Asolo, non si placa la «guerra fredda» del cemento
Alessandro Zuin
Corriere del Veneto 12/4/2013
ASOLO
(Treviso) - Non si placa la «guerra fredda» sul Pat di Asolo, fonte di
contestatissime nuove edificazioni in un dei borghi più belli d'Italia.
La giunta leghista, che mercoledì sera ha dovuto battere in ritirata
davanti alle proteste, si sta riorganizzando e non cede. Le opposizioni:
«Andranno a schiantarsi».
La «guerra fredda» di Asolo divisa da un muro di cemento
La Giunta batte in ritirata ma non cede. «Si schianteranno»
ASOLO
(Treviso) — Hanno battuto in ritirata. Strategica, ma pur sempre
ritirata. Però la storia è piena di ripiegamenti, come quello operato
mercoledì sera dalla scombussolata maggioranza leghista che governa
sulla città dai cento orizzonti, che sono serviti a sfuggire
all'accerchiamento e a riorganizzare le truppe sbandate. Perché la
tormentata storia del Piano di assetto del territorio, meglio noto come
Pat di Asolo - quello che, nelle cronache degli ultimi giorni, è
diventato sinonimo di «colata di cemento» ai piedi delle colline che
ospitano uno dei borghi più belli d'Italia - non è finita con la marcia a
ritroso ordinata in consiglio comunale dalla sindaca Loredana
Baldisser, di fronte al municipio assediato da preponderanti forze
nemiche.
Loro ci riproveranno, ad adottare quel dannato Pat. «È una
questione d'onore», conferma il vicesindaco Federico Dussin, l'uomo che
ha in mano la delega, pesantissima ora più che mai, alla gestione e
pianificazione del territorio. Dussin è uno che ne ha viste troppe per
non sapere che, in politica, qualche volta bisogna anche saper perdere. E
ricominciare. È in Comune dal 1985, quando su queste colline regnava
incontrastato un signore che chiamavano il Doge, il potentissimo Carlo
Bernini, e ieri mattina è corso a Venezia, in Regione, naturalmente a
discutere e chiedere qualche buon consiglio su come salvare il Piano di
assetto territoriale dall'attacco concentrico dei contrari: comitati
organizzati dopo l'appello lanciato da «Salviamo Asolo», grillini in
trasferta, cittadini semplici e illustri ospiti delle antiche magioni
asolane, intellettuali indignati dal minacciato scempio edilizio,
persino ministri (dell'Ambiente) in carica. Ma non ha perso la vogli di
scherzare, Dussin: «Uscito dalla Regione sono entrato nella prima chiesa
di Venezia e ho chiesto aiuto alla Madonna, che mi ha suggerito di
resistere. Faremo gli incontri pubblici promessi per spiegare bene il
Pat alla gente e replicare alle cifre fantasmagoriche che sono circolate
sui giornali, non torneremo indietro. E vi assicuro - sottolinea il
vicesindaco - che di asolani veri, tra quelli che protestavano mercoledì
sera davanti e dentro il municipio, ce n'erano al massimo un 20%».
Le
cifre, tanto per intendersi: la relazione tecnica del Pat indica, come
quantità generali, la possibilità di realizzare 285 mila metricubi di
nuovi edifici residenziali, parte dei quali in «edificazione diffusa»
(tradotto dall'urbanistese: ci si può costruire la casa in zona
agricola); è previsto inoltre un nuovo insediamento industriale nella
zona pianeggiante del comune, un'area che si estende per 30 ettari (20
dei quali edificabili) per una cubatura potenziale di 720 mila mc. di
capannoni. Non proprio quattro pietre. «Ma abbiamo sentito parlare di
colate di cemento e di numeri fantascientifici - replica la sindaca
Loredana Baldisser, tramite comunicato scritto - che oggettivamente non
sono reperibili in questo Pat. Lo spiegheremo ai cittadini, con una
presentazione pubblica che spero possa fugare i dubbi e le informazioni
erronee e fuorvianti che sono state diffuse in questi giorni».
Detto
per inciso, tra un anno ad Asolo si voterà per rinnovare
l'amministrazione comunale: se il Pat nel frattempo verrà adottato,
chiunque vinca si troverà a gestire la grana senza possibilità di
manovra. Per questo, l'attuale opposizione consiliare tiene alta la
tensione: «Che l'amministrazione voglia approvare il Pat è naturale, ci
mancherebbe. Il problema è se vorranno insistere su questo Pat o, dopo
gli appelli e le proteste dei cittadini, accetteranno di modificarlo. Se
non sarà così - avverte Daniele Ferrazza, ex sindaco di centrosinistra e
ora capogruppo di Insieme per Asolo - andranno a schiantarsi e si
faranno del male. E purtroppo faranno del male anche al territorio
asolano».
Il vero terreno di scontro è la nuova area industriale e il
suo dimensionamento. In Comune circola insistentemente questa versione:
Fashion Box, il gruppo asolano della moda che produce abbigliamento con
il marchio Replay, ha bisogno di ampliarsi e, se non troverà spazi
adeguati qui, potrebbe persino andarsene. Ma Attilio Biancardi,
vicepresidente del gruppo, chiarisce così la questione: «L'ampliamento?
Oggi siamo a livello di pura ipotesi. Certo, se ci sarà la necessità ne
saremmo ben felici ma l'attuale momento del mercato ci impone di
riflettere a fondo». Dunque, è proprio necessario un nuovo insediamento
produttivo delle dimensioni previste dal Pat? Se lo chiedono, a dire il
vero, anche doversi cittadini asolani «neutrali», che non si schierano
con le tesi dell'amministrazione comunale né, dicono loro, con le
esagerazioni contrarie che sono circolate in questi giorni soprattutto
sulla Rete: «Nella sostanza, è una questione di buon senso - è la
sintesi della maggioranza silenziosa, nella Asolo storica arrampicata
sulla collina così come giù a Casella, la principale frazione di pianura
-: la maggioranza della popolazione pensa che non siano necessarie
altre costruzioni industriali. Molto meglio riutilizzare i capannoni
vuoti che ci sono già».
Dopo la ritirata dell'amministrazione
comunale, la battaglia continua. Persino con toni epici, che non si
sentivano dall'epoca della Berlino divisa tra Est e Ovest: «Siamo tutti
asolani», scandisce Fernando Zilio, presidente dei commercianti di
Padova, prendendo a prestito il celebre «siamo tutti berlinesi» di
Kennedy per schierarsi contro gli effetti della cementificazione. «Lì
c'era la guerra fredda per la difesa della democrazia, qui c'è una
guerra per la difesa del territorio».
Quel Muro poi cadde. Il Pat vacilla vistosamente.