martedì 30 aprile 2013

Bembo circondato di bellezza

A Padova si tiene una mostra sul pieno Rinascimento, soprattutto nel suo particolare aspetto veneto e romano. È una bella esposizione che propone una visione di quel mezzo secolo d'oro della storia europea attraverso gli occhi di Pietro Bembo, un umanista, un patrizio e un uomo di mondo (se si potesse adoperare questa definizione settecentesca) dell'epoca di cui diciamo, il primo Cinquecento. Bembo era innanzitutto un italiano che cercò a modo suo, da uomo di lettere e di potere, di unificare la nazione. L'idea cade bene in questo momento, quando quasi nessun politico si interessa alle lettere e quando molti vogliono un'Italia regionale.
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domenica 28 aprile 2013

Navigatori e viaggiatori veneti sulla rotta per l'India

Navigatori e viaggiatori veneti sulla rotta per l India

sabato 27 aprile 2013

Settis all'attacco: «II Comune non capisce i rischi per gli Scrovegni»

Settis all'attacco: «II Comune non capisce i rischi per gli Scrovegni»
Valentina Voi
Il Mattino di Padova 10 aprile 2013

Proprio mentre in municipio era in corso la riunione di tre commissioni sullo stato della Cappella degli Scrovegni e i
possibili rischi con i lavori in programma nell'area, l'archeologo Salvatore Settis ha portato un altro duro attacco al Comune.


«Cappella trascurata? Barbarie»

Dura critica dello storico Settis. Polemiche sulla convocazione della commissione scientifica


La Cappella degli Scrovegni è ancora al centro della bufera.
Nel mirino l'auditorium e la torre da 108 metri progettata nell'
ex area del PpI. A gettare benzina sul fuoco è Salvatore Settis,
storico dell'arte, che non ha dubbi: «Padova non si rende
conto che la Cappella degli Scrovegni è a rischio, se non ci
sente, significa che sta andando verso la barbarie».

Lo studioso era a Padova per la presentazione
del suo libro "Azione popolare", ma non perde l'occasione
per rimarcare il suo pensiero, già palesato lo scorso anno
quando aveva firmato la campagna SaveGiotto che si batteva
proprio contro i progetti di riqualificazione
al di là del Piovego.

«Non è ancora provato che queste due opere non influiscono
sulla salute della Cappella. Occorre riflettere ed approfondire» commenta lo studioso.

Ironia della sorte, ieri pomeriggio a palazzo Moroni c'è stata un'accesa discussione durante la maxi-riunione convocata proprio su questo tema dalle commissioni terza, quinta e ottava
dedicate rispettivamente alla cultura, all'urbanistica e alle
politiche di controllo e garanzia.

Sul tavolo la proposta di Giampiero Avruscio, vicepresidente
del consiglio comunale in quota Pdl, di organizzare un
convegno scientifico propedeutico a un concorso internazionale
per la salvaguardia della Cappella degli Scrovegni. Avruscio
è stato di poche parole e ha lasciato che parlassero le immagini:
mercoledì scorso il consigliere ha visitato il cenobio del -
la Cappella, cioè la parte sottostante, ancora una volta allagata.

E ha poi ceduto il microfono al professor Luigi D'Alpaos,
uno dei tre esperti autori di una dettagliata relazione sulla situazione idrogeologica della Cappella.
«La presenza di acqua nel Cenobio era nota» spiega
l'esperto di idraulica, «io da ingegnere non mi ero tanto preoccupato per la stabilità della struttura quanto in relazione alla salute degli affreschi. Mi fu risposto che non era un problema».

Alla salvaguardia della Cappella pensa da tre decenni
un'apposita commissione scientifica. «In quella commissione
deve necessariamente esserci un esperto geotecnico e uno di acqua sotterranee» aggiunge il professore.
Al dibattito ha preso parte anche Titti Panajotti, presidente di Italia Nostra, che ha espresso i suoi timori in caso di forti eventi sismici.

