lunedì 26 aprile 2010

Un longobardo con le sue armi nella necropoli sotto la Rocca

Un longobardo con le sue armi nella necropoli sotto la Rocca
Martedì 20 Aprile 2010 PROVINCIA Pagina 28 - l'arena

Oggi la presentazione della scoperta avvenuta durante i lavori per il restauro della chiesa di San Pietro

Otto le sepolture già individuate oltre a una serie di reperti di notevole interesse: finora li hanno visti solo gli studenti

I resti di una necropoli romana sono stati rinvenuti nei pressi della chiesa di San Pietro, ai piedi della Rocca, sulla strada che conduce a Garda.
L'inattesa scoperta è avvenuta, casualmente, durante i lavori di restauro della chiesetta, che è documentata a partire dal 1281. Nel liberare dalla terra la base esterna della parete dall'edificio, con l'intento di costruire un cunicolo areato per salvaguardare lo stabile, ci si è imbattuti infatti in una serie di tombe risalenti al periodo tardo romano.
Immediatamente l'architetto Massimiliano Valdinoci, responsabile con gli architetti Michele Ruffino e Laura Musso di Torino del progetto di recupero dell'antico oratorio, ha avvisato la Soprintendenza Archeologica del Veneto.
Lo scavo archeologico, che è stato condotto sotto la direzione della dottoressa Brunella Bruno, ha cosi messo in luce una lunga sequenza di azioni e interventi, succedutisi sull'area prima dell'edificazione della chiesa di San Pietro.
Sono stati rinvenuti i resti e le strutture di un edificio risalente all'età romana sulla cui area, in seguito forse al suo abbandono, si sviluppò nell'altomedievo un'area funeraria.
Non è chiara l'estensione del complesso insediativo, né tanto meno della superficie cimiteriale; ma è proprio sopra alcune di queste sepolture che la chiesa si sviluppò nel corso dei secoli, sovrapponendosi quindi ai resti di aree funerarie romane e altomedievali, ma anche di una piccola strada.
Tra le sepolture ritrovate si distingue quella d'età longobarda di un uomo armato con scramasax (un lungo pugnale usato dai longobardi), inumato insieme a tutto il suo corredo. Il tutto è stato nelle settimane scorse catalogato e trasportato in un luogo sicuro. Ma prima di chiudere gli scavi, grazie all'interessamento dell'architetto Valdinoci e alla forte spinta dell'amministrazione comunale, la Soprintendenza del Veneto ha permesso, in via del tutto straordinaria, agli studenti della scuola secondaria di primo grado di Bardolino di poter visitare la necropoli.
Accompagnati dall'assessore alla cultura Marta Ferrari e dai rispettivi insegnanti le tre classi di studenti hanno potuto dunque ammirare, alla base del campanile di San Pietro, alcune tombe risalenti al IV e VI secolo, perfettamente conservate, e delle colombare, cioè delle nicchie dove venivano deposti monili o materiale a corredo funebre.
A dire il vero all'epoca della costruzione della chiesa di San Pietro queste tombe erano state già in parte individuate e in qualche misura profanate. Alcune però non furono mai scoperte e sono giunte ai giorni nostri perfettamente integre.
Tra gli oggetti rinvenuti anche un anello in ambra proveniente dal Mar Baltico con raffigurante un uomo e una donna che si guardano. In pratica un anello nuziale di qualche facoltoso uomo o donna dell'epoca.
È probabile che davanti a questa necropoli, otto le tombe rinvenute ma molte altre potrebbero essere conservate nel terreno che si estende all'interno del campeggio La Rocca, sorgesse anche una villa romana. D'altronde resti importanti d'insediamenti risalenti al periodo romano sono state rintracciate anche su Borgo Garibaldi, dietro l'ex chiesa della Disciplina dove sono in corso i lavori per la costruzione di una sessantina d'autorimesse interrate.
Nel tentativo di coinvolgere la popolazione e renderla edotta dell'importante ritrovamento avvenuto, a fianco della chiesa di San Pietro, l'amministrazione comunale ha programmato un incontro per questo pomeriggio con inizio alle 18,30 nell'ex chiesa della Disciplina.
Saranno presenti tra gli altri anche Federica Grazi della soprintendenza per i Beni architettonici e paesaggistici, Fabio Saggioro dell'università di Verona e di Silvia Lusuardi Siena dell'università cattolica di Milano. Insieme per fare il punto su una scoperta di assoluto rilievo.

venerdì 16 aprile 2010

Legambiente boccia il piano della Regione per il Garda

Legambiente boccia il piano della Regione per il Garda
Mercoledì 14 Aprile 2010 PROVINCIA Pagina 30 - LA PROVINCIA DI COMO

TERRITORIO. L’associazione chiede la «revisione integrale» del documento varato a Venezia

