domenica 31 agosto 2008

Lago di Garda e di cemento

Lago di Garda e di cemento
Paolo Biondani
Espresso 4/9/2008

Politici spregiudicati, costruttori senza scrupoli e mafiosi stanno distruggendo il paradiso naturale. Con lottizzazioni selvagge e parchi acquatici

L’ invasione del cemento sul lago di Garda è un orrore per ogni persona di buon senso... Vittorio Messori, scrittore cattolico di fama mondiale, usa un tono deciso e parole forti: «Qui si vive una quotidiana sofferenza nel vedere prati bellissimi, ruscelli, boschetti e uliveti devastati da distese di capannoni commerciali e di lottizzazioni che sembrano conigliere. A lasciare sbalorditi è l'insipienza, la folle idiozia che spinge tanti amministratori, non necessariamente corrotti, a distruggere spiagge e colline per dare sempre nuovi spazi alle cosiddette seconde case: squallidi sottoprodotti edilizi, abitati per due settimane all'anno da anonimi soggiornanti che sul lago non lasciano soldi, ma soltanto rifiuti». Messori vive da 15 anni a Desenzano del Garda e, insieme al cantautore Roberto Vecchioni e a decine di «cittadini senza tessere di partito»', si è speso in pubbliche iniziative contro «la masochistica distruzione di un territorio che con la sua bellezza è un capitale unico e irripetibile». Un impegno civile ripagato con lettere anonime, danneggia-menti e minacce di morte. «Intimidazioni di stampo mafioso», secondo la Questura di Brescia. Forse basta questa vergogna - minacce criminali per zittire uno scrittore che ha firmato libri con due papi, Wojtyla e Ratzinger - a misurare quanto sia diventato sporco il business dell'edilizia sul più grande lago italiano. Italia Nostra ha contato le "nuove abitazio Italia Nostra ha contato le "nuove abitazioni" costruite in 14 paesi della Riviera bresciana dal 1981 al 2001 (data dell'ultimo censimento Istat), scoprendo che sono aumentate del 47 per cento. E come se nel giro di quattro amministrazioni fossero spuntati dal nulla sette nuovi comuni, farti tutti di seconde case: solo cemento e asfalto, senza abitanti. Dal 2001 al 2007 poi, il boom dei prezzi ha scatenato un altro sacco urbanistico. E ora incombe una nuova ondata di cemento. Sommando solo i progetti già in cantiere nei tanti piccoli comuni sparsi tra Brescia, Verona, Mantova e Trento, si supera abbondantemente il tetto di oltre un milione di metri cubi di nuove costruzioni. Un business da 2 miliardi di euro, che sta già muovendo plotoni di speculatori, faccendieri e politici locali. Ma la mole degli interessi edilizi comincia a calamitare, per la prima volta in queste province del Nord, anche soldi di comprovata origine mafiosa. Mentre la costa bresciana è invasa da capitali sospetti di ricchissimi affaristi russi. II Garda è un tesoro naturale che ogni estate arricchisce i suoi 320 mila residenti: circa 3 miliardi di ricavi garantititi da oltre 20 milioni di presenze turistiche. Ad attrarre soprattutto tedeschi e olandesi sono l’ambiente e il paesaggio. Con la sua grande estensione e profondità, il lago è una cassatone di 49 chilometri cubi d'acqua dolce, protetta dalle colline moreniche, che creano un'isola di clima mediterraneo incastonata tra la Pianura padana e le Prealpi. Olivi, cipressi, lecci e oleandri crescono spontanei e gran parte delle spiagge sono affollate di bagnanti. Almeno per ora. L'inquinamento da scarichi fogliari è stato limitato, dopo i disastri di Tangentopoli, dal maxi-depuratore di Peschiera. Ma il boom di nuove costruzioni supera le capacità di smaltimento. E mette a rischio il fiume Mincio e i laghi di Mantova. Testimonia Barbara Meggetto di Legambiente: «Tutti i punti del Mantovano controllati dalla nostra Goletta dei laghi risultano inquinati da colibatteri. Abbiamo prelievi che superano di 55 volte i limiti di legge».
Eppure la cementificazione continua. Anzi, peggiora. Un esperto magistrato della zona riassume schiettamente: «La De di una volta era clientelare anche con l'edilizia, ma aveva il senso del peccato. Oggi troppi assessori e progettisti hanno perso ogni pudore nel mescolare affari e politica ». Il problema è politico-economico: qui un terreno agricolo vale 20-30 euro al metro quadrato; se ha una vista lago, anche parziale, arriva a 40-60; ma appena diventa edificabile, il prezzo schizza a 400-500. E ogni mini-appartamento finito si vende a 4-5 mila euro al metro. Come dire: paghi 1, vinci 200. E a regolare la lotteria dell'edilizia, cioè a decidere chi può facilmente fare montagne, è la politica. Divisa in tante piccole giunte e partitini imbottiti di geometri, ingegneri, speculatori e costruttori.
L'ultima operazione-scandalo è la grande truffa dei finti alberghi. A Peschiera del Garda i giudici veronesi hanno sequestrato per lottizzazione abusiva un maxi villaggio in località San Benedetto: 375 appartamenti, con negozi e piscine, controllati dal più ricco costruttore locale attraverso l'immobiliare Sermana. E già venduti per 110 milioni a tanti investitori ora inferociti. Perché il Comune aveva autorizzato una «residenza alberghiera», divisa sì in casette, ma da gestire come un hotel. Invece i presunti furbetti del Garda li hanno venduti come singole villette. Ora sotto sigilli. Proprio la destinazione ad albergo, da riempire tutto l'anno di turisti, consentiva ai politici interessati di zittire il malcontento popolare contro l'inflazione di seconde case. Ora anche l'attuale sindaco leghista giura di non essersi mai accorto, in 15 anni di progetti e lavori, che quelle "residenze alberghiere" in realtà erano in vendita. Con tanto di rogiti. O con strane "cessioni di quote societarie" che per puro caso coincidono con la singola micro-casetta.
