martedì 27 gennaio 2009

La battaglia di Bassano sui grattacieli di Portoghesi

La battaglia di Bassano sui grattacieli di Portoghesi
FRANCESCO ERBANI
LA REPUBBLICA, 27 GENNAIO 2009

Il progetto di tre torri divide il paese veneto. "Rovinano l´orizzonte"

Tre torri alte più di sessanta metri, due delle quali firmate da Paolo Portoghesi. Per alcuni sono l´incubo che grava sul centro storico di Bassano del Grappa, quieta cittadina nel cuore del Veneto, bagnata dal Brenta ai piedi delle Prealpi vicentine. Per altri rappresentano l´opera d´architettura progettata da uno dei maestri del contemporaneo che rimetterà ordine in una zona periferica e degradata, sistemandola a verde.



Il progetto di tre edifici alti 60 metri, che sorgeranno in un´area periferica, divide il paese del Veneto Lite politica e associazioni all´attacco: per alcuni è uno scempio, per altri un piano di respiro europeo
A Bassano le torri della discordia "Oscurano il profilo delle Alpi"

Il disegno di due dei grattacieli è dell´architetto Paolo Portoghesi che ha firmato opere in tutto il mondo
È anche nato un comitato cittadino contrario alla costruzione dei nuovi fabbricati che dovranno ospitare uffici




Deturpano il paesaggio, insistono i primi, per trovarne di simili occorre scendere la valle fino a Padova. Sono un´iniziativa ardita che porta un clima europeo, è la replica.
Le torri sono ancora un progetto, ma il paese è spaccato. Il consiglio comunale pure: diciannove i voti favorevoli alla variante urbanistica che consente la costruzione (Forza Italia e An, i partiti che sostengono la giunta), undici i contrari (il Pd e anche la Lega, che è all´opposizione ed è uscita al momento del voto). Contrario anche il vicesindaco, un tecnico di An. Gli oppositori hanno avviato un ricorso al Tar e hanno promosso un sondaggio: su 1.700 interpellati il settanta per cento non vuole le torri.
Portoghesi come Renzo Piano, il cui progetto a Torino è stato accusato di sfidare in altezza la Mole Antonelliana e di alterare lo skyline del tessuto urbano proiettato sulla corona alpina. A Bassano gli addebiti sono gli stessi. Le torri di Portoghesi - superficie ovale, volume a cono rovesciato - sorgerebbero ad appena cento metri da un centro storico fatto di edilizia minuta, orgoglioso del suo ponte e di alcune ville palladiane, un centro storico fra i più conservati in un Veneto invaso da capannoni e villette, com´è la stessa periferia di Bassano.
Il palazzi diventerebbero l´elemento dominante di un paesaggio di pianura che ha per sfondo le montagne. Qui, dicono in paese, l´oggetto più alto è una torre di quarantatré metri e solo nella periferia sud c´è l´edificio del nuovo ospedale che raggiunge i cinquanta. Il piano regolatore prevede che nessuna nuova costruzione possa superare i diciannove metri (e anche per questo è stata necessaria una variante per approvare gli edifici di Portoghesi).
Di rimettere mano a quella zona di Bassano si parla da decenni. Due anni fa, cambiando i precedenti progetti, i proprietari dell´area hanno chiesto di spostare le cubature in verticale. E hanno iniziato a salire. In un primo momento è stata raggiunta quota quarantacinque metri, poi cinquantacinque. Ora si superano i sessanta. Alle due torri di Portoghesi, intanto, se n´è aggiunta un´altra. E nell´ottobre scorso il consiglio comunale ha dato il via all´edificazione. Si è formato un comitato, "La nostra Bassano", si sono mobilitate le associazioni di tutela, in particolare Italia Nostra e il Fai. In un primo tempo sembrava che le torri dovessero ospitare anche residenze. Adesso, invece, pare che siano destinate a uffici. «Ma da noi ci sono centinaia di appartamenti sfitti - insiste Carmine Abate, di Italia Nostra - molto resta invenduto. Ma si continua a costruire».

domenica 25 gennaio 2009

Firma anche tu l'appello al governatore Galan perchè si attivi per la causa di Eluana

Firma anche tu l'appello al governatore Galan perchè si attivi per la causa di Eluana
Appello al presidente della Regione Veneto, Giancarlo Galan, affinché si attivi subito per offrire la disponibilità delle strutture sanitarie venete per far rispettare la sentenza della Cassazione
http://apps.facebook.com/causes/195307?m=611088da&recruiter_id=30188356

mercoledì 21 gennaio 2009

Cittadella, i reperti non mettono in forse il cantiere

Cittadella, i reperti non mettono in forse il cantiere
corriere del Veneto - VERONA - 21-01-2009, pag. 7

Le antiche mura

Niente di romano, e nemmeno niente di riconducibile per il momento ad un contesto storico ed architettonico che si possa in qualche modo ricostruire.
Tanto basta per la Soprintendente ai Beni Archeologici Giuliana Cavalieri Manasse per definire di scarso rilievo il ritrovamento emerso durante gli scavi per la realizzazione del nuovo garage interrato in piazza Cittadella.
«Questo - spiega l'esperta - è il mio parere. Poi sarà la Soprintendenza ai beni architettonici, ai quali la pratica viene trasmessa, a decidere se si procederà ad una demolizione per portare a termine i lavori».
Stando alla relazione dei tenici, ciò che è emerso è un «brandello di muro, risalente al XVI-XVII secolo, un brandello a partire dal quale non si riesce a formulare un'ipotesi. Accanto al muro - si legge nel documento consegnato alla sovrintendenza - è stato ritrovato anche un pozzo risalente all'età moderna. Nessun ritrovamento di età romana è apparso invece durante gli scavi.
Del resto la zona di piazza Cittadella non risulta essere stata particolarmente insediata in età romana, mentre è stata molto vissuta successivamente, in età medievale, subendo una serie di spianamenti e di abbassamenti».
È possibile che durante i lavori per la realizzazione del garage interrato realizzato alla fine degli anni Cinquanta i ritrovamenti fossero più ampi e di maggior interesse?
«Esiste una relazione fatta all'epoca - spiega ancora la soprintendente è possibile che allora ci fossero resti della cittadella viscontea, ma allo stato attuale è difficile collegare gli attuali ritrovamenti con quelli documentati cinquant'anni fa».
Camilla Bertoni Rilievi
I tecnici della sovrintendenza al lavoro sui reperti scoperti durante gli scavi di piazza Cittadella