Legambiente Veneto boccia il piano d’area del Baldo-Garda, adottato alla vigilia delle elezioni il 15 marzo dalla giunta regionale.
«Nel chiedere la revisione integrale del Piano», spiega Michele Bertucco, presidente regionale dell’associazione ambientalista, «vogliamo citare le conclusioni della relazione della Valutazione ambientale strategica (Vas), che evidenziano come il piano non rappresenti una soluzione compiuta per alcune problematiche tipiche dell’assetto territoriale del Veneto, quali la diffusione insediativa, residenziale e produttiva, l’assetto della mobilità, l’uso bilanciato delle risorse naturali… Facciamo nostre queste conclusioni», dice Bertucco, «e chiediamo che venga predisposto un nuovo piano d’area, attento alle problematiche del Lago di Garda e del Monte Baldo».
Per Legambiente quindi tutto da rifare, dopo che ci sono voluti 14 anni perché la giunta veneta adottasse il documento definitivo.
Ora serviranno almeno altri nove mesi perché venga portato al voto del nuovo Consiglio Regionale e in questo periodo, enti locali e associazioni del territorio, possono presentare osservazioni al piano. Osservazioni che Legambiente aveva già presentato in fase di progetto preliminare, inviandone circa una trentina il 29 dicembre 2008.
«Tutte respinte», sottolinea Bertucco. Quindi entra nel merito. «Ci saremmo aspettati che accogliendo quanto scritto da Eugenio Turri nell’introduzione del provvedimento, il piano d’area fosse uno strumento di tutela del territorio. E invece, è un piano che nasce senza alcuna analisi sulla situazione del comprensorio: mancano studi sullo sviluppo urbanistico e sul consumo del territorio, un monitoraggio del fenomeno delle seconde case e dei finti alberghi, una analisi puntuale sulle emergenze ambientali e su una mobilità sostenibile e un ruolo di coordinamento della Regione con Provincia di Verona e Comuni. E allora perché usare le parole di Eugenio Turri e poi non fare nulla di quanto da lui indicato?», chiede Bertucco. Ricordando come «Turri poco prima di morire, nel 2005, aveva indicato come contributo al piano, due ingredienti fondamentali nella ricetta per la salvaguardia del Baldo-Garda: blocco della cementificazione e creazione del Parco del Baldo. Indicazioni che a guardarne oggi i contenuti del piano, rimangono lettera morta», precisa.
Nella rete dei grandi temi, Bertucco ne indica un paio: la residenzialità e la portualità, entrambi «in contrasto con il Piano territoriale regionale di coordinamento (Ptrc). Per la residenzialità», sottolinea, «è ancora più evidente, poiché già nel 1992, dopo i boom edilizi dei decenni dal 1961 al 1981 e che avevano portato ad un incremento del 40% degli alloggi, veniva ribadito che non appariva prevedibile un ulteriore incremento della popolazione totale di residenti e turisti… Ci si chiede quindi come sia stato possibile predisporre un Piano d’area, che non fa nessuna analisi su quanto accaduto dal 1992 a oggi; non fornisce nessun dato sul consumo di territorio; non si sofferma sui dati relativi alle seconde case, sia sul Garda che nell’entroterra, ma soprattutto non svolge nessun ruolo di coordinamento sulle politiche urbanistiche dei singoli comuni, in netto contrasto sia con il Ptrc, che con le previsioni per la elaborazione dei piani d’area della Regione».
Anche in tema di portualità, Legambiente, precisa: «È in contrasto con il Ptrc vigente, il quale prevede di fissare in circa 4 mila unità il limite di tolleranza dei posti barca, oltre il quale insorgono fenomeni di congestione, inquinamento. Tale limite è già raggiunto».
«La flotta del lago risulta composta da circa 2.600 imbarcazioni di lunghezza inferiore ai 6 metri e con motore inferiore ai 20 cv, pari al 65 per cento del totale delle barche; 1400 di lunghezza superiore e potenza superiore ai 20cv (il 35%); a queste si debbono aggiungere quelle carrellate che nella stagione turistica, sono stimate in circa 10 mila». dunque «si tratta di quantità imponenti, ben oltre la quota limite fissata di 4 mila dal Ptrc», conclude Bertucco.

venerdì 9 aprile 2010

Noi, sordi vittime dei nostri educatori. Gli ex allievi del Provolo non vedranno mai giustizia

il Fatto 8.4.10
Noi, sordi vittime dei nostri educatori. Gli ex allievi del Provolo non vedranno mai giustizia
di Vania Lucia Gaito