L'esposto di Legambiente da cui è nata l'indagine riguarda anche le "lottizzazioni-albergo" Pioppi, Bassana e Conta. Ma altri "villaggi-hotel" sono in cantiere sulle colline da Lonato a Cavaion. Il sequestro dei 932 posti letto di Peschiera per ora ha avuto solo il miracoloso effetto di fermare le ruspe a Pacengo. Dove la Cooperativa Azzurra, rasi al suolo decine di platani secolari, aveva già cominciato a vendere le sue "residenze alberghiere". Lo scorso marzo la Cassazione ha ribadito che il trucco dei finti alberghi resta reato. Ma la lobby del mattone sta brigando, in Regione Veneto, per regalare ai Comuni il potere di sanare gli abusi. Le nuove speculazioni minacciano boschi e vigneti. Il panorama è impressionante soprattutto se lo si va a vedere dal lago, in barca. A Castelnuovo del Gardaland (soprannome del Comune con il parco-divertimenti più grande d'Italia) i fabbricati tra gli ottovolanti e i megaparcheggi occupano l'intera fascia a lago. A Lazise il regno del cemento (e degli abusi condonati) è Caneva, il parco acquatico ora raddoppiato con Movieland: mostruosi capannoni in calcestruzzo in riva a un maxi-porto. A Bardolino, dove negli anni '70 un sindaco de firmò centinaia di licenze la notte prima del piano regolatore, la giunta di Forza Italia sta varando un'altra mega-darsena al posto del campeggio pubblico. Il sindaco dovrebbe astenersi, visto che gestisce due camping privati concorrenti, ma l'opposizione teme l'alterazione delle correnti (l'effetto "lago morto") e nuovo cemento. Lo sponsor politico è Aldo Brancher, l'ex tangentista della Fininvest (reati prescritti grazie all'abolizione del falso in bilancio) che ora è il più potente parlamentare locale: all'assemblea di presentazione del porto ha dato degli «imbecilli» ai cittadini che «si oppongono allo sviluppo turistico. Risalendo a nord, la piana del comune di Garda, le pendici montane da Albisano a San Zeno, le colline tra Costermano e Cavaion sono una distesa di villini e condomini. Approvati da giunte di destra e di sinistra. E a Torri è in cantiere l'ennesimo porto turistico. Sulla Riviera bresciana le colline sembrano più grigie che verdi. Tra Desenzano e Sirmione c'è tanto cemento che il parroco della frazione di Rivoltella è arrivato a tuonare dal pulpito contro «un'edilizia immorale». A Toscolano-Maderno il piano regolatore che autorizza mille nuove abitazioni è già stato superato da deroghe e varianti. A Padenghe la lunga spiaggia bianca è stata cancellata da una «passeggiata artificiale con cemento anti-lago e ciottoli grigi da cava», finanziata dalla Regione Lombardia. A Manerba la cascata di Dusano è inglobata in un condominio-residence. Tra le scogliere di Campione, la Coopsette ha comprato per 20 milioni un capolavoro di archeologia industriale e l'ha quasi tutto abbattuto per farne un polo turistico da 160 mila metri cubi con 1.450 parcheggi. È un piano da 200 milioni.
Nell'alto lago trentino, che è un paradiso delle vele, la navigazione a motore è vietata, i depuratori funzionano e la legge Gilmozzi frena le seconde case. Ma il passato pesa: a Riva del Garda è urbanizzato il 44,83 per cento del comune, a Nago-Torbole il 48,90. Dopo tanto cemento, ora sul Garda comincia a nascere una società civile. Che crea comitati «contro la superstrada del Monte Baldo» o associazioni «per il parco delle colline moreniche». L'architetto Rossana Bettinelli, vicepresidente nazionale di Italia Nostra, spiega il perché con un esempio: «L'antica piazza di Bogliaco oggi è un deserto di seconde case. Troppe lottizzazioni restano vuote ma consumano per sempre il territorio. E i cittadini ora si mobilitano». Con qualche rischio.
Lo scrittore Messori è l'anima del comitato che sta aiutando la Soprintendenza a salvare il verde che circonda l'abbazia-capolavoro di Maguzzano. Non ama parlarne ( «Non voglio fare l'eroe»), ma da allora è minacciato: «È vero, ho ricevuto lettere anonime, di quelle coi caratteri ritagliati dai giornali. C'è stato un crescendo, dagli insulti alle minacce di morte. Mi hanno anche spaccato i vetri della macchina, più volte. Sono perfino entrati con i bastoni dentro l'abbazia per fracassarmi l'auto e minacciarmi. Il questore di Brescia era preoccupato, ha voluto farmi denunciare tutto alla Direzione antimafia e manda la polizia qui a sorvegliarmi». L'overdose di cemento e turismo ha da tempo trasformato il Garda in un ipermercato di droga e prostituzione. Ma al peggio non c'è limite. Il mese scorso la polizia ha scoperto che, dietro i due incendi che hanno distrutto le più famose discoteche del Garda (Sesto Senso e Lele Mora House), c'era una presunta faida criminale tra i due imprenditori del divertimento, Leo Peschiera e Piervittorio Belfanti. Un rogo era la vendetta per l'altro, secondo l'accusa, in un incrocio di estorsioni, rapimenti di personale, pestaggi e agguati armati. Altre due discoteche, Backstage (ex Biblò) e Lamù, sono state sequestrate dai magistrati nel luglio 2007, con il primo blitz contro i patrimoni mafiosi mai eseguito nel Bresciano: 49 immobili turistici controllati dalla camorra di Afragola e dalla 'ndragheta di Gioia Tauro. Messori ride amaro: «Sul Garda sembrava impossibile, ma stiamo diventando una zona di lupara».