Ederle 2, la Regione dice sì al progetto

Ederle 2, la Regione dice sì al progetto
Corriere del Veneto - VICENZA - data: 21-01-2009, pag: 10

Il sindaco: è stata una carnavalata, porteremo gli incartamenti al Tar
Soddisfatto il commissario Costa: «Lieto che il disegno abbia superato la valutazione paesaggistica»
«Crostoli, frittelle e conferenza dei servizi sul Dal Molin a fungere da coriandoli. Ma non si creda di proseguire con tale fretta e pressappochismo: se a questa carnevalata seguirà un'autorizzazione ufficiale, il Comune di Vicenza farà ricorso al Tar». Non è andato male, bensì malissimo, l'appuntamento veneziano a cui ha presieduto ieri l'amministrazione comunale di Vicenza, convinta di discutere di particolari urbanistici e tecnici della relazione paesaggistica sul progetto della base Usa e trovatasi, invece, ad un tavolo dove sono comparse nuove carte e dove tutti i presenti erano già pronti a dare il proprio parere favorevole. «Noi ci avevamo creduto davvero – esordisce il sindaco - . Pensavamo che la conferenza dei servizi potesse rappresentare un'occasione per chiarire i seri dubbi ambientali che la nuova base ci pone e che potesse mettere la città di Vicenza nella condizione di sapere. Invece si è trattato di una carnevalata. Come si fa a liquidare in questo modo le richieste legittime che io faccio a nome dei cittadini? Sono indignato e mi riservo di agire anche sul piano legale». Alla conferenza, formata da Regione, Soprintendenza per i beni architettonici e del paesaggio e Comune di Vicenza, competente ad esprimere un parere sulla relazione paesaggistica del progetto Dal Molin, ieri ha partecipato l'assessore Francesca Lazzari, il dirigente del dipartimento per la progettazione e innovazione del territorio architetto Antonio Bortoli e il dirigente del servizio amministrativo del dipartimento del territorio avvocato Loretta Checchinato. «L'incontro è stato frettoloso e superficiale e per di più sono stati presentati due nuovi elaborati visti da noi per la prima volta spiega l'assessore Lazzari - la riunione, dunque, si è conclusa con l'espressione del parere positivo alla relazione paesaggistica da parte di Regione e di Soprintendenza e da un “non parere”, che corrisponde a un parere contrario, da parte del Comune perché non siamo stati messi in grado di esprimerci con la necessaria sicurezza, documentazione e consapevolezza». E ancora: «Gli uffici hanno lavorato ore e ore per approfondire questo problema, ma le loro osservazioni, tutte tecniche, non sono state nemmeno lette – tuona ancora il sindaco - . Hanno detto che le passeranno a Costa? Mi chiedo a che titolo. Regione e Soprintendenza, che dovevano approfondire con noi questo delicato tema, hanno chiaramente voluto chiudere in gran fretta, anche se la conferenza dei servizi aveva novanta giorni di tempo per valutare la questione. Gli americani non si meritano tanta mediocrità; è nel loro interesse partire con i lavori in modo chiaro e tranquillo». Nel frattempo, il commissario Paolo Costa rilascia commenti completamente opposti: «Sono lieto che il progetto di ampliamento della base militare americana abbia superato anche la valutazione paesaggistica – annuncia Costa - una valutazione tutt'altro che burocratica, che ha prodotto suggerimenti, anche grazie al contributo attivo del Comune di Vicenza, dei quali sarà mia cura far tenerne debitamente conto nella fase finale di redazione del progetto».
Silvia Maria Dubois

La Spa tra gli affreschi Quelle ville «riscoperte»

La Spa tra gli affreschi Quelle ville «riscoperte»
Corriere del Veneto - VENEZIA - 21-01-2009 pag: 13

Barbarich, Bragadin, Paganello: corsa al recupero Il sogno di demolire il palazzo che le oscura