Ma il vero terremoto ieri è stato all'interno della maggioranza,
divisa tra chi ha appoggiato il capogruppo Gianni Berno e chi Giuliano Pisani. Tra i primi c'è stata la consigliera Cristina
Toso, che ha ricordato l'impegno dell'amministrazione per
la tutela del monumento e la sua costante collaborazione
con il ministero dei Beni Culturali.

Tra i secondi Maria Beatrice Rigobello Autizi, che si è chiesta
perché ci sia tanta paura di un confronto con gli esperti internazionali se la Cappella è così ben tutelata. L'incontro si è
concluso con il netto rifiuto di Pisani, della Autizi e Daniela
Ruffini a un nuovo incontro sulla proposta di Avruscio, questa
volta insieme alla commissione scientifica presieduta da Ugo
Soragni, come suggerito da Paolo Cesaro.
«L'avevamo invitato a questa riunione e non è venuto» conclude Pisani. Ma l'incontro, grazie ai voti favorevoli del resto del Pd guidato da Berno, si farà.

domenica 21 aprile 2013

Asolo, la cementificazione e un piano urbano che divide

Asolo, la cementificazione e un piano urbano che divide
Silvia Madiotto
CORRIERE DEL VENETO - VENEZIA, Venerdì 5 Aprile 2013
La Rocca domina Asolo dal Duecento: la costruirono i Carraresi per controllare il loro vasto territorio e quel borgo che oggi è considerato - a ragione - una delle perle del Veneto. Un campiello veneziano in terraferma, immerso nel verde della Marca, che svetta sulle rocce. Ma è a valle che oggi si discute di tutela e cementificazione: ai piedi dei colli, infatti, la giunta comunale leghista ha tracciato un Pat che consente la realizzazione di 285 mila metri cubi di edilizia residenziale. L'opposizione, guidata dall'ex sindaco Daniele Ferrazza, ha lanciato un appello in rete per salvare il territorio. «In pratica il nuovo Pat prevede la possibilità di costruire, tra la zona collinare e la pianura, settecento villette o mille appartamenti - denuncia -. Un'assurdità, considerando che il Prg prevedeva già nuovi insediamenti per 150 mila metri cubi, mai richiesti dal mercato e quindi mai realizzati. Inoltre si introduce una nuova area industriale di trenta ettari ai piedi della collina della Rocca, con 720 mila metri cubi di nuovi capannoni».
A conti fatti, un milione di metri cubi di cemento: «Ne abbiamo veramente bisogno? E' questo lo sviluppo che intendiamo?». Asolo, «la perla dei cento orizzonti», oltre al un prezioso patrimonio architettonico e paesaggistico, ha tre volti simbolo che ne hanno segnato la storia: Caterina Cornaro, regina di Cipro e Venezia; Eleonora Duse, la divina del teatro; e Freya Stark, viaggiatrice ed esploratrice inglese, che scelse Asolo come dimora. Fu proprio lei a scrivere negli anni '70 «In defence of Asolo», un appello nel quale pose, per prima, il tema della cementificazione dalla quale salvare le colline attorno al borgo. Mercoledì prossimo (i tempi sono strettissimi, perché il Pat è passato in giunta due giorni fa) il Consiglio comunale voterà l'adozione del piano di assetto territoriale, che contiene le linee guida per i prossimi dieci anni di sviluppo. «La nostra volontà è di salvaguardare il territorio ed evitare il consumo dispersivo di suolo libero per andare incontro alla attuali sfavorevoli condizioni economiche delle famiglie - spiega il vicesindaco e assessore all'urbanistica Federico Dussin -. Si è deciso di privilegiare, ove possibile, il recupero del patrimonio edilizio esistente, indirizzando lo sviluppo al completamento dei nuclei abitativi con lotti inedificati o di possibilità di ampliamento. Le aree agricole sono state tutelate, così come i colli e il borgo. Ma la previsione del Pat non equivale alla realizzazione delle zone di espansione».
Tuttavia, associazioni asolane, intellettuali e ambientalisti sono già scesi a fianco delle opposizioni. Vittorio Zaglia, volto storico di Italia Nostra ed ex presidente commenta: «Come cittadini siamo delusi, è un Pat poco produttivo che di fatto consente di costruire in modo folle in una zona di riduzione demografica che invece ha una forte necessità di vocazione turistica. Più si costruisce più si disperdono l'identità di Asolo, il suo turismo e la sua cultura».