A colpi di spintarelle
«L'è un peca'»: è un peccato. Giovanni Rana, veronese doc, titolare dell'omonimo gruppo alimentare, parla volentieri della sorte del lago e lancia «un appello ai politici per fermare il cemento sul Garda». Parla da antico frequentatore: «Vengo qui da quando avevo dieci anni. Il Garda resta bellissimo, ma purtroppo è sempre più rovinato da tutte queste palazzine che spuntano dappertutto come i funghi». L'industriale ha scelto di vivere nella storica villa di punta San Vigilio, tra limoni, olivi e cipressi di 300 anni, accanto alla spiaggia più bella del Garda. «Sono solo un affittuario», scherza in Veneto, «e mi fa dispiacere quando vedo riempire di casettine così brutte queste sponde amate da milioni di turisti.
Guadagnare con l'edilizia è facile: basta trovare un amico politico che ti da la spintarella».
Giovanni Rana ride: «Bisognerebbe obbligarli a fare case genuine come i tortellini».

martedì 26 agosto 2008

AREA VERDE SULL’ADIGE . Vertice in Regione Un piano a tre per il futuro parco di Pontoncello

AREA VERDE SULL’ADIGE . Vertice in Regione Un piano a tre per il futuro parco di Pontoncello
Domenica 17 Agosto 2008 L'ARENA

Negli scorsi giorni si è tenuto un incontro con la Regione delle amministrazioni comunali di San Giovanni Lupatoto, San Martino Buon Albergo e Zevio, per individuare le forme di utilizzo del finanziamento complessivo di 750 mila euro stanziato recentemente dalla stessa Regione Veneto a favore dei tre Comuni per il costituendo parco di Pontoncello e per altri interventi.
«I tecnici della Regione volevano capire come eravamo intenzionati a spendere quei soldi. In sostanza la Regione ci ha chiesto di elaborare un piano complessivo a firma congiunta dei tre Comuni», spiega il sindaco Fabrizio Zerman, che ha partecipato all’incontro accompagnato da Roberto Facci, presidente della commissione ambiente del comune.
«Credo di poter dire che è intenzione delle tre amministrazioni comunali concordare un piano di intervento condiviso sull’impiego dei 750 mila euro» dichiara il sindaco Zerman. «All’interno di questo intervento si colloca anche l’intervento relativo al Parco del Pontoncello».
L’oasi naturale del Parco di Pontoncello ha un’estensione di 350 mila metri quadrati di terreno da salvaguardare in riva all’Adige e che formano un triangolo tra Pontoncello (Zevio), da cui prende il nome l’area verde, Ausetto (San Giovanni Lupatoto) e Giaron (San Martino Buon Albergo).
Al finanziamento di 750 mila euro è legato lo sviluppo dell’area protetta nell’ansa del fiume Adige, denominata parco di Pontoncello, che è inserito nel piano «Progetto foresta Veneto» con la piantumazione di aree forestali per ridurre l’inquinamento e la riqualificazione ambientale e paesaggistica.
I tre Comuni sono direttamente interessati anche alla ristrutturazione dell’impianto per lo smaltimento dei rifiuti di Ca’ del Bue gestito da Agsm e Amia. Tanto che Zerman, Avesani e Lorenzoni sono rappresentanti dal geologo Franco Secchieri nella speciale commissione cittadina che è stata incaricata di redigere il progetto tecnico, economico e di salvaguardia ambientale indispensabile per il recupero della struttura di Ca’ del Bue.
Il finanziamento di 750 mila euro ha fra le sue finalità quella di ridurre l’impatto sul territorio circostante del progettato inceneritore.
Il progetto delle tre amministrazioni comunali comprende anche la costruzione della pista ciclabile diretta al mare Adriatico. R.G.

CAVAION. Il super residence si farà Otto edifici tra i vigneti

CAVAION. Il super residence si farà Otto edifici tra i vigneti
Annamaria Schiano
Martedì 19 Agosto 2008 L'ARENA

La maggioranza in Consiglio vota compatta la nuova lottizzazione che sorgerà tra le strade provinciali verso Calmasino e Bardolino

Il complesso prevede anche piscine a campi sportivi Respinto l’emendamento contro la vendita frazionata

Il Consiglio comunale ha approvato la lottizzazione turistico alberghiera «Villa del Parco in Cavaion», che sarà edificata in località Villa, l’attuale piana coltivata a vite da Cavaion verso Calmasino, tra le due provinciali, verso Calmasino e Bardolino. Gli attuali capannoni di polli e tacchini saranno abbattuti e la volumetria sarà trasmessa al nuovo complesso residenziale. Un villaggio di 35 mila e 713 metri quadrati, con volume edificabile di 28 mila e 570 metri cubici. Saranno costruiti otto blocchi di edifici per alloggi con ingressi indipendenti, tre piscine, campo di pallavolo, basket, due campi di tennis e uno per calcetto.
La delibera: «Vista la domanda presentata in data 28 dicembre 2007, dai signori Eugenio Simeoni e Gianluca Ferrari ... si dà atto che non è pervenuta alcuna osservazione».
È dunque approvazione definitiva per il piano attuativo anche in Consiglio, con i «sì» dei consiglieri di maggioranza presenti, escluso Eugenio Simeoni, uscito al momento della deliberazione, poiché proprietario dei terreni su cui sorgerà il complesso e titolare della ditta «La Freccia sas» che ha presentato il piano di lottizzazione. «L’area sarà strutturata in residence», ha sottolineato il sindaco Lorenzo Sartori, organizzazione concessa con la modifica alle norme di attuazione al piano regolatore, che ora recita: «Sono anche ammesse altre forme di ricettività, quali residence». Eventualità prima esplicitamente esclusa.
La consigliera di minoranza di minoranza Sabrina Tramonte, ha presentato un emendamento: «Vista l’allegata circolare regionale del marzo 2007, a firma del dirigente Giancarlo Boaretto, con cui si esclude l’alienabilità delle singole unità abitative delle strutture turistico alberghiere, si ricorda che la Corte di Cassazione Penale ha ravvisato il reato di lottizzazione abusiva nel caso della modificazione d’uso subita da un complesso albeghiero residenziale, dopo la vendita parcellizzata di alcune unità immobiliari». «Con l’emendamento si chiede di prevedere il divieto di vendita frazionata delle unità immobiliari e il cambio di destinazione d’uso del complesso turistico alberghiero; e che al fine del rilascio dell’agibilità l’ufficio tecnico comunale dovrà verificare preventivamente l’accatastamento globale e non particellare (residenziale)». Emendamento bocciato dalla maggioranza.
Il vicesindaco e assessore all’urbanistica, Giancarlo Sabaini: «Da due anni Tramonte insiste su questo punto. Si sta facendo un processo alle intenzioni a qualcuno che deve costruire in zona turistico-albeghiera, dove si può fare un residence». «Non si può dire che nel piano regolatore di Cavaion c’è scritto che si possono vendere unità singole», precisa Sabaini, «la norma dice invece che devono esservi servizi centralizzati».
Chiaro riferimento alla lottizzazione vicina, «Borgo del Sole». Il vicesindaco: «È ciò a cui i giudici stanno facendo la festa in tutta Italia e ha ragione Papalia a sequestrare, ma è chi costruisce a commettere illecito edilizio ed è l’ufficio tecnico il responsabile dei controlli. Approviamo una lottizzazione in zona turistico-alberghiera prevista dal piano regolatore». Tramonte: «La norma attuattiva del prg modificata non chiarisce il divieto alla vendita parcellizzata: basta che ci sia una piscina gestita in comune che il gioco è fatto. Perché vi fa paura inserire l’emendamento?». Al voto: due dei tre consiglieri di minoranza (assenti Piero Ruzzenenti e Arianna Dalle Vedove) hanno votato contro (Roberto Righetti e Sabrina Tramonte), astenuto Silvio Lonardi. Maggioranza blindata, nessun astenuto

