lunedì 22 dicembre 2008

Mistero e fascino religioso delle gemme magiche

Mistero e fascino religioso delle gemme magiche
Sabato 20 Dicembre 2008 CULTURA Pagina 65 L'ARENA

RARITÀ. PRESENTATA UNA PREZIOSA PUBBLICAZIONE EDITA DALL’ISTITUTO POLIGRAFICO DELLO STATO

Alla pubblicazione curata da Attilio Mastrocinque ha collaborato anche l’Università di Verona

Gemme magiche, in un nuovo volume i risultati di lunghe e attente ricerche. Frutto di una collaborazione tra l’università di Verona e il ministero per i Beni culturali, il testo curato dal professor Attilio Mastrocinque raccoglie le gemme di molte collezioni museali italiane, tra cui quella dei Medici del Museo di Napoli e del Correr del Museo civico di Venezia, nonché di serie private.
Con questa seconda raccolta di disegni e descrizioni di gemme di ambiente gnostico dal titolo «Sylloge gemmarum gnosticarum parte II» edita dall’Istituto poligrafico e zecca dello Stato (328 pagine, 40 euro), si mette a disposizione della comunità scientifica una vasta scelta di gemme magiche di specifico interesse religioso. Particolare attenzione è stata posta alla storia delle singole collezioni, in quanto, il fatto che le gemme siano conservate in Italia non prova che siano state trovate sul territorio nazione come pure che vi siano state realizzate. Una singolarità delle gemme magiche è di avere raramente dati sulla loro scoperta. Si tratta quasi sempre, infatti, di reperti entrati nelle collezioni in seguito a rinvenimenti non controllati dagli archeologi. Di fatto, le gemme magiche o gnostiche sono una variegata categoria di intagli in pietra semipreziosa dedicati ad iconografie religiose non convenzionali.
«Molte di queste gemme sono degli amuleti contro varie malattie o demoni e gli antichi sceglievano con cura le pietre da usare, in base al patrimonio tradizionale della scienza dei caldei, dei magi e dei sacerdoti egiziani», spiega Mastrocinque. «Erano questi, infatti, che conoscevano le occulte proprietà di pietre, piante e animali. La svolta negli studi delle gemme gnostiche si ebbe con la pubblicazione dei papiri magici di Tebe, scoperti nell’Ottocento, che permisero nel secolo successivo l’interpretazione e la comprensione di queste pietre attraverso precisi confronti con le ricette di magia in greco o in copto».
Prosegue Mastrocinque: «Lo studio di questo genere di testimonianze richiede un difficile lavoro interdisciplinare e competenze di prim’ordine in molti campi del sapere: dall’astronomia alla storia delle religioni dei popoli orientali, dalla letteratura greca a quella egiziana e mesopotamica, dalla paleografia agli studi biblici, dall’iconologia alla mineralogia».
La più ricca collezione di gemme magiche è conservata al Museo Archeologico di Firenze seguita da quella del Museo nazionale romano, ma anche a Castelvecchio è custodita una collezione di pezzi davvero unici. Tra questi una gemma con la raffigurazione del dio più famoso di Tarso, Sadas, con il mostro che di norma lo accompagna. «La particolarità di questa gemma è che al rovescio compare con molta probabilità il nome della dea che accompagnava il dio, Yoyo, che nelle tavolette ittite suonava come Yaya, ma la pietra è del III secolo d.C.», chiarisce Mastrocinque.
«Il mostro di Sandas, grazie allo studio della gemma veronese, si è rivelato essere il prototipo della Chimera greca, essendo un leone-capra alato. Nel museo veronese vi è anche un altro pezzo considerato singolare: la testimonianza di una triade della città di Ascalona, in Palestina. Vi compaiono Afrodite che tiene la colomba, Perseo, vincitore di una delle Gorgoni, e un dio locale con corona egiziana accompagnato da tre leoni.
Tra i pezzi che si distinguono nella collezione di Castelvecchio, poi, se ne evidenzia uno per l’uso del tutto eccezionale del Turchese. La gemma raffigura una specifica iconografia di Horus, che prende il nome di Harpokrates. Abbiamo il grande dio egiziano Serapide abbinato con il dio dalle gambe di caprone Pan: dio venerato anche in Egitto e ritenuto, in epoca tarda, l’immagine della totalità».

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