Villa Barbarich, lungo la Castellana, a Zelarino. Una villa che custodisce oltre mille metri quadrati di affreschi cinquecenteschi pronta a diventare un hotel. Ma anche un palazzetto del Seicento che per decenni ha ospitato un'officina meccanica e un panificio e che ora, invece, sta per tornare all'antico splendore grazie a un restauro accurato. Palazzo Bragadin, all'incrocio di via Ca' Rossa e via San Donà, due strade simbolo della Mestre violata a partire dagli anni '50 con demolizioni di ville antiche e colate di cemento, è l'emblema della rinascita di molte ville mestrine: in controtendenza rispetto al normale mercato immobiliare, i palazzi e le ville superstiti della terraferma sono al centro di un nuovo boom. «Sarà che i privati cominciano a capire il valore inestimabile delle loro proprietà spesso abbandonate da decenni - spiega l'assessore all'Urbanistica Gianfranco Vecchiato - sarà che si è consolidata una nuova coscienza collettiva, fatto sta che i segnali di un nuovo fenomeno ci sono tutti ».
Villa Tivan, per esempio, recentemente restaurata ospita gli uffici del Demanio Civile, ma anche villa Barbarich, un gioiello della Castellana per cui, proprio in questi giorni, è stata presentata la documentazione per un recupero radicale, per accogliere un nuovo albergo con tanto di Spa seminterrata per non mutare il paesaggio i cui cantieri dovrebbero partire entro l'estate. E poi, ancora, c'è la questione della barchessa settecentesca di villa Paganello sulla Gazzera, un piccolo capolavoro «oscurato» dagli anni '60 da un anonimo condominio che il Comune spera di far demolire per scoprire la facciata della barchessa e l'antica piazzetta. «Per fortuna la proprietà dell'immobile è unica - spiega Vecchiato - e con Ive stiamo lavorando a un accordo con la proprietà per commutare i 12 appartamenti e i due negozi e poter così procedere con la demolizione». Ive, da parte sua, attende di completare il piano per via Mattuglie, il terzo lotto di social housing in terraferma, per valutare la possibiltà di inserire anche la commutazione del condominio da demolire.
Investimenti importanti che, senza l'intervento di privati, sarebbe difficile immaginare. Così a villa Barbarich, che vanta un piano nobile coperto da mille metri quadrati di affreschi risalenti a fine ‘500 (si ipotizza della scuola di Veronese) che arrivano a ricoprire persino i battiscopa, si è mossa una cordata di imprenditori e si è dovuto aspettare l'avvallo delle banche, Unicredit in testa, per iniziare a progettare il recupero. «Il periodo non è dei migliori spiega l'architetto Nicola Randolfi che sta seguendo l'intervento - infatti dai quindici imprenditori iniziali siamo arrivati a cinque, sei. Ma ora, finalmente la situazione si è sbloccata, abbiamo già il nulla osta della Sovrintendenza, dei vigili del fuoco e dell'Asl. Aspettiamo solo il via libera dall'Edilizia Privata ». Due anni di lavori e svariati milioni di investimento per trasformare la villa in un hotel d'élite che spera di avvantaggiarsi dalla vicinanza del nuovo ospedale dell'Angelo, non a caso il progetto iniziale prevedeva anche una piscina interrata per la riabilitazione. L'elenco delle ville e dei monumenti salvati in terraferma comincia a essere lungo e include anche la chiesetta di Zelo alla Cipressina che ha evitato il degrado grazie all'ingegnoso sitema di aerazione naturale progettato dai suoi architetti o villa Elena, della Curia, oggi adibita a struttura per malati terminali. Per tanti successi, altrettanti sono i casi di capolavori storico- architettonici ancora in pericolo, come, ad esempio, la maestosa villa Friedenberg a Chirignago, lungo l'Asseggiano.
Martina Zambon

Il cantiere «taglia» la strada

Il cantiere «taglia» la strada
Mercoledì 21 Gennaio 2009 CRONACA Pagina 12 L'ARENA

DISAGI. I negozianti si lamentano per le difficoltà create dalla realizzazione di 750 posti auto interrati. E anche qui dal sottosuolo emerge un pezzo di muro antico

In piazza Cittadella l’allargamento dell’area dei lavori rischia di mettere ko le attività commerciali

È una lenta agonia quella dei commercianti di piazza Cittadella. Il cantiere per il parcheggio sotterraneo che si è allargato verso ponte Cittadella, tagliando metà della strada che era stata messa in sicurezza e a un solo senso di marcia in direzione via Montanari, ha davvero messo in ginocchio le attività commerciali che qui si affacciano. Inoltre le passerelle, chieste dal comitato sorto proprio per cercare di far sopravvivere i negozi durante il periodo di realizzazione dei 750 posti auto interrati, sono davvero «misere»: quella che costeggia villa Bolla è talmente stretta che una mamma con la carrozzina non ci passa.
Poi manca l’illuminazione in quella che si trova nella parte opposta del cantiere e si affaccia in via Volto Cittadella, dove ha sede l’istituto scolastico Seghetti. Come se non bastasse, ora durante i lavori sono emerse delle mura antiche. C’è chi dice siano medievali, chi invece assicura siano di poca importanza. La paura che i lavori a causa di questo ritrovamento rallentino portando ancora più danno alle attività commerciali c’è comunque tutta. «Sapevamo che si sarebbe arrivati a questo punto», spiega Michele Zordan titolare della libreria Dante, riferendosi al restringimento della strada. Lui i paletti che sono stati messi a sicurezza dei pedoni ha la sensazione di sentirseli addosso stando dietro il bancone. «Siamo disperati. Per di più non sappiamo dove far scaricare la merce. Qui a malapena passa un autobus. Non è più una strada ma un corridoio», fa notare parlando tutto d’un fiato. «E poi ci sono quei muri, finirà come per lungadige Capuleti?».
L’assessore alla mobilità Enrico Corsi butta acqua sul fuoco, e anche se aveva già avvisato i commercianti che il cantiere si sarebbe allargato ci tiene a ricordare che i disagi erano da tenere in conto. «Purtroppo la situazione rimarrà così per tutto il 2009. Solo il tempo dei lavori», spiega per poi rassicurare in merito ai ritrovamenti. «La soprintendente archeologica, Giuliana Cavalieri Manasse, mi ha già detto che non è stato rinvenuto nulla di così importante. Ora attendiamo che l’altra soprintende, Sabina Ferrari, dia il permesso di abbattere il muro».
Questa volta si tratterebbe di reperti di poco conto che fanno tirare un sospiro di sollievo ai commercianti. «A giorni avremmo un altro incontro con gli amministratori», dice Fabio Pedron, portavoce del comitato dei commercianti della piazza, «cercheremo di mettere i puntini sulle “i” per quanto riguarda le passatoie, affinché vengano ben illuminate. Per il resto siamo preoccupati ma sapevamo a cosa andavamo incontro. Speriamo che quest’anno passi in fretta e che non ci siano disguidi».
Una certezza per i commercianti comunque c’è. Se nel progetto approvato dalla precedente giunta piazza Cittadella assomigliava inesorabilmente a piazza Isolo, con il nuovo progetto non sarà più così. Lo assicura l’assessore ai giardini Paolo Tosato. «Il mio compito arriverà subito dopo la copertura del parcheggio interrato. Stiamo valutando l’inserimento di una piccola area verde».
A.Z.

martedì 20 gennaio 2009

La guerra alle brutture comincia dal progetto

La guerra alle brutture comincia dal progetto
LINO GAMBARETTO
Martedì 20 Gennaio 2009 PROVINCIA Pagina 29 L'ARENA

Il nuovo regolamento vincola l’installazione di sistemi tecnologici al «sì» della commissione edilizia integratA