“Con Mantegna insegno il libero pensiero”

Intervista a Giovanni Agosti: “Con Mantegna insegno il libero pensiero”
Stefano Miliani
l' unita', 23-08-2008

PER GIOVANNI AGOSTI, docente di storia dell’arte e curatore della mostra sul pittore veneto che si aprirà il 26 settembre al Louvre, la storia dell’arte ha una funzione etica e civile. Lo spiegherà al prossimo Festival della Mente di Sarzana

Gli archi e le colonne anticheggianti che nel Mantegna si fanno memoria e solida architettura, i corpi e i volti che si fanno sculture di carne e pietra, le colline scame in cui Cristo prega hanno in quei dipinti una scabrosità, un fondo di solitudine da rendere spesso l’artista rinascimentale assai adatto a sublimare tormenti e passioni della nostra epoca. Di questo potranno trovare conferma (o smentita) coloro che dal 26 settembre al 5 gennaio vedranno al Louvre la mostra sul pittore nato nel 1436 all’Isola di Cartura, nel Veneto, e morto nel 1506 a Mantova. L’hanno curata Dominique Thiébaut, conservatore del dipartimento pittura del museo parigino specializzata nei rapporti tra pittura francese e italiana nel ‘400, e Giovanni Agosti: 47 anni, docente di storia d’afte moderna all’università statale di Milano, formatosi tra l’altro sulla raccolta grafica degli Uffizi, profondo conoscitore dei disegni del Rinascimento, tre anni fa pubblicò un’originale e letterariamente curiosa monografia sul pittore veneto edita da Feltrinelli. Agosti, tra i più preparati e indipendenti storici dell’arte italiani, alla disciplina e all’insegnamento assegna un ruolo etico, civile, ben al di là dello status accademico. Per questo, come leggerete più avanti, soffre e si arrabbia per il baratro di ignoranza a cui si affaccia dalla sua cattedra. Per lui il sapere è strumento innanzi tutto di libertà, di libero pensiero, e di ciò parlerà al Festival della mente di Sarzana, sabato 30 agosto alle 14.45 nella Fortezza Firmafede. Agosti, ha chiamato l’incontro di Sarzana «La storia dell’arte libera la testa» In che modo e perché la libera la mente?
« E una frase di Fassbinder: ci sono film, non tutti, che liberano la testa. Altrettanto si può dire della storia dell’arte. Ce n’è una che la ottunde e una che libera: è quella che ti costringe a pensare, non ti rende passivo, non ti fa subire le mode. Con "liberare" intendo quello che Fassbinder intendeva con il suo cinema: poter fare sia un film come Querelle sia uno come Berliner Alexanderplatz».Dunque film liberi dalle convenzioni. Concepiti anche come affreschi di un’epoca. E visto che usiamo il termine affresco: che mostra vedrà Parigi?
«Vedrà una mostra monografica di quasi 200 opere che cerca di raccontare in ordine cronologico la vicenda artistica e umana dell’artista. Si inizia evocando gli anni 50 del ‘400 a Padova, una situazione collettiva maturata attorno a Donatello, poi si avvicina al protagonista. Accanto ai suoi dipinti e lavori grafici esponiamo opere dei personaggi con cui entrò in contatto, laddove ci sia una vera esigenza per capirlo meglio: non vogliamo presenze casuali o decorative. Avremo ad esempio diversi dipinti del cognato Giovanni Bellini, un rapporto fondamentale nella formazione dei due artisti, coetanei. Avremo il ritratto di Isabella d’Este di Leonardo perché il suo arrivo a Mantova significa molto per Mantegna, che lì lavorava per la corte. Proponiamo infine molte opere del Correggio: l’allievo che più lo tradì, ma lo capì più di ogni altro perché in quel tradimento c’era un seme di amore e comprensione vero. Il Correggio sapeva che di fronte a un mondo che cambiava poteva trasmettere l’esperienza artistica del maestro solo cambiando il significato».
Quali prestiti avete ottenuto? Avete chiesto il «Cristo Morto»? Due anni fa la Pinacoteca di Brera prima rifiutò e poi fu costretta a concederlo a una mostra curata da Sgarbi a Mantova.
«No, nessuno di noi ha nemmeno pensato di chiedere il Cristo morto. Abbiamo il San Sebastiano da Vienna, l’Orazione nell’orto da Londra, i Trionfi di Cesare dalla collezione reale di Hampton Court, la Sacra famiglia da Dresda, dipinti da Copenaghen e dal Getty...»
Sta diffondendosi, tra i musei, la tendenza ad «affittare» opere. L’ha fatto di recente il museo Picasso per una rassegna nel Golfo Persico...
«Lo trovo tremendo: il prestito a pagamento permetterà solo a musei e a strutture ricche di allestire mostre, mentre penalizzerà istituti di alto livello scientifico ma con scarso sostegno economico. E andrà a finire che vorranno solo gli stessi autori. Tipo Caravaggio».
Il braccio italiano della International Council of Museums, l’Icom, tempo fa ha denunciato che le troppe mostre danneggiano i musei e i loro visitatori.
«Sì, è vero. Penso facciano eccezione mostre dall’impianto scientifico meditato nel tempo come lo è questa sul Mantegna: il Louvre ci pensa dai primi anni’90. Peraltro una rassegna di questo genere si inserisce nel solco dell’ex direttore del museo parigino, Laclotte, amante dell’Italia, e del quale Dominique Thiébaut è stata allieva. Credo sia importante aggiungere che vi collaborano più generazioni di storici dell’arte, anche miei allievi».
Così dicendo tira in ballo un’altra questione mica da poco: come va oggi la trasmissione dei sapere?
«E un problema fondamentale: come trasmettere valori e saperi, come mantenere i principi di rigore con cui siamo cresciuti nella realtà dell’università a punti? Come coinvolgere gli studenti? Penso responsabilizzando le persone. Nel nostro piccolo a questa rassegna hanno collaborato, come lavoro anche formativo, nostri allievi o ex allievi dai 20 ai 40 anni. Invece, nell’arte, esiste una vera industria in cui i laureati sfomano, sottopagati, schede su schede per mostre in giro per tutta Italia».
Un docente può fare qualcosa, no? Cosa?
«Anche se non so come farlo capire ai politici, penso a una storia dell’arte legata alla storia e alla geografia, dando spazio alle nozioni vere, non al nozionismo, ai nomi, alle date. L’affinamento dell’occhio critico è indispensabile e progressivo, ma può avvenire solo sapendo dove sono Urbino e Ferrara. Se uno studente universitario non lo sa, o non sa che gli Este erano a Ferrara e i Montefeltro a Urbino, è difficile costruire davvero».
Se lo dice allora ha incontrato studenti chenon lo sapevano...
«Mi succede quotidianamente agli esami. Chiedo dov’è Urbino e spesso non mi rispondono. Chiedo quante sono le guerre mondiali e spesso non ottengo risposta. Anzi, ricevo proteste perché sono domande fuori dal programma d’esame. Eppure insegno storia moderna in una università. Davanti a centinaia di studenti , ma pur sempre un’università».
È un tracollo?
«C’è un tracollo del sapere storico e geografico terribile. Urbino è una mia domanda classica, ma gli studenti non se la passano neppure tra loro. Si è chiuso un ciclo storico. Non c’è più memoria condivisa. In mezzo però ci sono gli studenti bravi. E poi abbiamo a lezione un 10% di anziani, persone che lavorando tutta la vita non hanno potuto studiare storia dell’arte. Dobbiamo registrare una mutazione antropologica degli studenti della disciplina: un tempo erano pochi perché costava, ora abbiamo corsi di laurea di massa ma la selezione sociale è e sarà pesantissima: tanti non avranno sbocchi. E poi, se non sai dov’è Urbino, non entri nemmeno in un’agenzia di viaggi».

