Ruspe in azione al Maso di Montecchio.
Altre marogne distrutte, Dal Negro: «Non sapevo»
Domenica 26 Luglio 2009 PROVINCIA Pagina 24 L'ARENA
Denuncia l’associazione Il Carpino: «Non è ammissibile cancellare tradizionali muri a secco in un’area vincolata». Il sindaco: «Ci sono regole da rispettare»
«Intervento fondiario autorizzato» per il proprietario dei campi
Al Maso di Montecchio, sulla zona collinare tra il comune di Negrar e quello di Verona, sono arrivate le ruspe. Non si fatica a sentirne il rumore che copre il cinguettio degli uccelli, né a notare i loro colori giallo e nero in un panorama dominato da tinte verdi e marroni. Spostano terra, mangiano sassi e paiono golose in particolare di marogne, i caratteristici muretti a secco della Valpolicella costruiti dai contadini nei secoli per delimitare i confini, segnare i terrazzamenti, favorire il drenaggio. Opere belle e utili di cui negli ultimi anni si è molto sentito parlare, soprattutto per una rinata sensibilità nei loro confronti; a San Giorgio «Ingannapoltron» procede spedito, per esempio, il progetto civiltà delle marogne, che promuove valorizzazione e recupero di questi manufatti che oggi nessuno più costruirebbe (troppa manodopera!) e che sono diventati un segno distintivo del paesaggio nella Valpolicella.
Due mezzi con braccio meccanico da qualche giorno si muovono a ritmo serrato nel campo a sud di via Maso, di proprietà dell’azienda agricola di Sergio Castellani, con sede a Valgatara. Per l’opera in corso, «di movimentazione terra e aratura, necessaria prima dell’impianto delle viti», il proprietario assicura di essere in regola con le autorizzazioni rilasciate dal Corpo Forestale dello Stato e dal Comune. «Ci sono i permessi, è tutto regolare», dice Castellani, che definisce il lavoro un «livellamento del terreno, fatto senza smantellare nulla». Nega che sia in corso una demolizione dei muretti a secco, «che in buona parte erano tutti già caduti».
A prima vista, però, le cose paiono diverse e le file di marogne, a giudicare dalle fotografie scattate prima dell’intervento fondiario in corso, sembrano a posto, ben allineate e sostenute, solo un po’ invase dai cespugli. Finora sono finite sotto le fauci delle ruspe le prime due file, quelle più vicine alla strada. Al Maso è nata l’associazione Il Carpino, intitolata all’albero secolare (monumento vegetale censito dalla Regione), scomparso quando l’ex pascolo venne trasformato in un altro vigneto all’americana. Il presidente dell’associazione, Mario Spezia, dalla corte del Maso controlla ogni giorno la situazione; la sua preoccupazione è che le marogne superstiti spariscano del tutto entro poco tempo. «Non è ammissibile che si continui a distruggere, quelle marogne sono sempre state in buone condizioni», afferma Spezia. «Ricordo che il campo si trova in un’area vincolata dal punto di vista paesaggistico e ambientale, a pochi passi dal confine con il Sic, sito d’interesse comunitario, e dal complesso del Maso, censito come bene monumentale».
Il proprietario del terreno su cui sono in azione le ruspe prima rassicura sulle intenzioni — «Salvare più che si può è nel mio stesso interesse», dice — poi fa una distinzione tra i muretti in base alle loro condizioni: «Le marogne non spariranno, rimarranno dove sono in buono stato». Ma chi giudica il loro stato di conservazione? E chi decide cosa farne, se tenerle o distruggerle?
Il piano regolatore di Negrar prevedeva per le marogne, tra le norme tecniche di attuazione, di «mantenerle, ricuperarle, integrarle, attraverso materiali e tecniche tipiche della tradizione locale». Un’idea chiara di conservazione e tutela trasportata nel piano di assetto territoriale redatto dall’amministrazione Mion a cui ora il neosindaco Giorgio Dal Negro sta rimettendo mano.
Dei lavori al Maso il primo cittadino dice di non essere al corrente e di non aver ricevuto segnalazioni, almeno fino a venerdì, da parte dei suoi uffici. Promette però di informarsi al più presto su quello che sta succedendo. «Mi reputo un sindaco liberal, ma chi pensa che per questo si possano buttar giù le marogne come niente, si sta sbagliando di grosso», afferma Dal Negro. «Ci sono delle regole che vanno rispettate e non si può fare quello che si vuole solo perché si è a casa propria».