Si deve indicare in anticipo la collocazione di tende, antenne, condizionatori e insegne pubblicitarie sulle facciate delle abitazioni

Sono cambiate a Soave le norme per installare cartelloni pubblicitari e insegne, antenne paraboliche e satellitari, condizionatori con gruppi refrigeranti esterni e tende parasole. Il Consiglio comunale ha infatti modificato il regolamento edilizio nella variante al Piano regolatore tornata da poco dalla Regione, vincolando al parere della commissione edilizia integrata per i beni paesaggistici e architettonici l’installazione o meno di tali apparati tecnologici su nuovi edifici.
In pratica, la commissione integrata concederà l’installazione in base ai progetti presentati per costruire case, uffici e negozi. Questi, d’ora in avanti, dovranno prevedere dove installare tali strutture e apparecchiature esterne, pena l’impossibilità di collocarle. La norma recita che tali situazioni sono soggette «al parere della commissione edilizia integrata e quindi necessitano di autorizzazione paesaggistica e previo nulla osta della Soprintendenza».
Si tratta di posizionare su pareti esterne cartelloni, insegne e altri mezzi pubblicitari, così come antenne paraboliche, satellitari e gruppi refrigeranti su tetti, lucernari, finestre, mura e poggioli.
Le stesse regole valgono anche per l’apertura, la modifica o la sostituzione delle vetrine dei negozi, le intonacature, le decorazioni pittoriche e le colorazioni esterne, i rivestimenti e gli ornamenti di qualunque genere delle pareti esterne degli edifici, con l’esclusione delle grondaie e delle scossaline e di elementi che fanno da gocciolatoio, sia pure sporgenti da balconi e poggioli.
In ultima analisi riguarda anche la rimozione, l’installazione o la modifica di recinzioni, nonché l’inserimento nelle ringhiere di cancelli pedonali e carrai.
La stessa cosa vale già per i pannelli solari montati sulla falda di copertura degli edifici, che la Soprintendenza ai beni architettonici ha iniziato in taluni casi a vietare. Va ricordato, infatti, che tutto il territorio soavese, per la sua particolarità e storicità, è vincolato e quindi ogni intervento urbanistico e edilizio deve ottenere il benestare della Soprintendenza.
«Questa nuova norma è stata adottata per evitare soluzioni discutibili che possono deturpare l’aspetto caratteristico del nostro centro storico e dell’abitato», spiega il sindaco, Lino Gambaretto. «Fortunatamente a Soave non ci sono molti casi finora: con questa norma, quindi, da adesso in avanti andremo a regolamentare questo tipo di installazioni tecnologiche, anche perché oggi esistono soluzioni, ad esempio per i corpi refrigeranti, meno impattanti, che hanno sia lo split che la macchina all’interno».
Ma dove condizionatori con apparato esterno e antenne paraboliche sono già installate, il Comune le lascerà stare? «Assolutamente no», risponde categorico Gambaretto, «segnaleremo agli interessati di trovare soluzioni diverse. Antenne satellitari e quant’altro dovranno essere tolte dalle facciate degli edifici, soprattutto se si trovano vicino a chiese o ad altri immobili e luoghi di interesse storico, artistico e paesaggistico».
«Dovranno essere poste in posizioni poco visibili, o essere mascherate il più possibile», chiarisce il sindaco, «e dove ci sono più alloggi, come nei condomini, la stessa antenna satellitare o parabolica dovrà avere un utilizzo comune per tutti i residenti. Tali accorgimenti salvaguarderanno il nostro centro urbano da brutture».

domenica 11 gennaio 2009

Conti in rosso, la Provincia si prepara a vendere

Conti in rosso, la Provincia si prepara a vendere
Corriere del Veneto - VICENZA - 2009-01-04 num: - pag: 9

Pronta la lista degli immobili da alienare: c'è anche il complesso di San Rocco
La Fondazione Cariverona è pronta a mettere sul piatto 4 milioni e mezzo di euro. In lista anche l'ex Siamic e villa Cariolato

Per riuscire a trovare le risorse finanziarie indispensabili per tirare avanti, in tempi in cui i rispettivi bilanci sono messi a dura prova, Comune e Provincia stanno mettendo a punto un piano di alienazione degli edifici pubblici che dovrebbe garantire nel termine più breve possibile quel che i tagli ai trasferimenti, e le conseguenti minori entrate, stanno facendo mancare alle casse pubbliche.
Al momento il primo ad essersi mosso, e con rapidità, è proprio Palazzo Nievo che ha già stilato un piano che sarà approvato nelle prossime settimane e che secondo le stime farà affluire nella casse circa 19 milioni di euro. Una cifra tonda e troppo ghiotta per essere persa. Per quanto riguarda invece Palazzo Trissino tutto è ancora da decidere, anche se in previsione ci sono 2,3 milioni di euro che dovrebbero arrivare dalla vendita di immobili di proprietà comunale. In più vi sono alcune strutture in comproprietà con la Provincia, e già inserite da quest'ultima nel «listone», con la possibilità dunque di disporre tra qualche tempo di qualche soldo in più. Anche perché per dare vita ai cantieri del 2009, una sessantina opere, la giunta Variati ha a disposizione poco più di 20 milioni di euro. Pare quindi scontato l'utilizzo delle strumento delle alienazioni che si trasforma in un doppio risparmio: la vendita e la mancanza successiva di spese di gestione della struttura venduta.
«Con l'ultima finanziaria Tremonti ci viene chiesta la valorizzazione del patrimonio - spiega l'assessore provinciale al Patrimonio Nereo Galvanin – il nostro obiettivo è quello di incassare una somma importante. Al momento abbiamo inquadrato gli immobili ex Ipai (l'istituto per l'assistenza all'infanzia), compreso il complesso cittadino di San Rocco, fino all'edificio ex Siamic in viale Verdi. Più sparsi per il territorio ci sono strutture e terreni di proprietà provinciale. Poi il passo successivo è quello di trovare soggetti pubblici o privati, anche se i secondi sono i più probabili, che siano disposti ad investire». Ci sarebbe già un primo offerente, e un primo progetto, per quanto riguarda il complesso di S. Rocco che è detenuto al 50 per cento dalla Provincia e per il restante dal comune di Vicenza. L'intesa tra le due amministrazioni già ci sarebbe e a fare un primo passo sarebbe stata la fondazione Cariverona. Una vendita che potrebbe fruttare alle parti all'incirca 4,5 milioni di euro. L'idea successiva sarebbe quella che la Fondazione assegni la strutture rinnovata e ristrutturata in comodato gratuito al Comune per ricavarne una sorta di cittadella del sociale.
A tutto questo si dovrebbero aggiungere altri quattro milioni per una cessione dell'immobile ex Siamic, che si trova all'incrocio tra viale Verdi e via Battgalione Monte Berico. Le vendite dovranno essere effettuate tramite della gare pubbliche, ma se la controparte è un ente statale si può andare a trattativa privata. «Alcune di queste entrate – continua Galvanin – potrebbero arrivare in maniera maggiore dalla vendita di alcuni terreni in provincia, penso ai comuni come Marostica, Arzignano, Lonigo o Montecchio Precalicino. Penso anche a a Villa Cariolato Melloni a Bertesina ». Il documento con le alienazioni sarà presentato in consiglio provinciale nelle prossime settimane e contiene anche la dismissione di una vasta area produttiva artigianale industriale a Lonigo per un valore di circa 6 milioni.
Poi nella lista un milione di euro dovrebbe arrivare dalla vendita di alcuni edifici ad Arzignano ed uno a Marostica, che attualmente sono gestiti dai Comuni per i servizi di scuola materna e asilo nido. Palazzo Nievo ha già manifestato la sua volontà agli interessati. L'unico scoglio è che sarebbero gli stessi Comuni a doversi sobbarcare la spesa e in periodi di bilanci molto ristretti il pericolo è che preferiscano non accettare.
Tommaso Quaggio