Tre giorni e sessanta appuntamenti sotto il segno della «creatività»

Torna il Festival della Mente di Sarzana, quinta edizione, e chiama a raccolta nella cittadina ligure dal 29 al 31 agosto, una cinquantina tra scrittori, artisti, musicisti, architetti, antropologi, storici, registi, attori, oltre a scienziati e filosofi italiani e stranieri, che presenteranno un intervento, una performance, una lectio o un workshop nuovo e originale, legato al tema della creatività. Sessanta gli appuntamenti, molti i laboratori per bambini e un ciclo di incontri-lezioni-laboratori sui temi del design, religione, ambiente, cucina, poesia, retorica, e arte.
Giovanni Agosti (classe 1961, nato a Milano dove insegna Storia dell’Arte alla Statale. studioso della tradizione classica nella cultura figurativa italiana), sarà uno dei numerosi ospiti. Terrà una lezione, prevista sabato 30 alle ore 14,45, dal titolo La storia dell’arte
libera la mente. Tra gli altri protagonisti di questa quinta edizione, il fotografo Ferdinando Scianna, gli antropologi Marc Augé, Marco Aime e Franco La Cecla, le psicoanaliste Simona Argentieri e Silvia Vegetti Finzi, il magistrato Giuseppe Ayala, il giornalista inglese Misha Glenny, il neuroscienziato Bruno G. Bara, lo chef Carlo Cracco, gli storici Carlo Ginzburg e Alessandro Barbero, filosofi Remo Bodei, Armando Massarenti, Vito Mancuso, Laura Boella, Salvatore Natoli; lo scienziato Edoardo Boncinelli, la grecista Eva Cantarella, l’etologo Danilo Mainardi, lo scrittore Giulio Mozzi, l’attore, regista e scrittore Moni Ovadia, il giardiniere e scrittore Umberto Pasti, l’attore e regista Toni Servillo.

La Pedemontana e l’impatto che sarà

La Pedemontana e l’impatto che sarà
Serena Vivian
Lunedì 25 Agosto 2008 L'ARENA

MAROSTICA. Si apre oggi la mostra “Il divino del paesaggio” frutto di due anni di lavoro

Sono esposti 14 calchi di gesso sul paesaggio dell’alta pianura veneta «ripensato come ricchezza collettiva»

