sabato 25 luglio 2009

Villa Pullè cade a pezzi. Molti affreschi sbriciolati

Villa Pullè cade a pezzi. Molti affreschi sbriciolati
Sabato 25 Luglio 2009 CRONACA Pagina 17 L'ARENA

Un gruppo di cittadini che chiede la tutela del monumento di Chievo lancia un appello all’amministrazione comunale perché intervenga

Il comitato: «Le decorazioni sono distrutte dall’umidità Crollati i soffitti a stucco E i vandali sfregiano i muri»

Un patrimonio culturale unico e raro cade a pezzi. Accade a Villa Pullè, a Chievo. La denuncia dei cittadini risale al 1984 ed ora le condizioni di quella che è stata considerata per secoli una delle «possenti ville veronesi», così veniva citata nei trattati di architettura del Settecento, sono davvero peggiorate al punto che parte dell’edificio crolla letteralmente a pezzi e gli affreschi si sbriciolano.
Come è avvenuto per uno del Cignaroli rovinosamente crollato e irrimediabilmente andato perduto.
Addirittura c’è chi ha strappato dalle pareti un dipinto che rivedendolo in foto potrebbe risalire al Settecento, ma non è escluso sia del Cinquecento.
L’ipotesi arriva da Lorenzo Vicentini, rappresentante della Società Italiana per la protezione dei beni culturali (un tempo questa organizzazione era legata prettamente alle forze armate che nei territori di guerra si adoperava nella tutela delle opere artistiche e di carattere storico, ora si è allargata accogliendo anche i civili), nonché promotore di un gruppo di tutela per la villa nato su Facebook che ha già al suo attivo oltre mille simpatizzanti.
Ai nuovi strumenti di sensibilizzazione dell’opinione pubblica rimangano affiancati quelli tradizionali portati avanti da uno dei fondatori del comitato a favore del recupero di Villa Pullè, Silvano Pietropoli, e l’architetto Luigi Lazzarelli. E l’appello si fa ancora più forte. Chiedono tutela e che il Comune si faccia carico della situazione di degrado in cui versa la villa.
«Le nostre denunce perdono sempre più valore», dicono quasi a sottolineare che il tempo passa e la possibilità di recuperare il valore storico e culturale di questo luogo rischia di perdersi nella più assoluta indifferenza. Al grido di aiuto si aggiunge per la prima volta in oltre trent’anni di battaglie anche tanta sfiducia. Ma la speranza si sa è l’ultima a morire. Per questo con tanto di fotografie che documentano l’interno della «gemma», così la chiamava Giambattista Da Persico storico a cavallo tra il Settecento e l’Ottocento, evidenziano il degrado e un patrimonio artistico che si deteriora giorno dopo giorno.
Eppure fino agli anni Sessanta non era così. Di proprietà di Elvira Miniscalchi Erizzo nel 1919 venne lasciata in eredità alla Cassa di previdenza, oggi diventata Inps, con la clausola specifica che l’edificio venisse tradotto in un sanatorio. Qui infatti vennero ricoverati molti veronesi per quella che al tempo era una malattia inquietante e che mieteva moltissime vittime, specialmente tra i bambini, la tubercolosi.
Il testamento della nobildonna veronese che a sua volta aveva ereditato l’edificio da Erminia Turati Pullè, venne rispettato fino a quando nel 1960 i vigili del fuoco non denunciarono la pericolosità delle strutture lignee e venne chiuso.
Da allora l’Inps non ha mosso un dito per ridargli dignità. Si è limitata a sigillare le porte, le finestre, lasciando che un patrimonio inestimabile cadesse nel più completo abbandono.
«Le decorazioni dei saloni che apparivano buone in un filmato di due anni fa sono distrutte dall’umidità», sottolineano Vicentini, Lazzarelli e Pietropoli. «I soffitti a stucco dei due saloni ai lati sono crollati, i vandali hanno sfregiato parte delle pareti. Cedimenti e crolli sono all’ordine del giorno. Aiutateci».

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