«Mentre la città cade a pezzi i soldi finiscono tutti al Mose»
Alberto Vitucci
La Nuova di Venezia 08/02/2009
VENEZIA. «Venezia cade a pezzi e la lobby pro Mose, governo e ministro Brunetta in testa, chiedono all’Europa soldi solo per le imprese del Mose». L’associazione Ambiente Venezia alza il tiro, e critica duramente il recente annuncio che la Bei - Banca europea degli investimenti - ha stanziato a favore del progetto delle dighe alle boche di porto un altro miliardo e mezzo di euro. «Non ci sono soldi per i restauri della città», dice il portavoce Luciano Mazzolin, «e governo e Regione pensano solo a garantire i soldi per portare avanti la grande opera inutile e dannosa. Fino ad oggi i cantieri e gli scavi hanno soltanto aumentato la velocità delle correnti, rendendo ancora più pericolosa l’entrata dell’acqua in laguna». Intanto, denuncia l’associazione, pezzi di pietra d’Istria cadono un acqua come in Riva dei Sette Martiri, e nessuno interviene. «Dove sono il governo, la Capitaneria, il Comune, la Soprintendenza, la magistratura?» Intanto il finanziamento europeo sembra ormai certo. Annunciato dal ministro delle Infrastrutture Altero Matteoli, confermato dal presidente Galan e dal presidente del Magistrato alle Acque Patrizio Cuccioletta. Per renderlo operativo si dovrà però attendere l’archiviazione della procedura di Infrazione avviata per i cantieri del Mose, aperti in violazione ad alcune direttive europee sulla tutela dell’ambiente e dell’habitat. Archiviazione di cui il governo è certo, ma che non è stata ancora ufficializzata, contro cui le associazioni ambientaliste hanno già annunciato ricorso alla Corte europea dei diritti fondamentali. Tra le motivazioni della Bei per la concessione del finanziamento, anche il fatto che «le opere già realizzate hanno già prodotto effetti benefici sulla laguna». «Una barzelletta», replicano a Italia Nostra, «chissà chi gliel’ha raccontato. Come fanno a dire una cosa del genere se l’opera non è ancora in funzione? Invece è aumentata l’erosione e la velocità delle correnti». Anche il Comune, negli studi diffusi dall’Osservatorio naturalistico e presentati lo scorso anno dal sindaco Cacciari, aveva definito «molto gravi» i danni apportati all’ambiente dai cantieri e dai lavori, in parte irreversibili, quantificando il danno in 120 milioni di euro. Adesso il discorso è «congelato» in attesa delle decisioni di Bruxelles.
Alberto Vitucci
La Nuova di Venezia 08/02/2009
VENEZIA. «Venezia cade a pezzi e la lobby pro Mose, governo e ministro Brunetta in testa, chiedono all’Europa soldi solo per le imprese del Mose». L’associazione Ambiente Venezia alza il tiro, e critica duramente il recente annuncio che la Bei - Banca europea degli investimenti - ha stanziato a favore del progetto delle dighe alle boche di porto un altro miliardo e mezzo di euro. «Non ci sono soldi per i restauri della città», dice il portavoce Luciano Mazzolin, «e governo e Regione pensano solo a garantire i soldi per portare avanti la grande opera inutile e dannosa. Fino ad oggi i cantieri e gli scavi hanno soltanto aumentato la velocità delle correnti, rendendo ancora più pericolosa l’entrata dell’acqua in laguna». Intanto, denuncia l’associazione, pezzi di pietra d’Istria cadono un acqua come in Riva dei Sette Martiri, e nessuno interviene. «Dove sono il governo, la Capitaneria, il Comune, la Soprintendenza, la magistratura?» Intanto il finanziamento europeo sembra ormai certo. Annunciato dal ministro delle Infrastrutture Altero Matteoli, confermato dal presidente Galan e dal presidente del Magistrato alle Acque Patrizio Cuccioletta. Per renderlo operativo si dovrà però attendere l’archiviazione della procedura di Infrazione avviata per i cantieri del Mose, aperti in violazione ad alcune direttive europee sulla tutela dell’ambiente e dell’habitat. Archiviazione di cui il governo è certo, ma che non è stata ancora ufficializzata, contro cui le associazioni ambientaliste hanno già annunciato ricorso alla Corte europea dei diritti fondamentali. Tra le motivazioni della Bei per la concessione del finanziamento, anche il fatto che «le opere già realizzate hanno già prodotto effetti benefici sulla laguna». «Una barzelletta», replicano a Italia Nostra, «chissà chi gliel’ha raccontato. Come fanno a dire una cosa del genere se l’opera non è ancora in funzione? Invece è aumentata l’erosione e la velocità delle correnti». Anche il Comune, negli studi diffusi dall’Osservatorio naturalistico e presentati lo scorso anno dal sindaco Cacciari, aveva definito «molto gravi» i danni apportati all’ambiente dai cantieri e dai lavori, in parte irreversibili, quantificando il danno in 120 milioni di euro. Adesso il discorso è «congelato» in attesa delle decisioni di Bruxelles.
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