Quali impatti avrà la superstrada Pedemontana veneta sul paesaggio del nostro territorio, con una particolare attenzione per Marostica.
Racconta di questo l'innovativa mostra "Il divino del paesaggio; Marostica disvelata" che verrà inaugurata questa mattina alle 11 nelle sale del Castello inferiore scaligero.
Esposti 14 calchi di gessi sul "paesaggio dell'alta pianura veneta" che sintetizzano il lavoro di due anni e mezzo dell'architetto Renato Rizzi, il quale ha condotto le ricerche per conto della Regione Veneto e in collaborazione con l'assessorato al turismo di Marostica, affiancato da un'équipe di circa 30 progettisti.
La Pedemontana è del resto tra le opere più discusse nella storia degli ultimi anni della nostra regione e la "questione del paesaggio" è ormai diventata di estrema attualità ai nostri giorni, coinvolgendo in Veneto anche la dimensione politica. È importante notare che metà delle opere in mostra, e degli studi che le sottendono, riguardano proprio Marostica, che con la sua cinta murata segna in maniera inconfondibile l'orizzonte dell'alta pianura.
«Questo progetto - sottolinea il curatore della mostra, Renato Rizzi - evoca la democrazia della modernità, che è una democrazia di sviluppo sociale, dove i valori estetici sono stati distrutti per giungere finalmente a un terzo livello (auspicato) dove valori sociali, valori estetici e programmazioni urbanistiche vengono rimessi in gioco e contemperati».
«Questa mostra sul "Divino del paesaggio" relativa al nuovo tracciato della superstrada Pedemontana Veneta - commenta Rizzi - offre una particolare occasione al nostro sguardo per ripensare e rivedere il paesaggio come ricchezza collettiva. I valori sociali si elevano a valori estetici, la memoria storica a propulsore critico, il pratico e il funzionale a premessa per il metafisico».
Per questa molteplicità di significati l'assessore al turismo Lorenzo Bertacco non ha voluto lasciarsi scappare l'occasione di portare a Marostica questo evento proprio nei giorni del massimo afflusso in città connesso alla Partita a scacchi.
Lo studio ha dato origine anche a un libro che si intitola "Il divino del paesaggio" e dal 15 novembre al 7 dicembre i calchi del paesaggio veneto saranno poi in mostra al Mart, Museo di arte moderna e contemporanea di Trento e Rovereto.
Si potrà visitare la mostra, che rimarrà a Marostica fino al prossimo 20 settembre, dalle 9 alle 12.30 e dalle 15 alle 19, con ingresso libero.

lunedì 11 agosto 2008

FELTRE - La città antica si svela sempre più

FELTRE - La città antica si svela sempre più
07 AGOSTO 2008, IL GAZZETTINO ONLINE

Dopo il ritrovamento della porta nord

In autunno i progetti per il futuro

Prima la stanza di età romana, con parti medievali nel bel mezzo del cantiere per realizzare l'ascensore del Belvedere. Poi la porta nord di Feltre con le mura medievali nel corso dei lavori per la sistemazione del bosco Drio le Rive. Feltre in pochi mesi ha rivelato alcuni preziosi gioielli archeologici, tasselli importanti della sua storia, alcuni che si sono rivelati un'autentica sorpresa (vedi la stanza) altri di cui si sospettava l'esistenza e di cui nel passato era emerso qualche cosa. Un'ispezione archeologica seria hanno confermato sospetti e speranze. Per questo motivo a settembre sarà organizzata una conferenza stampa per presentare questi preziosi tasselli della storia di Feltre che in futuro rappresenteranno nuovi punti si richiamo turistico-culturale, un motivo da aggiungere per venire a visitare la nostra città.

«Devo ancora incontrare personalmente il sindaco di Feltre ma ne abbiamo già parlato - spiega Marisa Rigoni della Soprintendenza ai beni archeologici del Veneto - in autunno decideremo cosa fare».

Galan: 3,6 milioni di euro tolti alla cultura del Veneto

Galan: 3,6 milioni di euro tolti alla cultura del Veneto
Sergio Frigo
09 AGOSTO 2008, IL GAZZETTINO ONLINE

Ammontano a 3 milioni e 650mila euro i tagli della Finanziaria agli interventi di recupero dei beni culturali nel Veneto. Senza i finanziamenti ministeriali rischiano ora di fermarsi il ripristino del Teatro di Schio (quasi 2 milioni e mezzo di euro già stanziati dal Ministero), quello della casa del fascio di Piazzola sul Brenta (un milione), il recupero del Tempio Ossario di Bassano (200mila euro). E tornano a rischio anche i tre milioni destinati al restauro del Castello dei Carraresi a Padova. A protestare è lo stesso Presidente della Regione, Giancarlo Galan: «Il risanamento economico è necessario, ma non si possono penalizzare cultura e istruzione, che sono le nostre principali risorse».


Il presidente della Regione Galan: «Giusto ridurre le spese, ma questa Finanziaria toglie al Veneto 3 milioni e 650mila euro solo in questo settore»
«Beni culturali, troppi tagli»
A rischio i restauri del teatro di Schio, della casa del fascio a Piazzola, del castello carrarese a Padova

I due milioni e mezzo di euro per il ripristino del teatro di Schio? Cancellati! Il milione per il restauro della casa del fascio di Piazzola sul Brenta? Cancellato! I 200mila euro per la sistemazione del Tempio Ossario di Bassano? Cancellati! I tre milioni per il restauro del Castello dei Carraresi a Padova? Pericolosamente in bilico. E si potrebbe continuare.
Insomma: i tagli della Finanziaria appena approvata dal Governo avranno effetti pesanti sui beni culturali del Veneto. E a lamentarsene (prima ancora delle opposizioni, che forse non se ne sono ancora accorte), è lo stesso presidente della Regione, Giancarlo Galan. Beninteso, il Governatore è convinto della necessità del risanamento economico, e di una potatura anche anche più drastica di alcuni costi. Ma quelli per la cultura, vero e proprio carburante dell'economia nazionale, quelli proprio no!

«A scanso di equivoci, io condivido quello che sta facendo Tremonti - dice Galan - Penso anch'io che sia necessaria una decisa razionalizzazione della spesa pubblica, che è uno dei drammi del nostro Paese, con tutti i governi: e la cura non può che essere questa.Ma non posso non condividere alcune osservazioni critiche che ho letto in questi giorni sui giornali: per restare nel campo culturale, sono proprio necessari sette conservatori nel Veneto? Raggiungono tutti un livello di eccellenza, e formano al meglio i giovani musicisti? Non si potrebbe ridurne il numero, per ottimizzarne le prestazioni? Oppure l'Arsenale di Venezia: a cosa serve attualmente, al di là dell'utilizzazione della Biennale? É opportuno che ospiti ancora un presidio della Marina Militare? E per quale frontiera, quella di Vladivostok?»