Mi chiamo Gianni Bisoli, sono nato a Sirmione il 15 settembre 1948. Sono diventato sordo a otto anni circa. Ho cominciato a frequentare l’Istituto Antonio Provolo di Verona all’età di nove anni. Tre mesi dopo la mia entrata in istituto e fino al quindicesimo sono stato fatto oggetto di attenzioni sessuali. Sono stato sodomizzato e costretto a rapporti orali e masturbazioni dai seguenti frati e fratelli laici: don Giuseppe, don Arrigo, don Aleardo, don Giovanni, don Alcide, don Luigi, don Rino e don Danilo, don Nicola, don Giovanni, don Basco, don Agostino, don Giuseppe, fratello Erminio. Devo ancora dichiarare che, dall’età di 11 anni fino ai 13 anni, sono stato più volte accompagnato nell’appartamento del vescovo di Verona, monsignor Giuseppe Carraro, dove il vescovo stesso mi ha sodomizzato e preteso altri giochi sessuali”.
E’ solo una delle tante testimonianze degli ex studenti dell’Istituto Provolo di Verona, uno fra gli scandali che sta investendo la Chiesa cattolica italiana. Violenze protrattesi dagli anni ’50 fino al 1984, avvenute sia all’interno dell’istituto sia nella colonia estiva Villa Cervi, a San Zeno di Montagna.
Oggi l’Istituto Provolo ha tre sedi tra Verona, Villafranca e San Michele Extra e offre corsi di formazione professionale anche a giovani in obbligo formativo tra i 14 e i 18 anni. Vanta, tra i propri clienti e partners, comuni, province e regioni e riceve anche finanziamenti pubblici, oltre alle donazioni attraverso il meccanismo del 5 per mille. E annovera tra i suoi religiosi sette dei 25 sacerdoti accusati da 67 ex studenti.
Le prime denunce da parte dell’associazione degli ex allievi dell’Istituto Provolo risalgono al 2006, quando si rivolsero al vescovo di Verona perché i sacerdoti ancora all’istituto venissero trasferiti.
La molla della denuncia era scattata alla notizia dell’apertura di una casa-famiglia per bambini sordi con difficoltà familiari, gestita dagli stessi religiosi della Congregazione della Compagnia di Maria del Provolo.
Non ottenendo nulla, nel gennaio 2009 gli ex studenti decisero di rendere pubblico il caso. Tuttavia il ricorso alla magistratura era inutile, perché nel frattempo era intervenuta la prescrizione.
“Il 23 gennaio dello scorso anno, nel corso di una conferenza stampa alla Camera dei deputati, abbiamo chiesto che il vescovo Zenti intervenisse affinché i sacerdoti accusati e ancora in vita rinuncino alla prescrizione, così la magistratura potrà fare le indagini necessarie” afferma Marco Lodi Rizzini, portavoce dell’associazione degli ex studenti. Un appello caduto nel vuoto, perché monsignor Zenti ha preferito strade diverse, una linea dura di contrattacco: in una conferenza stampa affermò di essere convinto che si trattasse “di una montatura, di menzogne”, e accusò Dalla Bernardina, presidente dell’associazione, di aver strumentalizzato i sordi: “Venne da me non a denunciare fatti di pedofilia, sia ben chiaro, ma ad accampare pretese sui beni immobili dell’Istituto”. Parole che sono valse al vescovo una querela che, nel luglio scorso, ha rischiato di essere archiviata. L’associazione ha proposto ricorso contro l’archiviazione e il prossimo 9 giugno il gip dovrà prendere una decisione. “L’affitto che ci viene richiesto per l’immobile su cui si dice che accampiamo pretese è di 200 euro” spiega Lodi Rizzini. “Se considera che siamo 420 soci, oltre il 90% dei sordi di Verona e provincia, bastano meno di venti centesimi ciascuno a pagare l’affitto. Quelle del vescovo Zenti sono accuse assurde. Continuano a parlare di pretese patrimoniali, ma noi non abbiamo mai chiesto soldi. Vorrei che specificassero di quali pretese patrimoniali si tratta”.
Una parziale marcia indietro, una parziale ammissione c’è stata dopo un’indagine della Curia che ha acclarato alcune responsabilità. Poi, a metà di febbraio di quest’anno è stato reso noto che i casi di abusi saranno analizzati dalla Congregazione per la dottrina della fede, ma nessuno dei 67 ex studenti che hanno denunciato è stata sentito o contattato dai prelati del Vaticano.
Sulle vicende del Provolo, un cupo silenzio anche da parte dei politici italiani, fatta eccezione per i Radicali che, nel luglio scorso, presero anche parte ad una manifestazione organizzata a Verona dall’associazione. Un lungo corteo muto lungo corso Cavour, corso Portoni Borsari e piazza Bra, per chiedere che venisse fatta chiarezza. E giustizia.
“Negli Stati Uniti è stato aperto un anno ‘finestra’ per denunciare anche abusi subiti molti anni prima. In Irlanda è stato il governo a commissionare le inchieste che hanno svelato migliaia di abusi. In Germania il cancelliere Angela Merkel è intervenuta in maniera netta e decisa” prosegue Lodi Rizzini. “Occorrerebbe maggiore determinazione nel fare chiarezza anche in Italia.”