martedì 2 febbraio 2010

L’archeologia potrebbe bloccare la base militare della discordia

L’archeologia potrebbe bloccare la base militare della discordia
Maria Luna Moltedo
TERRA NEWS 1 FEBBRAIO 2010

Un insediamento paleoveneto del Neolitico e tracce di un acquedotto romano. Questa sarebbe l’ipotesi sulle recenti scoperte archeologiche nell’area dell’ex aeroporto Dal Molin, zona vicentina dove dovrebbe sorgere, secondo gli accordi tra i governi di Washington e Roma, una nuova base militare statunitense. Dopo le polemiche, le proteste, le manifestazioni, questi ritrovamenti creano nuovi ostacoli sul cammino della realizzazione dell’opera fortemente osteggiata da una parte della popolazione rappresentata dal Comitato No Dal Molin. Come ricordato in questi giorni da studiosi ed esperti, è possibile che le nuove ricerche portino addirittura al rinvenimento di insediamenti abitativi, cosa di cui non si hanno precedenti se non nella zona del Lago di Fimon dove fu trovato un insediamento neolitico. Il rapporto su questa scoperta reso pubblico qualche giorno fa configura l’esistenza di un villaggio paleoveneto risalente a un’epoca antecedente di molti secoli a quella finora ritenuta originaria. In realtà, la civiltà “paleoveneta”, detta anche dei “Veneti Antichi”, non era circoscritta solo al Veneto attuale, tanto che tracce consistenti della sua presenza sono state riscontrate anche in Friuli Venezia Giulia e in Trentino Alto Adige. Complici della sua permanenza e del suo progresso anche i grandi fiumi Adige, Brenta, Piave e Tagliamento, attraverso cui fu più semplice stabilire relazioni tra le varie aree, questa cultura non fa altro che potenziare quelle che erano le caratteristiche della cultura del Bronzo Recente. Inoltre le relazioni con la cultura Transalpina a Nord, quella Villanoviana a Sud, quella di Golasecca a Ovest, con i mercanti greci che approdano nella costa adriatica e quelli etruschi provenienti dagli Appennini, influenzano e arricchiscono lo sviluppo di quest’area. Proprio per questo motivo, se, dopo un’accurata e ponderata analisi stratigrafica, si decidesse di tutelare l’area Dal Molin sarebbe una scelta conforme alla legislazione dei Beni culturali in Italia. Ancora oggi, da un punto di vista propriamente archeo-storico, secondo gli studiosi, vi è una certa difficoltà a distinguere la primissima fase della civiltà paleoveneta detta protoveneta e che alcuni identificano con quella “protovillanoviana” (1100- 900 a.C.), con la quale ha in comune le pratiche funerarie di incinerazione e l’iconografia decorativa dei manufatti in bronzo e terracotta. La scoperta archeologica avvenuta lo scorso febbraio, proprio sull’area dove gli Stati Uniti vogliono costruire una base militare, è stata del tutto casuale. Osservando le foto di un libro scritto da un maggiore del Genio Campale nel 2005 si poteva dedurre che all’interno dell’ex aeroporto Dal Molin ci fossero resti romani e non solo. In particolare, ha attratto l’attenzione la base di una colonna, residuo dell’antico acquedotto romano di cui si vedono ancora i resti in località Lobia. Da qui un sopralluogo degli esperti della soprintendenza ai Beni archeologici del Veneto. E ora è arrivato il primo rapporto di quelle verifiche. Risultato: oltre ai resti dell’acquedotto, ci sono anche tracce di un canale, abitazioni, pavimenti del Settecento ma soprattutto le sorprendenti tracce di un insediamento del Neolitico che nessuno si aspettava. Ritrovamenti che, però, non si capisce ancora se saranno in grado di fermare i lavori della base militare statunitense. Già nel mese di giugno 2009 sono state avviate nell’area Dal Molin le indagini archeologiche preventive, con la direzione scientifica della soprintendenza per i Beni archeologici del Veneto e la fattiva collaborazione dell’Ufficio preposto per il United States Department of the Army, su cui ricade l’onere economico dell’intervento.
Tutela o manomissione?