giovedì 18 aprile 2013

Quattrocentomila case vuote: «Fermate il mattone e le cave»

Quattrocentomila case vuote: «Fermate il mattone e le cave»
Alessio Antonini
Corriere del Veneto - Verona 12/4/2013
Manca il numero legale in Consiglio, rinviato l'ok a nuove estrazioni Nasce un fronte politico bipartisan: «Costruiamo con materiale riciclato»

VENEZIA — Una precisazione è d'obbligo: si tratta di un censimento. È quindi possibile che più di qualcuno l'anno scorso avesse il campanello rotto e non abbia quindi risposto al citofono. Fatto sta che secondo l'Istat, in Veneto, tra appartamenti invenduti e locali sfitti, ci sono quasi quattrocentomila case vuote. Una massa enorme di cemento inutilizzato se si pensa che in tutto il territorio regionale ci sono un milione e duecentomila edifici per un totale di poco meno di due milioni e mezzo di abitazioni. E gli spazi sono destinati ad aumentare visto che le case sfitte o non più abitate sono cresciute del 21% negli ultimi dieci anni.
«Di fronte ai numeri presentati dall'Istat è evidente che la materia prima per realizzare le nuove opere c'è già tutta — interviene il consigliere regionale del Partito democratico Roberto Fasoli controrelatore di un progetto di legge sulle cave destinato a far discutere il Consiglio — si tratta solo di riciclare il prodotto delle demolizioni dei vecchi stabili. Capisco le proteste dei cavatori e degli edili ma quello che stiamo facendo adesso non ha più senso perché è antieconomico».
Attualmente, secondo il rapporto di Legambiente sul paesaggio, il Veneto ricicla solo il 10% del materiale edile risultante dalle demolizioni, mentre manda il restante 90% nelle cave dismesse per tappare il buco creato dalle operazioni di scavo della ghiaia. Questa situazione assurda è dovuta anche e soprattutto perché il Veneto vanta la più vecchia legge regionale sulle estrazioni di ghiaia del paese. La legge regionale numero 44 risale infatti al 1982, quando le esigenze di costruzione diverse e quando la tecnologia non permetteva di contenere i costi del riciclo dei materiali.
«Finora quasi tutte le operazioni di scavo sono state fatte con deroghe votate ad hoc», continua Fasoli che ieri avrebbe dovuto discutere in Consiglio una nuova normativa transitoria (la 272, presentata dall'assessore all'Ambiente Maurizio Conte) in attesa delle future audizioni per la riforma della legge 44. Il Consiglio però ieri ha preferito tirare per le lunghe tutti i punti dell'ordine del giorno (fino a far cadere il numero legale) per non arrivare a dama con la nuova normativa transitoria che avrebbe creato qualche imbarazzo tra i gruppi.
I cavatori infatti sono una lobby compatta capace di spostare un ampio numero di voti tra il Trevigiano, il Vicentino e il Veronese. L'eventuale discussione delle nuove deroghe (su richiesta degli estrattori veronesi che hanno già superato i limiti di scavo per quest'anno) avrebbe spaccato trasversalmente i consiglieri che intercettano i voti dei cavatori, ma che sono anche consapevoli di non poter sostenere nessuna nuova operazione di scavo devastante per l'ambiente (e per il resto dell'elettorato). Sempre secondo il rapporto di Legambiente infatti in Veneto ci sono attualmente 2180 cave di cui 1600 dismesse e quasi 300 dormienti.
Di fatto, questa volta secondo gli ingegneri della Regione, le estrazioni sono attive solo in 250 siti. In questa groviera veneta, poi, ci sono dei veri e propri primati: a Sant'Anna d'Alfaedo, piccolo Comune della Lessinia c'è una cava ogni 34 abitanti, un record che, a sentire Legambiente, non ha euguali nel mondo e sicuramente in Italia. «A fronte di un volume d'affari di 90 milioni euro, la Regione incassa di concessioni appena 4 milioni e mezzo — conclude il consigliere del Pd — La legge va ripensata completamente rendendo conveniente il riciclo dei materiali e aumentando il costo delle concessioni di estrazione che è fermo a 0,62 euro al metro cubo».
D'altra parte un progetto di legge a livello europeo esiste già. In Olanda e in Danimarca le norme sul riciclo dei materiali permettono di recuperare il 95% dei laterizi demoliti e di portare in discarica solo il 5%. Così avviene anche in Germania e Gran Bretagna anche se le cifre sono diverse (rispettivamente 65% e 86% di materiale riciclato). Neanche a dirlo, il progetto europeo è stato approvato da Legambiente che indica come opere da studiare il Passante di Mestre e la Tangenziale di Limena. In entrambi i casi, l'uso del materiale di riciclo (71% per il Passante e 100% per Limena) ha permesso di contenere i costi e salvaguardare l'ambiente. E grazie alla nuova tangenziale di Limena ci si è liberati del vecchio mangimificio di Cittadella, quattromila metri cubi di macerie che altrimenti avrebbero riempito una nuova discarica.