Ecomostro, allarme crepe sulla diga

Ecomostro, allarme crepe sulla diga
Carlo Mion
La Nuova di Venezia 05/01/2009

CAORLE. Ecomostro, sempre più gravi i danni alla diga, La protezione civile ha sistemato sulle crepe dei sacchi di sabbia per impedire che l’acqua del mare s’insinui nella diga danneggiandola irrimediabilmente. La fessurazione si sta sempre più allargando ed è tenuta sotto controllo sia dai tecnici comunali che da quelli della ditta Carron. Nel frattempo si è costituito il collegio peritale che dovrà valutare i danni causati dai lavori agli edifici che sorgono attorno all’enorme scavo di piazza Roma. Nelle scorse settimane le opposizioni hanno inviato un esposto alla Procura della Repubblica per segnalare quanto sta accadendo a Caorle in seguito ai lavori per la realizzazione del cosidetto ecomostro. Ma nemmeno i firmatari l’esposto pensavano che la situazione peggiorasse di giorno in giorno come invece sta accadendo ora. La fessurazione sulla diga procede di un millimetro la settimana. E sembra ci siano stati pure delle accelerazioni nella fase di cedimento. Viene tenuta sotto controllo dai tecnici comunali e da quelli della Carron, l’impresa che sta lavorando in via Roma. Le misurazioni vengono effettuate tramite un sistema satellitare. La protezione civile, per impedire all’acqua di infiltrarsi nella fessurazione ha messo dei sacchi di sabbia. La situazione preoccupa non poco il sindaco Marco Sarto. Nei giorni scorsi in Comune si è costituito il collegio peritale che dovrà stabilire i danni, al fine del risarcimento, subìti dalle abitazioni adiacenti al cantiere per la realizzazione dell’ecomostro. Il sindaco ha accolto le richieste del perito Leopoldo Comparin nominato dai cittadini danneggiati. Alla riunione di costituzione del collegio erano presenti oltre al sindaco Marco Sarto anche gli assessori all’Edilizia e all’Urbanistica, il responsabile dei lavori pubblici Enzo Lazzarin, il direttore dei lavori e progettista Luigi Muffato e un rappresentante della ditta Carron Spa. Sono stati analizzati e portati a conoscenza tutti i dati e i rilievi strumentali effettuati nell’ultimo periodo sull’area interessata ai dissesti, concordando che nelle ultime due settimane le crepe si sono allargate di oltre un millimetro la settimana. Secondo gli esperti il fenomeno si sta assestando, grazie anche ai lavori di getto dei piani sotterranei e quindi al conseguente rafforzamento dei diaframmi di contenimento, che sono continuati anche durante le festività. Il mancato fermo dei lavori durante la pausa natalizia ha acceso nuove polemiche e molti cittadini si sono rivolti al sindaco per protestare contro i rumori e il continuo via vai di camion.

In arrivo un milione di metri cubi a Tessera

In arrivo un milione di metri cubi a Tessera
Nicola Pellicani
Il Mattino di Padova 08/01/2009