Spesso l’archeologia riveste, come in questo caso, un ruolo “politico”. Nel senso che la tutela dei beni culturali assume grande importanza soprattutto in un Paese, come l’Italia, che è particolarmente ricco da questo punto di vista. La tutela da un lato si propone di garantire al cittadino il godimento del bene conservando antiche memorie la cui manomissione o distruzione comporterebbe una privazione per la collettività. Dall’altro la salvaguardia di un pan trimonio storico, artistico e culturale è necessaria perché la compromissione provocherebbe un danno significativo anche, e non solo, per la ricchezza del Paese. Rimanendo in tema di salvaguardia, nell’area Dal Molin sono iniziate le indagini archeologiche proprio per capire l’entità dei reperti che via via sono venuti alla luce e conseguentemente fare delle scelte, dopo accurate riflessioni, su come gestire o meglio tutelare questo territorio. I lavori di ricerca sul campo, iniziati dopo una lettura preliminare delle sezioni ricavate dai carotaggi effettuati in precedenza, hanno esplorato fino a ora, tramite una serie di trincee a maglia molto fitta, un’ampia parte dell’area interessata dalle opere in progetto. Le indagini archeologiche preventive stanno portando all’acquisizione di nuovi dati che andranno a integrare il quadro delle conoscenze archeologiche di un’area limitrofa all’antico centro urbano, interessata anche, come noto, dal percorso dell’antico acquedotto di epoca romana, di cui era già stato parzialmente individuato, nel corso di un sondaggio nel 1995, un pilastro, dislocato però in antico dalla sua originaria collocazione. È attualmente in corso lo scavo in estensione nell’area del tracciato dell’antico acquedotto lungo il margine sud-occidentale del cantiere. Tale scavo era programmato fin dall’inizio, con l’obiettivo di acquisire dati probanti circa il puntuale percorso dell’importante struttura in prossimità del fiume Bacchiglione. La storia dei Veneti si può dividere in due momenti: uno antico, che va dalle origini fino al V secolo a.C., in cui è più evidente l’originalità culturale veneta, e uno più recente che va fino al I secolo d.C., che vede prima un influsso celtico, e poi una lenta assimilazione romana. I Veneti ebbero con Roma rapporti amichevoli e si giovarono dell’aiuto della città laziale per allontanare la minaccia costituita dall’invasione dei Galli. Infatti, in cambio di protezione, permisero ai Romani di stabilirsi pacificamente nel proprio territorio, e in definitiva di colonizzarlo costruendo per l’appunto acquedotti, strade, ponti e villaggi. Il Veneto non venne quindi conquistato con la forza dai Romani, ma fu inglobato pacificamente e, con il tempo, la cultura veneta si perse e venne sostituita (in parte assimilata) dalle usanze di Roma. Invece, per quanto riguarda le indagini della parte più antica, sempre nei pressi dell’ex aeroporto vicentino, sono evidenti le tracce di una frequentazione di epoca protostorica. Infatti il rinvenimento di alcuni frammenti ceramici, attualmente in corso di studio, per ora non ha restituito alcuna evidenza strutturale, mentre ancora da indagare resta un’ampia area in cui sono venuti alla luce materiali ceramici e litici riferibili a età neolitica (8.000 anni fa circa). Si tratta di un dato di grande interesse in quanto fino a ora non erano noti elementi di conoscenza riferibili a presenze di epoca così antica in questa zona, limitrofa al centro urbano di Vicenza. Al momento la soprintendenza ha confermato l’intenzione di allargare gli scavi di esplorazione a un’area più vasta, ossia quella collocata quasi al centro dell’attuale cantiere, con inevitabile blocco delle operazioni di edificazione in quella parte interessata. Il rischio, dunque, che tutto finisca sepolto per sempre sotto le fondamenta della base americana, al momento, è arginato. Auspicabile è che lo sia anche in prospettiva, nel rispetto delle leggi sulla tutela dei beni culturali che, sebbene spesso e volentieri non vengano osservate, vigono. Sarebbe opportuno in Italia tornare a un’alta consapevolezza della dimensione storica, etica e civile della tutela del patrimonio culturale e del paesaggio, che l’articolo 9 della Costituzione ha fissato con lungimiranza. Quell’articolo recita infatti così: «La Repubblica promuove lo sviluppo della cultura e la ricerca scientifica e tecnica. Tutela il paesaggio e il patrimonio storico e artistico della Nazione».