martedì 16 aprile 2013

Asolo, non si placa la «guerra fredda» del cemento

Asolo, non si placa la «guerra fredda» del cemento
Alessandro Zuin
Corriere del Veneto 12/4/2013
ASOLO (Treviso) - Non si placa la «guerra fredda» sul Pat di Asolo, fonte di contestatissime nuove edificazioni in un dei borghi più belli d'Italia. La giunta leghista, che mercoledì sera ha dovuto battere in ritirata davanti alle proteste, si sta riorganizzando e non cede. Le opposizioni: «Andranno a schiantarsi».

La «guerra fredda» di Asolo divisa da un muro di cemento
La Giunta batte in ritirata ma non cede. «Si schianteranno»

ASOLO (Treviso) — Hanno battuto in ritirata. Strategica, ma pur sempre ritirata. Però la storia è piena di ripiegamenti, come quello operato mercoledì sera dalla scombussolata maggioranza leghista che governa sulla città dai cento orizzonti, che sono serviti a sfuggire all'accerchiamento e a riorganizzare le truppe sbandate. Perché la tormentata storia del Piano di assetto del territorio, meglio noto come Pat di Asolo - quello che, nelle cronache degli ultimi giorni, è diventato sinonimo di «colata di cemento» ai piedi delle colline che ospitano uno dei borghi più belli d'Italia - non è finita con la marcia a ritroso ordinata in consiglio comunale dalla sindaca Loredana Baldisser, di fronte al municipio assediato da preponderanti forze nemiche.
Loro ci riproveranno, ad adottare quel dannato Pat. «È una questione d'onore», conferma il vicesindaco Federico Dussin, l'uomo che ha in mano la delega, pesantissima ora più che mai, alla gestione e pianificazione del territorio. Dussin è uno che ne ha viste troppe per non sapere che, in politica, qualche volta bisogna anche saper perdere. E ricominciare. È in Comune dal 1985, quando su queste colline regnava incontrastato un signore che chiamavano il Doge, il potentissimo Carlo Bernini, e ieri mattina è corso a Venezia, in Regione, naturalmente a discutere e chiedere qualche buon consiglio su come salvare il Piano di assetto territoriale dall'attacco concentrico dei contrari: comitati organizzati dopo l'appello lanciato da «Salviamo Asolo», grillini in trasferta, cittadini semplici e illustri ospiti delle antiche magioni asolane, intellettuali indignati dal minacciato scempio edilizio, persino ministri (dell'Ambiente) in carica. Ma non ha perso la vogli di scherzare, Dussin: «Uscito dalla Regione sono entrato nella prima chiesa di Venezia e ho chiesto aiuto alla Madonna, che mi ha suggerito di resistere. Faremo gli incontri pubblici promessi per spiegare bene il Pat alla gente e replicare alle cifre fantasmagoriche che sono circolate sui giornali, non torneremo indietro. E vi assicuro - sottolinea il vicesindaco - che di asolani veri, tra quelli che protestavano mercoledì sera davanti e dentro il municipio, ce n'erano al massimo un 20%».