VENEZIA. Non c’è solo Veneto City. La mega-operazione immobiliare progettata alle porte di Dolo, non è l’unica pronta al decollo in provincia di Venezia. Se ne parla molto meno, ma ciò non significa che il Quadrante di Tessera, non rappresenti un’operazione meno significativa, destinata a modificare il paesaggio in riva alla laguna, a poche centinaia di metri dal Marco Polo. E’ da oltre un decennio che nel punto dove la bretella aeroportuale incrocia la Triestina, il Comune intende realizzare il nuovo stadio. Ma, preso atto che non c’era imprenditore al mondo disposto a costruire un impianto sportivo a Mestre senza null’altro intorno, ha ideato un ingegnoso quanto complicato meccanismo, in base al quale lo stadio verrà finanziato dalla valorizzazione di una superficie attigua di circa 375 mila metri quadri, che da agricola sta per diventare edificabile con destinazione ad Attività Economiche Varie (Aev). Metri cubi. In quest’area, non appena sarà concluso l’iter amministrativo, grosso modo in primavera, che recepirà l’accordo siglato lo scorso aprile tra Comune, Regione e Save, sarà possibile costruire 750 mila metri cubi di cemento a destinazione commerciale, direzionale e ricettiva, compresa la nuova sede del casinò. Mentre lo stadio è pensato per essere realizzato dall’altra parte della bretella (vedi cartina) all’interno di un vero e proprio villaggio dello sport e del divertimento, in cui sarà possibile costruire anche un’arena per gli spettacoli e una serie di opere connesse, ovvero riservate al commercio, alla ricettività e ai servizi. In tutto altri 335 mila metri cubi, escluso ovviamente l’ingombro dello stadio che, secondo le leggi urbanistiche non ha volumetria, nonostante l’impatto sul territorio non sarà esattamente neutro. Sono i misteri della burocrazia. Comunque sia, la somma delle due operazioni immobiliari, che poi sono una cosa sola, è pari a circa un milione e 100 mila metri cubi. Sono cifre da capogiro destinate a scatenare grandi appetiti finanziari. La partita deve ancora entrare nel vivo, ma c’è già chi sta raccogliendo informazioni per non farsi cogliere impreparato. Il Gruppo Benetton ha ad esempio già suonato al campanello della Marco Polo Srl, il braccio immobiliare del Comune in quest’operazione. E lo stesso ha fatto Live Nation, la multinazionale americana che realizza strutture per spettacoli in giro per il mondo, già atterrata a Venezia, attraverso Milano Concerti che da un paio d’anni organizza l’Heineken Festival al Parco di San Giuliano. Ma non c’è solo Milano concerti. Anche la francese Zenith che realizza strutture modulari per ospitare concerti sta dimostrando molto interesse per quella parte dell’affare legata alla cittadella del divertimento e potrebbe presentare una proposta proprio in collaborazione con Live Nation. Dulcis in fundo c’è un contatto con la Walt Disney per sondare la possibilità di costruire, accanto allo stadio un parco divertimenti. Un’ipotesi tutta da verificare - forse la volumetria prevista sarebbe insufficente - ma che trasformerebbe in un baleno il Quadrante in un polo d’attrazione internazionale. In ogni caso, qualsiasi iniziativa immobiliare, dovrà fare i conti prima con la crisi che sta devastando l’economia. Al momento l’unica cosa certa è che la Marco Polo srl si è rivolta alla «AAA», Amsterdam Arena Advisory, la società che gestisce lo stadio coperto della capitale olandese, con l’incarico di valutare la sostenibilità del progetto di Tessera e delle opere annesse. «AAA» è stata scelta anche perchè il Comune punta a realizzare a Mestre un impianto multiuso, sul tipo di quello di Amsterdam. Lo studio sarà inoltre utile per redigere il bando internazionale per l’intero Quadrante di Tessera, che sarà propedeutico agli interventi. Quadrante story. Dopo un interminabile braccio di ferro tra Comune e Save per l’uso delle aree, l’operazione ha ormai imboccato una strada di non ritorno. Vale comunque la pena di ricostruire la tormentata vicenda che ha paralizzato la variante urbanistica in Regione per mesi. Un blocco voluto da Save e reso possibile dall’alleanza Galan-Marchi, che regge dentro e fuori al Marco Polo. Detta in due parole Save chiedeva per sé le aree destinate in prima battuta al progetto dello stadio, adducendo che in prospettiva sarebbero state utili allo sviluppo dell’aeroporto e proponendo al Comune di realizzare l’operazione immobiliare più a monte, sempre lungo la bretella, in un’area che nel frattempo Save aveva acquistato nel corso del rastrellamento di terreni condotto in tutta la zona. Alla fine lo scambio di aree è stato fatto. Fermo restando che le aree passate a Save sono rimaste agricole, la bilancia pendeva comunque a favore della società aeroportuale che aveva messo sul piatto una superficie più vasta, compresa un’area di pregio ambientale vincolata dal Palav, che corre lungo il fiume Dese - valutata circa 10 milioni - che si sviluppa su un milione e 100 mila di metri quadri, che sarà destinata a bosco e rappresenta una sorta di risarcimento per la cementificazione prevista. La compensazione a favore di Save, pari a circa 17 milioni, si tradurrà nella possibilità ci costruire 90 mila metri cubi all’interno dell’area Aev del Quadrante di Tessera. I tempi. L’accordo tessuto in tre anni d’incontri «riservati» tra Cacciari e Marchi e tradotto in pratica dalla Marco Polo Srl e dai tecnici Save è stato recentemente recepito dalla Ctr (Commissione tecnica regionale) ed entro primavera l’iter dovrebbe essere concluso. Ma in Comune hanno molta fretta di partire con il bando per l’assegnazione degli appalti. Veneto City. Perché tanta fretta? Semplice perché all’orizzonte c’è il business Veneto City, che è più avanti con il progetto. Non è un mistero che la Spa del panzer Luigi Endrizzi continua a premere per far decollare l’iniziativa. Con lui ci sono Bepi Stefanel, Fabio Biasuzzi, Giancarlo Selci e Olindo Andrighetti. Ma da un anno e mezzo ha fatto irruzione sulla scena anche Edilbasso, la società edile di Loreggia che ha fatto incetta di terreni a destinazione artigianale e industriale in Comune di Dolo. Non poca cosa visto che pare si è assicurata una superficie anche superiore a quella in mano ad Endrizzi & C. I due sembra si siano messi d’accordo, ma ciò che interessa a Venezia è fermare il progetto. E non tanto perché Veneto City entrerebbe in competizione con Porto Marghera, bensì perché sarebbe in aperto conflitto con il Quadrante di Tessera. Il nodo Marghera è però tutt’altro che sciolto: il decollo del Quadrante sarà la pietra tombale della riconversione del polo industriale? La posta in gioco. In ballo c’è l’opportunità di diventare il baricentro di quella Grande Città che va al di là dei confini municipali e incrocia le province di Venezia, Padova e Treviso, ormai privi di senso. Ogni ragionamento sul futuro del territorio non può prescindere dalla consapevolezza che abitiamo un’unica Città e Venezia, anzi Mestre, non ci sta a perdere la sfida con Veneto City, che sorgerà lungo il Passante. Il bando. Una volta approvata la variante, la Marco Polo srl lancerà un bando internazionale per l’edificazione dell’area Aev e del villaggio sportivo. L’orientamento è di fare un bando unico, ma potrebbero essere anche due distinti. Difficile dire quale sarà la base d’asta, ma è chiaro che stiamo parlando di un’operazione di varie centinaia di milioni. Quel che finora si può dire è che il valore riconosciuto delle aree (Aev), in base all’accordo stipultato con Save - 30.000 mq edificabili per 17 milioni - è stato di circa 585 euro per metro quadro. Fatti due conti a spanne, vale a dire che siamo di fronte ad un business di almeno 500-600 milioni. Solo la realizzazione dello stadio costerà attorno ai 50 milioni, mentre altri 30 serviranno per la realizzazione della viabilità complementare. Il Casinò. All’interno dell’area Aev dove sarà possibile realizzare fino a 750 mila metri cubi di cemento, 90 mila come detto li costruirà Save, mentre 75 mila saranno destinati alla nuova sede della casa da gioco stile Las Vegas con albergo annesso da 400 stanze, che oggi rappresenta la vera emergenza per la città. Se alla fine degli anni Novanta, quando il Venezia balzò in serie A, la priorità era costituita dal nuovo stadio, oggi le cose sono cambiate: la priorità è la nuova sede del casinò. Pena la perdita di fette sempre più ampie di clienti. Lo stadio. L’operazione Quadrante di Tessera è partita con l’obiettivo primario di costruire lo stadio nuovo. Ma a tutt’oggi resta da valutare l’opportunità di costruire un impianto da 30 spettatori a Mestre. La Marco Polo Srl ha in mano il progetto dell’australiano Lawrence Nield, toccherà però alla Amsterdam Arena Advisory aiutare Comune e Marco Polo Srl a chiarirsi le idee su che stadio fare e soprattutto capire se uno stadio in terraferma può avere un futuro.

