martedì 23 settembre 2008

Palladio, un successo lungo cinquecento anni

La Repubblica 22.9.08
A Vicenza i progetti e i modelli dell´architetto veneto nato nel 1508
Palladio, un successo lungo cinquecento anni

VICENZA. Nel vicentino c´è la più alta concentrazione di opere di Andrea Palladio di cui si celebrano i cinquecento anni dalla nascita. La sua architettura non è solo a Vicenza e Venezia, centri capitali del suo lavoro, ma nel padovano, nel trevigiano e nel veronese: da questa pianta è gemmata una forma mirabilis di architettura che s´è diffusa nell´Europa del nord, in Russia e nelle Americhe. Nessun architetto è tanto celebre e nessuno tra essi ha mai avuto tale e tanta influenza. Nato a Padova nel 1508 e morto a Vicenza nel 1580 Palladio ha costruito ville, palazzi pubblici e privati, chiese, opere pubbliche che sono nel cuore e nell´anima di chi ama la verità dell´arte e la sua assoluta perfezione.
In Palazzo Barbaran da Porto, l´unico palazzo che l´architetto realizzò integralmente (fino al 5 gennaio, poi alla Royal Academy of Arts di Londra) si può distesamente dialogare con lui e avere sotto gli occhi 78 disegni di sua mano, molti dei quali sono in Gran Bretagna: per l´occasione tornano a casa dopo che nel 1614 il grande architetto Inigo Jones li acquistò dalle mani di Vicenzo Scamozzi. Già solo questo è un evento anche per chi, nelle belle sale del Riba, in gioventù, si è chinato su queste reliquie con spirito devoto. E non è forma retorica la mia, ma davvero i disegni di Palladio ispirano devozione per la calibrata misura di ogni tratto di penna o di matita, per la minuziosa precisione degli appunti che ingombrano questi fogli taluni di piccolo formato. Ma si sa che i disegni non sono sempre di agevole lettura e per tale ragione Guido Beltramini e Howard Burns che curano la mostra (catalogo Marsilio) hanno disposto decine di modelli che rendono visibili quanto tracciato sui fogli di carta. I modelli, in tal caso, sono didatticamente efficaci ma restano algide sembianze: poco utili quando replicano architetture esistenti.
Palladio, nome d´arte che gli diede il suo amico e mecenate Giangiorgio Trissino, ebbe modeste origini e a Padova visse da scalpellino fino all´età di sedici anni. Ma lentamente con l´aiuto dello studioso vicentino, scrittore e cultore anch´egli d´architettura, fece viaggi a Roma e imparò a vedere l´Antico. Come aveva fatto prima di lui Leon Battista Alberti: come questi non assunse quasi mai il ruolo di responsabile dei cantieri, fatto che da un lato non gli consentì lauti guadagni, come spiega Beltramini in un delizioso libretto su Palladio privato, dall´altro lo indusse a intraprendere la via del trattatista. I Quattro libri dell´architettura (Venezia, 1570) ebbero fortuna eccezionale, furono tradotti in più lingue e propagandarono il suo linguaggio e le opere nei quattro angoli del mondo. Innumerevoli architetti che mai visitarono il Veneto ebbero sul tavolo da disegno questo tomo assunto a Bibbia.
Tra le molte architetture del Palladio non esito a partire dalla Basilica di Vicenza, che, con uno scrigno lapideo riveste una preesistente fabbrica tardo medievale: l´incarico gli fu conferito nel 1546 e l´architetto adottò il partito della serliana che gli consentì di assorbire le differenti ampiezze di campata. Geniale trovata il cui funzionamento risulta chiaro nelle arcate d´angolo: qui le aperture architravate sono così ridotte quasi da scomparire. Ma il palazzo della Ragione col solenne rivestimento lapideo è anche un grande intervento d´architettura urbana, che con l´antistante Loggia del Capitanio dominata dall´ordine gigante, forma una delle più belle piazze d´Italia. Trent´anni circa separano le due architetture così differenti per articolazione tettonica e cromia, così che nella piazza dei Signori abbiamo a confronto l´incipit e la piena maturità dell´architettura palladiana.
Preziosa per la ricchezza delle informazioni la veduta a volo d´uccello di Vicenza incisa introno al 1580 dalla quale si deduce che alla morte di Palladio molte fabbriche come i palazzi Chiericati, Thiene e Barbaran da Porto non erano conclusi. L´altro polo si diceva è Venezia dove Palladio trovò amici come Daniele Barbaro e committenti: tra questi massime i monaci benedettini nell´isola di San Giorgio per i quali costruì la chiesa, il refettorio e il chiostro. Una delle novità più interessanti è che nella chiesa Palladio adottò la vernice rossa per porre in risalto le diverse parti degli ordini architettonici. In molte chiese veneziane era già dal Quattrocento in uso il grigio, ma il rosso ebbe certo un altro effetto. Fu la cultura neoclassica a sottoporre a candeggina gli interni di San Giorgio, così come altre ville dove solo il mattone e la pietra hanno retto all´imbiancatura. La facciata di San Giorgio disegnata da Andrea aveva un portico sporgente con colonne giganti, come attesta un disegno: quella esistente è più tarda.
Divenne dunque Palladio l´architetto del patriziato veneto che volle non piccole ville agricole come nel vicentino, ma sontuose residenze realizzate nel corso degli anni: da villa Cornaro a Piombino a villa Ema a Fanzolo, da villa Foscari detta Malcontenta alle porte di Venezia a villa Barbaro a Maser dove intervenne Paolo Veronese con gli affreschi. Questo patriziato ha l´ambizione di far di Venezia una seconda Roma e trova in Andrea - l´architetto dotato della mediocritas albertiana - ideale interlocutore per un disegno politico di egemonia. Se il progetto del palazzo ducale rimasto sulla carta fu un bene per Venezia, certo il progetto per il Ponte di Rialto, così come lo dipinse Canaletto, ci incanta. Come in ogni festa che si rispetti sono invitati anche altri colleghi: alcuni amati come Veronese, El Greco, Giulio Romano nel ritratto di Tiziano, devoti ammiratori come Inigo Jones ritratto da Van Dyck ma anche rivali acerrimi come Jacopo Sansovino ritratto da Tintoretto: noblesse oblige!

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