Lei è d'accordo con i tagli, ma...?

«Ma ci sono due settori, come la cultura e l'istruzione, che non si devono penalizzare, perchè costituiscono le maggiori risorse per il nostro Paese, e per i quali da tempo aspettiamo un'inversione di tendenza. E non lo dice solo il professor Settis, ma lo stesso ministro Bondi».

Quali saranno le ricadute di questi interventi sul Veneto?

«Parecchie, a partire da una serie di operazioni di restauro per le quali si era già avviato l'iter, con il pieno appoggio della Regione: si parla complessivamente di 3 milioni e 650mila euro. Prendiamo Schio, e tutta l'area pedemontana che è stata l'avanguardia dell'industrializzazione italiana, e che ha in corso - come altre città europee di antica industrializzazione, come Cardiff, o Newcastle - un ambizioso programma di anto-ripensamento e di trasformazione in senso creativo (testimoniato anche dall'iniziativa "Innovetion Valley") che passa anche per la riscoperta e la rivalutazione del patrimonio industriale e culturale. Ebbene, a Schio perdiamo i finanziamenti che dovevano permettere alla città di rimettere in piedi il proprio teatro, grazie a quasi due milioni e mezzo di stanziamenti ministeriali».Altri tagli particolarmente dolorosi?

«A Piazzola sul Brenta era stato stanziato un milione di euro per il restauro della vecchia Casa del Fascio, uno dei vanti del Veneto nel suo puro stile razionalista, destinata ad ospitare la nuova biblioteca, con l'annesso Auditorium. Eliminati anche quelli. E tagliati anche i 200mila euro destinati al recupero del Tempio Ossario di Bassano. E potrebbero presentarsi problemi inaspettati di finanziamento anche per il restauro del Castello Carrarese di Padova, uno dei monumenti più importanti nella storia del Veneto, su cui la Regione si era a lungo confrontata con la Sovrintendenza e il Comune, ottenendo infine uno stanziamento pubblico di circa 3 milioni».

Cosa farà la Regione?

«Continueremo a cercare la collaborazione del ministero per salvaguardare quanto possibile, nella speranza che dopo la cura da cavallo la febbre passi e si possano riconsiderare alcune scelte. E continueremo a chiedere ai sindaci di segnalarci gli edifici brutti e illegali che come assessorato alla cultura intendiamo far abbattere, per promuovere la cultura del bello nella nostra regione: anche se sono stati tagliati proprio i 45 milioni su base triennale che erano stati messi a nostra disposizione a questo scopo, dopo l'approvazione del Codice Urbani da parte del ministro Rutelli. Dobbiamo far capire chequeste sono tutte nostre potenzialità che vengono meno, colpendo oltretutto un settore da sempre penalizzato nei finanziamenti».

mercoledì 6 agosto 2008

In Veneto arrivano i "crediti edilizi"

EDDYBURG: In Veneto arrivano i "crediti edilizi"
n.29 (01/08/2008) EDDYBURG Data di pubblicazione: 01.08.2008

Le inventano tutte per privatizzare il territorio e il suo governo. Il Consiglio regionale del Veneto sta approvando una legge che compie tre operazioni perverse.

La prima: se c’è un’area vincolata per ragioni ambientali, oppure un complesso degradato da risanare, oppure vi siano edifici che meritano d’essere demoliti, oppure ancora il proprietario di un’area edificabile non voglia costruire proprio lì, il felice titolare di quel suolo può chiedere di ottenere dei “crediti edilizi”, cioè l’assegnazione di una determinato volume di edificazione che può vendere o piazzare altrove. Un regalo assolutamente non necessario, in nessuna delle fattispecie elencate. La seconda: quei “crediti” possono essere utilizzati in qualsiasi comune della regione, su aree che il comune mette a disposizione scegliendoli a preferenza (uudite, udite): nelle aree destinate a spazi pubblici, in quelle destinate all’edilizia economica e popolare, oppure in qualunque area al comune aggradi, anche in deroga (in variante) al vigente strumento urbanistico. La terza: la gestione di queste operazioni non è affidata all’ente pubblico, ma a una società appositamente costituita: la Società Sistema Scambi.

Sempre più il territorio diventa, in Italia, uno strumento per attribuire ricchezza ai patrimoni privati, e l’urbanistica un dispositivo orientato a questa finalità. Sempre più la sua organizzazione viene sottratta alle regole finalizzate a far vivere meglio i cittadini, a ridurne il disagio, ad accrescere la vivibilità dell’habitat. E sempre più i provedimenti vengono affidati a strutture privatistiche, sulle quali il cittadino perde qualunque capacità di incidere. Gli unici interessi premiati sono quelli della rendita, gli unici diritti riconosciuti sono quelli della edificabilità. Anche quando (e scendiamo dal Veneto al Sud della penisola) “questi “diritti” vengono riconosciuti ai proprietari beneficiati da piani regolatori di quarant’anni prima, sovradimensionati in modo incredibile e oggi del tutto obsoleti: come è accaduto a Bari, dove sono stati reimmessi sul mercato immobiliare 11 milioni di metricubi inutili a tutti. Ovviamente, fuorchè ai proprietari.

VERONA - Il discendente Forti al Comune «Non vendete il palazzo»«Va rispettata la volontà di destinarlo a fini culturali»

VERONA - Il discendente Forti al Comune «Non vendete il palazzo»«Va rispettata la volontà di destinarlo a fini culturali»
Enrico Giardini
Martedì 5 Agosto 2008 L'ARENA

PATRIMONIO. L’assessore Polato incontra il soprintendente, due fasi per l’alienazione. Ma al sindaco arriva una lettera

Il Comune di Verona non deve vendere Palazzo Forti.

Per rispetto della volontà del suo proprietario, Achille Forti, che glielo cedette nel 1937 (il Comune ora vuole venderlo con base d’asta 65 milioni) per farlo destinare a uso pubblico e per promuovere la cultura, attraverso la Galleria d’arte moderna. Altrimenti l’amministrazione dovrà risponderne, anche in sede legale.