«Adottato» il restauro della magica grotta di Nettuno

«Adottato» il restauro della magica grotta di Nettuno
Il Mattino di Padova 08/01/2009

Per completare le opere di restauro e rifunzionalizzazione della Villa necessitano ancora dei fondi, in quanto gli scavi archeologici e i maggiori oneri strutturali hanno determinato un aumento dei costi preventivati. In occasione del convegno di ottobre da parte del Fai è stata presentata una Campagna di Adozioni di porzioni delle opere da restaurare. La Delegazione di Padova ha deciso prontamente di aderire a tale campagna di finanziamento adottando, assieme alla Delegazione di Treviso la grotta di Nettuno, opera di Vincenzo Scamozzi, l’architetto, allievo del Palladio, che ha completato Villa dei Vescovi, progettando le maestose scalinate di accesso ed i grandi cortili pensili. Al di sotto della scalinata Est vi è questo piccolo ma magico luogo, di rara bellezza, da tempo utilizzato come ricovero di mezzi agricoli, che in passato era luogo di svago e di delizia con la fontana di Nettuno ed i giochi d’acqua ancora visibili. In questo spazio viene magnificamente rappresentato il pensiero umanista, l’età in cui l’uomo pensava di poter piegare la natura ai propri voleri, modificandola secondo un pensiero progettuale compiuto. La sequenza spaziale è formidabile: dal selciato esterno, passando sotto un possente arco in facciavista, si entra in un luogo dove tutto è raziocinio, geometrie che si ripetono rigorosamente in maniera matematica ed in fronte all’entrata si presenta un altro arco, originariamente decorato con conchiglie (richiamo alla naturalità marina strutturata), entro il quale viene incorniciato uno spaccato di roccia viva, nel quale era collocata la fontana, di cui rimangono solo brandelli. Ecco quindi il pensiero umanista che si compie: l’uomo che racchiude e definisce la materia bruta in un contesto raziocinante, facendola diventare elemento compiuto di un disegno voluto. Crediamo che sia un esempio di grande architettura ed è per questo che nel 2009 ci attiveremo con varie manifestazioni per raccogliere i fondi necessari al restauro, per avere l’orgoglio di essere stati noi semplici aderenti con le nostre piccole risorse protagonisti del recupero di un frammento di grande arte. Arch. Giulio Muratori Capo delegazione Fai di Padova

domenica 4 gennaio 2009

Incontri tra i reperti sui tesori del territorio

Incontri tra i reperti sui tesori del territorio
Sabato 03 Gennaio 2009 PROVINCIA Pagina 36 L'ARENA

APPUNTAMENTI. Si aprirà l’11 gennaio «Domeniche al museo», terzo ciclo di conferenze su archeologia e storia locale

Cinque incontri per riscoprire la storia del territorio e conoscere da vicino un immenso patrimonio di tesori archeologici con la guida di esperti del settore. Si aprirà l’11 gennaio al museo civico la terza edizione di «Domeniche al museo»: il ciclo di appuntamenti culturali, ad ingresso gratuito e tutti con inizio alle 16, promosso fino al 22 febbraio dal Centro ambientale in collaborazione con il Comune, «L’Astragalo» ed il dipartimento di Archeologia dell’università di Padova. Ad inaugurare la rassegna sarà la relazione su «Maria Fioroni e l’archeologia»: un viaggio a ritroso nel tempo che vedrà Federico Bonfanti della scuola di specializzazione in Archeologia dell’ateneo patavino ripercorrere le tappe salienti delle pionieristiche ricerche condotte o finanziate nella pianura veronese dalla «signora delle ceramiche» tra il 1939 e il 1969. Il 25 gennaio i pomeriggi al museo proseguiranno con Paola Salzani del museo di Storia naturale di Verona, che parlerà di «Storie sepolte: la necropoli di Arano di Cellore d’Illasi». Domenica 1 febbraio il terzo incontro - tenuto da Giovanni Leonardi, ordinario di Archeologia presistorica all’università di Padova - verterà invece sulle ricerche e sui rinvenimenti dell’ultima campagna di scavi a Fondo Paviani. Si proseguirà poi il 15 febbraio con la conferenza dedicata dell’archeologo Giampaolo Rizzetto a «La folgorante avventura degli Sciti» mentre a chiudere il ciclo sarà il 22 febbraio una lezione di Luca Papavero su «Aspetti e problemi dell’economia di Legnago in età veneziana». S.N.