Altre marogne distrutte, Dal Negro: «Non sapevo»
Domenica 26 Luglio 2009 PROVINCIA Pagina 24 L'ARENA
Denuncia l’associazione Il Carpino: «Non è ammissibile cancellare tradizionali muri a secco in un’area vincolata». Il sindaco: «Ci sono regole da rispettare»
«Intervento fondiario autorizzato» per il proprietario dei campi
Al Maso di Montecchio, sulla zona collinare tra il comune di Negrar e quello di Verona, sono arrivate le ruspe. Non si fatica a sentirne il rumore che copre il cinguettio degli uccelli, né a notare i loro colori giallo e nero in un panorama dominato da tinte verdi e marroni. Spostano terra, mangiano sassi e paiono golose in particolare di marogne, i caratteristici muretti a secco della Valpolicella costruiti dai contadini nei secoli per delimitare i confini, segnare i terrazzamenti, favorire il drenaggio. Opere belle e utili di cui negli ultimi anni si è molto sentito parlare, soprattutto per una rinata sensibilità nei loro confronti; a San Giorgio «Ingannapoltron» procede spedito, per esempio, il progetto civiltà delle marogne, che promuove valorizzazione e recupero di questi manufatti che oggi nessuno più costruirebbe (troppa manodopera!) e che sono diventati un segno distintivo del paesaggio nella Valpolicella.
Due mezzi con braccio meccanico da qualche giorno si muovono a ritmo serrato nel campo a sud di via Maso, di proprietà dell’azienda agricola di Sergio Castellani, con sede a Valgatara. Per l’opera in corso, «di movimentazione terra e aratura, necessaria prima dell’impianto delle viti», il proprietario assicura di essere in regola con le autorizzazioni rilasciate dal Corpo Forestale dello Stato e dal Comune. «Ci sono i permessi, è tutto regolare», dice Castellani, che definisce il lavoro un «livellamento del terreno, fatto senza smantellare nulla». Nega che sia in corso una demolizione dei muretti a secco, «che in buona parte erano tutti già caduti».
A prima vista, però, le cose paiono diverse e le file di marogne, a giudicare dalle fotografie scattate prima dell’intervento fondiario in corso, sembrano a posto, ben allineate e sostenute, solo un po’ invase dai cespugli. Finora sono finite sotto le fauci delle ruspe le prime due file, quelle più vicine alla strada. Al Maso è nata l’associazione Il Carpino, intitolata all’albero secolare (monumento vegetale censito dalla Regione), scomparso quando l’ex pascolo venne trasformato in un altro vigneto all’americana. Il presidente dell’associazione, Mario Spezia, dalla corte del Maso controlla ogni giorno la situazione; la sua preoccupazione è che le marogne superstiti spariscano del tutto entro poco tempo. «Non è ammissibile che si continui a distruggere, quelle marogne sono sempre state in buone condizioni», afferma Spezia. «Ricordo che il campo si trova in un’area vincolata dal punto di vista paesaggistico e ambientale, a pochi passi dal confine con il Sic, sito d’interesse comunitario, e dal complesso del Maso, censito come bene monumentale».
Il proprietario del terreno su cui sono in azione le ruspe prima rassicura sulle intenzioni — «Salvare più che si può è nel mio stesso interesse», dice — poi fa una distinzione tra i muretti in base alle loro condizioni: «Le marogne non spariranno, rimarranno dove sono in buono stato». Ma chi giudica il loro stato di conservazione? E chi decide cosa farne, se tenerle o distruggerle?
Il piano regolatore di Negrar prevedeva per le marogne, tra le norme tecniche di attuazione, di «mantenerle, ricuperarle, integrarle, attraverso materiali e tecniche tipiche della tradizione locale». Un’idea chiara di conservazione e tutela trasportata nel piano di assetto territoriale redatto dall’amministrazione Mion a cui ora il neosindaco Giorgio Dal Negro sta rimettendo mano.
Dei lavori al Maso il primo cittadino dice di non essere al corrente e di non aver ricevuto segnalazioni, almeno fino a venerdì, da parte dei suoi uffici. Promette però di informarsi al più presto su quello che sta succedendo. «Mi reputo un sindaco liberal, ma chi pensa che per questo si possano buttar giù le marogne come niente, si sta sbagliando di grosso», afferma Dal Negro. «Ci sono delle regole che vanno rispettate e non si può fare quello che si vuole solo perché si è a casa propria».
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