domenica 25 ottobre 2009

Arche Scaligere, da sette secoli la memoria viva della città

Arche Scaligere, da sette secoli la memoria viva della città
Domenica 25 Ottobre 2009 L'ARENA

STORIA. Presentato un volume di Ettore Napione sul monumento funebre della famiglia che governò a Verona

Un volume di seicento pagine con otto appendici. I lavori di restauro saranno completati nei primi mesi del prossimo anno

C'è da sette secoli in città uno straordinario monumento-documento che è un unicum: le Arche Scaligere. E c'è oggi un nuovo libro che ne parla, intitolato semplicemente Le Arche Scaligere di Verona, e scritto da Ettore Napione, che lavora alla direzione musei e monumenti del Comune. Un volume complesso, eruditissimo, di 600 pagine, con otto appendici, «polifonico» date le tante voci di cui si è avvalso l'autore, per la cui presentazione c'è stata una grande festa in Sala Boggian a Castelvecchio, con un importante parterre ed un foltissimo pubblico.
Come ha subito sottolineato Paola Marini, direttrice dei Musei d'Arte e Monumenti del Comune, che fungeva da moderatrice. E come ha rilevato l'assessore alla Cultura Mimma Perbellini, affermando che «l'uscita del libro è gradita perché affronta uno dei monumenti cittadini mèta di un turismo colto e consapevole, che contribuiscono alla fama internazionale di Verona». «Apriremo presto il recinto delle Arche ai visitatori» ha annunciato.
E la conferma è venuta dal direttore regionale per i Beni culturali e paesaggistici del Veneto, Ugo Soragni. «La conclusione dei lavori di restauro è imminente. Sono stati rallentati dalla delicatezza dell'intervento, ma adesso non ci sono più ostacoli: nei primi mesi del 2010 finiranno». Riferendosi al libro, Soragni ha osservato che si tratta di una monografia esaustiva per gli aspetti filologici e la completezza delle fonti. «È un punto di partenza per risolvere alcuni interrogativi, come la derivazione di questo modello di tombe, che sembrano sbocciare dal nulla, ma che invece hanno una radice antica, perché gli Scaligeri guardavano al passato e le arche sono una riproposizione in chiave moderna di un'area sepolcrale antica».
Il volume è pubblicato per iniziativa dell'Istituto veneto di scienze lettere e arti che l'ha affidato all'editore Umberto Allemandi & C. «L'Istituto - ha detto il suo presidente Gian Antonio Danieli - deve produrre e diffondere cultura, e quindi incoraggia e realizza gli approfondimenti come questo testo, il 16° dei nostri titoli, scelto come il primo di una nuova serie».
Gian Maria Varanini, dell'Università di Verona, ha analizzato la monografia di Napione, «in cui c'è la storia dell'arte ma anche una valutazione estetica critica che emerge da un contesto di ricerche tenacemente condotte e portate avanti senza lasciare alcun angolo oscuro».
«L'autore - ha aggiunto - fa una rilettura della storia degli Scaligeri nella seconda metà del '300, quando non si assiste al loro tramonto ma ad un ridimensionamento del loro dominio. Nel testo emerge il rapporto straordinario fra gli Scaligeri e la loro città».
Un esame più dettagliato del libro è stato condotto da Andrea De Marchi, dell'Università di Firenze, il quale ha affermato: «Le Arche sono un fenomeno clamoroso, la punta di un cosmo variegato in quello che è stato il secolo più grande dell'arte veronese. Napione descrive la lievitazione del progetto delle tombe che avviene per gradi ma con alcuni salti assoluti. Sono quattro i grandi stadi del progetto: le Arche araldiche sottotono; l'Arca di Cangrande come arca diaframma; l'Arca su colonne; l'Arca di Cansignorio». Il volume è, secondo De Marchi, «uno strumento di lavoro di grandissima importanza, ma non è definitivo neppure nella veste iconografica».
A Napione, che nell'introduzione sostiene che «ogni monografia vorrebbe essere definitiva», l'ultima parola, con la sottolineatura di uno dei punti fermi importanti della sua indagine: la trascrizione dei tre testamenti superstiti degli Scaligeri, Alberto I, Cangrande II e Cansignorio. Una «chicca» per capire il mistero delle Arche.

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