venerdì 2 gennaio 2009

Un´inchiesta nel Triveneto sui giovani e la religione. Quando dio è in minoranza

La Repubblica 31.12.08
Un´inchiesta nel Triveneto sui giovani e la religione. Quando dio è in minoranza
di Marco Politi

A Trieste Venezia e Pordenone la maggioranza dichiara di credere, ma appena si domanda "a cosa" le risposte sono piuttosto sorprendenti

Svanisce tra i giovani l´immagine del Dio cristiano, vacilla il dogma che Cristo sia figlio di Dio, aumenta la distanza dalla Chiesa istituzione. È il risultato di una limpida inchiesta sul mondo giovanile, condotta da Alessandro Castegnaro presidente dell´Osservatorio socio-religioso Triveneto e benedetta dal vescovo di Trieste mons. Eugenio Ravignani. Il quale ammette che i risultati possono avere «sconcertato chi si attendeva risposte più confortanti», scoprendo quanto la religione venga considerata poco importante nella vita delle persone intervistate.
L´inchiesta (A.Castegnaro, Religione in standby, Marcianum Press, pagg. 296, euro 29) è partita da un´analisi della situazione di Trieste, ma poi si è allargata ad una comparazione con la situazione di Venezia e Pordenone. Trieste, notoriamente, è una città particolare in cui forte è l´impronta austro-ungarica, di tradizione cosmopolita, laica, secolarizzata, che la apparenta ai costumi e agli stili di pensiero del Nordeuropa. Ma l´incrocio dei dati con una realtà culturalmente metropolitana come Venezia e invece provinciale - da classico Veneto bianco - di Pordenone offre uno specchio interessante delle giovani generazioni, che può valere almeno per l´Italia centro-settentrionale.
Le sorprese sono tante. Quanto conta la religione per i giovani triestini? Poco per il 45 per cento, niente per il 10, moltissimo solo per un 15 per cento. Interrogati se credono, a Trieste rispondono sì il 77 per cento, a Venezia l´86, a Pordenone l´89.
Ma appena si domanda a cosa, le risposte sono per un paese ufficialmente cattolico sconcertanti. Al «Dio cristiano» credono a Trieste soltanto il 38 per cento dei giovani, a Venezia il 43, a Pordenone il 46. L´altra metà, più o meno, preferisce credere in una «Realtà superiore» non meglio definita. Fortemente incrinata è la convinzione che Gesù Cristo sia figlio di Dio. Ci credono poco o per nulla il 41 per cento a Trieste, il 33 a Venezia, il 24 a Pordenone. Gli incerti, nel medesimo ordine, sono al 26 per cento, al 34, al 29. I molto convinti sono un terzo a Trieste e Venezia e il 46 per cento a Pordenone.
L´inchiesta, svolta tra i giovani tra i diciotto e i ventinove anni, non è avvenuta per via telefonica (che rischia di provocare reazioni troppo estemporanee) né di persona attraverso un intervistatore: sistema che rischia di suscitare risposte troppo compiacenti, in cui l´intervistato tende a reagire secondo moduli più conformisti oppure, spiega Castegnaro, si astiene da opinioni che avrebbe il «timore di formulare». Si è lasciato alle persone scelte un pacchetto di domande perché rispondessero in solitudine e concentrazione.
Emerge in prima battuta una differenza tra religione e religiosità, che spiega benissimo perché il «revival religioso» in corso da anni e mediaticamente esaltato non corrisponda ad un aumento reale della pratica religiosa nell´ambito della Chiesa. Perché la religione è un sistema istituzionalizzato di credenze, pratiche, riti e tradizioni e i giovani tendono a rifuggire da tutto ciò che appare come «istituzione» o disciplina. Mentre la religiosità è un dimensione più flessibile di simboli, che danno senso alla vita e attivano energie spirituali, morali e sociali.
È questa l´opzione che fanno le nuove generazioni. Non a caso la domanda «Credi a un Dio personale?», fondamentale per la tradizione giudaica e cristiana in cui Dio interviene personalmente nella storia - dalla Creazione fino all´Apocalisse - rimbalza sui giovani. Solo un terzo circa risponde di sì a Trieste e Venezia, e non più del 46 per cento a Pordenone.
Dio, dunque, è in minoranza. Il Dio delle cosiddette «radici cristiane». Il Dio annunciato ogni domenica a messa, proclamato a battesimi, comunioni, nozze e funerali, insegnato per tredici anni nell´ora di religione. Emerge anche la differenza tra aree di cultura urbana avanzata e aperta a influenze internazionali, come Trieste e Venezia, e aree più chiuse come Pordenone, in cui la secolarizzazione avanza meno velocemente.
Negli intervistati colpisce la distanza dalla Chiesa-istituzione. Alla richiesta di esprimere una valutazione sulla Chiesa cattolica, Castegnaro riporta che il «saldo tra giudizi complessivamente negativi e positivi» è il seguente: - 31 nella diocesi di Trieste, - 30 nel patriarcato di Venezia, appena + 2 nella diocesi di Pordenone. In questo contesto appare lontanissima dalla realtà la pretesa della gerarchia ecclesiastica di rappresentare politicamente i cittadini «cattolici», quando si tratta di legiferare su temi come il testamento biologico o le famiglie di fatto.
Ma anche all´interno della Chiesa i vescovi devono porsi molti interrogativi. A Venezia, ad esempio, è patriarca una delle personalità intellettualmente più brillanti della Chiesa italiana, eppure il messaggio ecclesiale non sembra riuscire a penetrare in profondità nel mondo giovanile. Evidentemente i giovani rappresentano davvero un mondo sé. Chiusi in un circuito proprio. In stand by.