Le cifre, tanto per intendersi: la relazione tecnica del Pat indica, come quantità generali, la possibilità di realizzare 285 mila metricubi di nuovi edifici residenziali, parte dei quali in «edificazione diffusa» (tradotto dall'urbanistese: ci si può costruire la casa in zona agricola); è previsto inoltre un nuovo insediamento industriale nella zona pianeggiante del comune, un'area che si estende per 30 ettari (20 dei quali edificabili) per una cubatura potenziale di 720 mila mc. di capannoni. Non proprio quattro pietre. «Ma abbiamo sentito parlare di colate di cemento e di numeri fantascientifici - replica la sindaca Loredana Baldisser, tramite comunicato scritto - che oggettivamente non sono reperibili in questo Pat. Lo spiegheremo ai cittadini, con una presentazione pubblica che spero possa fugare i dubbi e le informazioni erronee e fuorvianti che sono state diffuse in questi giorni».
Detto per inciso, tra un anno ad Asolo si voterà per rinnovare l'amministrazione comunale: se il Pat nel frattempo verrà adottato, chiunque vinca si troverà a gestire la grana senza possibilità di manovra. Per questo, l'attuale opposizione consiliare tiene alta la tensione: «Che l'amministrazione voglia approvare il Pat è naturale, ci mancherebbe. Il problema è se vorranno insistere su questo Pat o, dopo gli appelli e le proteste dei cittadini, accetteranno di modificarlo. Se non sarà così - avverte Daniele Ferrazza, ex sindaco di centrosinistra e ora capogruppo di Insieme per Asolo - andranno a schiantarsi e si faranno del male. E purtroppo faranno del male anche al territorio asolano».
Il vero terreno di scontro è la nuova area industriale e il suo dimensionamento. In Comune circola insistentemente questa versione: Fashion Box, il gruppo asolano della moda che produce abbigliamento con il marchio Replay, ha bisogno di ampliarsi e, se non troverà spazi adeguati qui, potrebbe persino andarsene. Ma Attilio Biancardi, vicepresidente del gruppo, chiarisce così la questione: «L'ampliamento? Oggi siamo a livello di pura ipotesi. Certo, se ci sarà la necessità ne saremmo ben felici ma l'attuale momento del mercato ci impone di riflettere a fondo». Dunque, è proprio necessario un nuovo insediamento produttivo delle dimensioni previste dal Pat? Se lo chiedono, a dire il vero, anche doversi cittadini asolani «neutrali», che non si schierano con le tesi dell'amministrazione comunale né, dicono loro, con le esagerazioni contrarie che sono circolate in questi giorni soprattutto sulla Rete: «Nella sostanza, è una questione di buon senso - è la sintesi della maggioranza silenziosa, nella Asolo storica arrampicata sulla collina così come giù a Casella, la principale frazione di pianura -: la maggioranza della popolazione pensa che non siano necessarie altre costruzioni industriali. Molto meglio riutilizzare i capannoni vuoti che ci sono già».
Dopo la ritirata dell'amministrazione comunale, la battaglia continua. Persino con toni epici, che non si sentivano dall'epoca della Berlino divisa tra Est e Ovest: «Siamo tutti asolani», scandisce Fernando Zilio, presidente dei commercianti di Padova, prendendo a prestito il celebre «siamo tutti berlinesi» di Kennedy per schierarsi contro gli effetti della cementificazione. «Lì c'era la guerra fredda per la difesa della democrazia, qui c'è una guerra per la difesa del territorio».
Quel Muro poi cadde. Il Pat vacilla vistosamente.