È questo il pensiero di Augusto Forti, 70 anni, un discendente di Achille (suo bisnonno, Cesare, era uno zio di Achille) che ha fatto scrivere al suo avvocato una lettera al sindaco Flavio Tosi — e per conoscenza a Ugo Soragni, direttore regionale per i beni culturali e paesaggistici del Veneto — in cui esprime «il fermo dissenso alla vendita di un bene che era stato destinato al rafforzamento delle tradizioni culturali dei veronesi, prima di tutto, ma anche di ogni persona attenta alla tradizione e civiltà», fa scrivere nella lettera Forti, che vive fra Venezia e Parigi ed è professore di geofisica e fisica in pensione, che aggiunge di «confidare che l’eventuale progetto di vendita venga riconsiderato e accatonato, riservandosi nel caso in cui l’intento di vendita venisse confermato e realizzato, di intraprendere ogni iniziativa, non esclusa quella legale, per far osservare e rispettare il Lascito Forti».

Proprio ieri l’assessore comunale al Patrimonio, Daniele Polato, ha incontrato a Mestre Soragni, per discutere del Piano di alienazioni di immobili di proprietà comunale, fra cui Palazzo Forti. E su questo hanno convenuto di dividere l’istruttoria in due parti, separando quella del palazzo che ospita la Galleria d’arte da quella residenziale e commerciale.
Per quest’ultima è confermata la destinazione d’uso attuale; per la parte che ospita la Galleria d’arte saranno necessari approfondimenti perché nel sottosuolo sono stati trovati reperti archeologici comunque da tutelare, a prescindere dall’uso futuro del palazzo.
Nell’incontro si è chiarito anche il passaggio di proprietà dell’Arsenale. «Per chiuderlo», dice Polato, «dovremo solo mandare la documentazione al Demanio, che poi comunicherà alla direzione regionale la definitiva chiusura dell’atto patrimoniale». Per i palazzi Pompei e Gobetti Soragni ha confermato a Polato che è già stata rilasciata l’autorizzazione a venderli, mentre per i vincoli della Caserma Principe Eugenio è imminente l’esame dell’istruttoria già inviata.
Il Comune, poi, d’intesa con la Soprintendenza, ha concordato di predisporre un Piano per l’ornato degli spazi pubblici che consentirà di approvare in un’unica volta più provvedimenti su pavimentazioni, segnaletiche, panchine e quant’altro riguardi la struttura e l’arredo di strade e piazze.

domenica 3 agosto 2008

E Palazzo Chigi «velò» il seno alla Verità svelata del Tiepolo

Corriere della Sera 3.8.08
La spiegazione del «ritocco»: turbava i telespettatori
E Palazzo Chigi «velò» il seno alla Verità svelata del Tiepolo

ROMA — Le donne, a Palazzo Chigi, preferiscono vederle vestite. E non importa se quella che esibisce un seno — piccolo, tondo, pallido — se ne sta su una copia del celebre dipinto di Giamb attista Tiepolo (1696-1770): «La Verità svelata dal Tempo ». Il dipinto, che Silvio Berlusconi aveva scelto come nuovo sfondo per la sala delle conferenze stampa, viene ritoccato. È successo.
La testimonianza fotografica è inequivocabile.
Prima si scorge un capezzolo. Poi il capezzolo sparisce. Coperto, si suppone, con due colpetti di pennello.
La notizia è battuta dall'agenzia Italia alle 17,22. Un'ora dopo, Vittorio Sgarbi, critico d'arte di antica osservanza berlusconiana, ha la voce che quasi gli trema. «Cos'hanno fatto? Ma davvero?». Un ritocchino, professore. «Pazzi, sono dei pazzi...». Ci vuole un bel coraggio, in effetti, a mettere le mani su un Tiepolo, sia pure in crosta. «E allora cosa dovrebbero fare con tutte quelle statue di donna sparse in decine di musei italiani dove spesso si ammirano seni da far restare senza fiato pure Pamela Anderson? ». L'arte, evidentemente, spaventa. «Oh... io spero davvero che la decisione di questo assurdo, folle, patetico, comico, inutile ritocchino sia stata presa all'insaputa del Cavaliere. Tanto più che se volevano fargli un piacere, cercando di non far associare agli italiani una tetta alla sua immagine di uomo, come dire? incline al fascino femminile, sono riusciti invece nel-l'esatto contrario. Ma si sa, almeno, chi è il responsabile di questa cretinata?».
Non s'è capito subito, in verità. Poi il sottosegretario alla Presidenza Paolo Bonaiuti ha fatto personalmente qualche telefonatina.
«E allora, beh, direi che è andata molto semplicemente: diciamo che è stata un'iniziativa di coloro che, nello staff presidenziale, provvedono al la cura dell'immagine di Berlusconi ». Bonaiuti, scusi: ma cosa li avrebbe turbati tanto? «Beh... sì, insomma: quel seno, quel capezzoluccio... Se ci fate caso, finisce esattamente dentro le inquadrature che i tg fanno in occasione delle conferenze stampa». E quindi? «E quindi hanno temuto che tale visione potesse urtare la suscettibilità di qualche telespettatore. Tutto qui».
C'è da dire che in occasione delle prime inquadrature ormai risalenti alla conferenza stampa del 20 maggio scorso (con il presidente di Confindustria Emma Marcegaglia perfettamente centrata sotto la femminile Verità ancora scoperta) al centralino di Palazzo Chigi non risultano essere giunte particolari proteste da parte della cittadinanza italiana. Nè preoccupazioni per eventuali turbamenti vennero comunque al Cavaliere e al suo architetto di fiducia, che lo aiutò nella scelta del celebre dipinto: Mario Catalano, forse non casualmente già scenografo del memorabile programma di spogliarello televisivo «Colpo Grosso», condotto da Umberto Smaila su Italia 7 dal 1987 al 1991, con le ragazze, chiamate «mascherine», che — appunto — si facevano volar via il reggiseno cantando «