Gli antichi veneti
I Veneti, a volte indicati anche come Venetici, Antichi Veneti o Paleoveneti per distinguerli dagli odierni abitanti della regione italiana del Veneto, erano una popolazione indoeuropea che si stanziò nell’Italia Nord-orientale dopo la metà del II millennio a.C. e sviluppò una propria originale civiltà nel corso del millennio successivo. Caso unico tra i popoli dell’epoca nell’Italia Settentrionale, si può stabilire l’identità tra la popolazione e la cultura veneta, ovvero agli antichi Veneti è possibile attribuire una precisa cultura materiale e artistica sviluppatasi nel loro territorio di stanziamento, la Venezia. Questa facies culturale si sviluppò durante un lungo periodo, per tutto il I millennio a.C., anche se nel tempo subì diverse influenze. Di questa popolazione e identità la documentazione archeologica è particolarmente ricca. I Veneti si stanziarono inizialmente nell’area tra il Lago di Garda e i Colli Euganei; in seguito si espansero fino a raggiungere confini simili a quelli del Veneto attuale, anche se bisogna considerare che la linea di costa del Mar Adriatico era più arretrata rispetto a oggi. Secondo i ritrovamenti archeologici (che concordano anche con le fonti scritte), i confini occidentali del loro territorio correvano lungo il Lago di Garda, quelli meridionali seguivano una linea che parte dal fiume Tartaro, segue il Po e raggiunge Adria, lungo il ramo estinto del Po di Adria, mentre quelli orientali giungevano fino al Tagliamento. Oltre tale fiume erano insediate genti di ceppo illirico, anche se fino all’Isonzo la presenza veneta era tanto forte che si può parlare di popolazione veneto-illirica. I confini settentrionali erano invece meno definiti e omogenei; il territorio veneto risaliva soprattutto i fiumi Adige, Brenta e Piave verso le Alpi, che fungevano comunque da confine naturale. La presenza veneta sulle Alpi è attestata soprattutto nel Cadore.
(M. L. M.)

Cosa si intende per “tutela”
Il patrimonio culturale è il passato e il futuro allo stesso tempo. È fondamentale promuovere in concreto una cultura di rispetto della natura, dell’arte, della storia e delle tradizioni d’Italia e tutelare un patrimonio che è parte fondamentale delle nostre radici e della nostra identità. La tutela del patrimonio culturale è un compito dello Stato sancito dalla Costituzione. Secondo il Codice dei Beni culturali, essa consiste nell’esercizio delle funzioni e nella disciplina delle attività dirette, sulla base di un’adeguata attività conoscitiva, a individuare i beni costituenti il patrimonio culturale e a garantirne la protezione e la conservazione per fini di pubblica fruizione. Al Titolo I del Codice, negli articoli 10 e 11, sono individuate le categorie generali dei beni culturali e, nei successivi articoli 12 e 13, i meccanismi di individuazione dei beni e le caratteristiche dei relativi procedimenti (verifica e dichiarazione). Lo Stato esercita le funzioni di tutela attraverso il ministero per i Beni e le attività culturali, articolato nella struttura centrale e negli uffici territoriali. Questi ultimi sono costituiti dalle Direzioni Regionali e dalle Soprintendenze di settore.
(M. L. M.)

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