sociale, di comunità. È per questo che se a fermare l’acqua alta del grande capitale senza regole, fosse, una volta tanto, la paratoia di una ‘normalissima’ legge sarebbe una rivoluzione.

mercoledì 9 gennaio 2013

Italia Nostra: «Il Ministero fermi il Palais Lumière»

Italia Nostra: «Il Ministero fermi il Palais Lumière»
La Nuova Venezia, giovedì, 20 dicembre 2012

Il ministero per i beni e le attività culturali impedisca l'approvazione del progetto che risulta in contrasto con le norme di tutela della Laguna e di Venezia». Lo chiedono al ministro Lorenzo Ornaghi, in relazione al progetto del Palais Lumiere di Pierre Cardin a Marghera, il presidente nazionale di Italia Nostra Marco Parini e la presidente della sezione veneziana Lidia Fersuoch. Secondo i vertici dell'associazione, il Palais Lumière - scrivono in una lettera ad Ornaghi - avrà un «grandissimo impatto paesaggistico devastante». Per Italia Nostra, «il Comune di Venezia cerca di piegare le norme di tutela, che pure valgono per tutto il territorio nazionale, alle proprie esigenze di bilancio essendo proprietario di gran parte dei terreni coinvolti nell'operazione edilizia». Teoricamente già domani il sindaco Giorgio Orsoni e il gruppo Cardin potrebbe siglare un'intesa per un primo via libera al progetto.

martedì 1 gennaio 2013

Gelo sulla torre di Cardin

Gelo sulla torre di Cardin
Elisio Trevisan
Il Gazzettino -ed. Venezia
 28/12/2012

Il sindaco: «Un atteggiamento che non ci dà tranquillità». Lo staff dello stilista ha proposto una caparra di "soli"800mila euro, perplessità in Comune. Il Comune si aspettava almeno cinque milioni di euro, ma dallo staff di Pierre Cardin, per l'acquisto delle aree di Marghera su cui dovrà sorgere la "Torre di luce", sarebbe arrivata un'offerta di soli 800mila euro.
«Non siamo tranquilli, ci aspettavamo di più», ammette il sindaco Orsoni.Lo staff dello stilista voleva garanzie prima di stanziare grosse cifre. «Così non si va lontani, per la caparra dovevano versare almeno 5 milioni» Cardin, sul piatto "solo" 800mila euro.

Il gruppo di Pierre Cardin ha offerto al Comune circa 800 mila euro di caparra per i terreni del Palais Lumière, niente di più. «Non so neanche se fosse vero, è una battuta che mi hanno fatto i rappresentanti del Gruppo ma non mi è stata consegnata alcuna offerta formale» afferma il sindaco di Venezia, Giorgio Orsoni: «Devo dire, però, che sono rimasto un po' deluso, è un atteggiamento che non ci dà tranquillità, nettamente in contrasto con l'interesse che avevano dimostrato per realizzare l'opera». Il Comune chiedeva 40 milioni di euro, tra anticipi sui costi delle aree e sulle opere di urbanizzazione, e il nipote di Cardin, Rodrigo Basilicati, ha più volte detto che suo zio non è Babbo Natale e che avrebbe pagato solo il dovuto. «Lasciamo perdere le richieste, tra l'altro legittime, limitiamoci alla caparra per le aree: per un preliminare del genere il privato normalmente versa almeno un 20% della somma dovuta, nel nostro caso il gruppo Cardin dovrebbe versarci almeno 5 milioni di euro, sempre se è seriamente intenzionato a comperare. Noi comunque siamo disposti ad andare avanti in qualsiasi momento, se davvero ci dimostrano di voler realizzare la torre». E la prima dimostrazione, oltre ai soldi della caparra, dovrebbe essere il progetto. «Non c'è. Abbiamo visto solo dei rendering e alcuni conti di fattibilità, niente di più - aggiunge l'assessore comunale all'Ambiente, Gianfranco Bettin -. Forse non sono ancora convinti di fare l'intervento». Nel frattempo cosa farete voi? «Ragioneremo con molto rigore sull'impatto ambientale dell'opera, come già stiamo facendo. Tutti la prendono sottobanco, come fosse una cosa già risolta, come se si potesse fare allo stesso modo dell'Enac, che ha concesso una deroga ad una torre alta più del doppio del consentito per norma». Quali sono i problemi ambientali da risolvere? «Innanzitutto ci sono tre falde sotterranee da attraversare, evitando che entrino in comunicazione tra loro. In secondo luogo c'è un terreno inquinato da bonificare. Solo in un punto è incontaminato ma per usi industriali, mentre se parliamo di residenze, università, cinema e quant'altro, la bonifica va fatta in tutta l'area». Non c'è, allora, solo un ostacolo economico. «Già, dipenderà dalla disponibilità delle aree e anche dagli altri problemi che si incontreranno strada facendo». Compreso quello del vincolo opposto dalla Soprintendenza ai beni culturali e paesaggistici. «Già, anche se quello non ci riguarda. Noi siamo convinti che quel vincolo non ci sia ma non dipende da noi. Forse è questo che ha bloccato Cardin e lo ha convinto a proporre un chip così basso per la caparra». Un'offerta che non è neanche da prendere in considerazione, afferma l'assessore alla Mobilità, Ugo Bergamo: «L'accordo firmato con il gruppo Cardin, ad ogni modo, deve essere presto approvato dal Consiglio comunale dopodiché l'Amministrazione veneziana avrà fatto tutto ciò che deve fare e non ci saranno più alibi per nessuno». Basilicati, amministratore delegato del gruppo di Cardin, lo considera solo una bozza di preliminare. «Per noi è un accordo vero e proprio e quando il Consiglio lo avrà approvato, poi starà a Cardin fare tutti i passi che deve fare se davvero vuole costruire il Palais Lumière; e se davvero lo vuole pronto per il 2015 dovrà correre». Nelle file dell'opposizione, intanto, Marta Locatelli del Pdl interpella l'assessore competente perché verifichi la reale fattibilità dell'operazione: «Da mesi dico che il Comune si sta muovendo con eccessiva approssimazione. II progetto da un punto di vista della sua 'bancabilità" con gli istituti di credito non è stato mai analizzato, questione che in realtà avrebbe dovuto essere prioritaria. E nonostante le premesse poco rassicuranti già si annuncia che il tram arriverà al Palais Lumière. Non è serio».