domenica 14 aprile 2013

Giù le mani da Asolo, Salviamo la Bellezza che ci può salvare

Giù le mani da Asolo, Salviamo la Bellezza che ci può salvare 
Marco Michielli, Presidente Confturismo Veneto 
Corriere del Veneto 13/4/2013 

Quali dolorosi versi dedicherebbe Robert Browning al cemento che minaccia Asolo? Quali fotografie potrebbe scattare Freya Stark se sullo sfondo di quel paesaggio dovessero stagliarsi, tra la collina e il piano, una zona industriale e 700 villette nuove? Su quale futuro scenario sta per infrangersi l'ideale di bellezza di Eleonora Duse e Caterina Cornaro? Ne sono certo, si stanno già rivoltando nella tomba. Il Pat progettato per quello che fu il loro luogo elettivo grida vendetta. Ancora una volta i sindaci rischiano di essere i peggiori nemici del loro territorio. Asolo, gioiello architettonico incastonato in un'altrettanto importante realtà paesaggistica, non deve piegarsi agli interessi di immobiliaristi che sembrano ignorare la realtà: 400mila appartamenti invenduti nel Veneto e una distesa di capannoni deserti. Con la crisi che ammazza le imprese e blocca il mercato edilizio, e la necessità di ristrutturare anziché costruire, stiamo per assistere all'ennesima speculazione che gli enti pubblici dovrebbero ostacolare anziché favorire. E non vorrei che sotto sotto, oltre a tutto questo che è già abbastanza, ci fosse il tentativo di costruire un centro commerciale, l'ennesimo in una regione già martoriata e con i consumi allo stremo. 

Qualche anno fa, facendo riferimento alle seconde case di nuova costruzione a Cortina, le avevo definite un «tumore per il turismo»: oggi non ho cambiato idea, e quella definizione la estendo anche alle zone industriali e commerciali che, insistentemente e a dispetto di una realtà e di esigenze che viaggiano in senso opposto, continuano a minacciare l'invasione del paesaggio, la nostra Bellezza Interna Lorda, come l'ha definita il direttore del Corriere del Veneto qualche tempo fa. Un brutto vedere è un colpo al cuore e, se è vero com'è vero, che il turismo è fatto soprattutto di emozioni, noi questo non dobbiamo accettarlo. Confturismo Veneto è impegnata su più fronti per affermare la necessità di un rinnovamento, in direzione sostenibile e a difesa della Bellezza come condizione indispensabile per il turismo. Il rilancio del Veneto deve ripartire proprio dalla Bil, felice acronimo che indica la vitalità di un patrimonio capace di formidabili risultati anche sul piano economico, dal quale inizialmente prescinde. 
Ecco perché ho sottoscritto l'appello lanciato su facebook dall'ex sindaco ed ex assessore alla Cultura del Comune di Asolo. La minaccia racchiusa nel Pat asolano sta facendo il giro del mondo e avrà anche per questo infelici ripercussioni sul piano turistico, con danni d'immagine per tutto il Paese: li vedo già, all'estero, scuotere la testa dopo aver letto gli articoli comparsi su The Guardian e nelle maggiori riviste straniere di ambiente e paesaggio, oltreché, naturalmente, sulla stampa nazionale e locale italiana. Perciò lancio un appello ai veneti: chiediamo di lasciare ai nostri figli orizzonti degni della nostra storia e del nostro futuro, di capire che in un periodo di crisi come questo c'è bisogno di comprendere da dove veniamo per non commettere gli errori del passato e guardare avanti senza doverci vergognare.