sabato 15 marzo 2008

PETRARCA Sulle tracce di Laura perduta

LUOGHI LETTERARI Passeggiata nei Colli Euganei dove la realta' genera magie, apparizioni, ricordi. Molti grandi scrittori affascinati da queste terre
PETRARCA Sulle tracce di Laura perduta
Un mito poetico fra dispute filologiche, sport e canzonette Pellegrinaggio alla casa del "sommo" con Alfieri e Foscolo E Buzzati creo' la leggenda del vulcano che erutta gatti rabbiosi
Esistono davvero certi luoghi, anzi, certe concrezioni o arcipelaghi di luogni in cui, per quanto ci si addentri, e per quanto li si pensi e ripensi, o li si colga tutti insieme come in un plastico fissato da una prospettiva dall'alto, mai si riuscirebbe a precisarne una vera "mappa", a fissarvi itinerari. La voglia che tali luoghi insinuano e' quella di introiettarli quasi fisicamente, tanto sono vibranti di vitalita' intrecciate e dense. Essi esistono in tutto il mondo, e l'Italia ne e' colma. Cio' che spinge a identificarli davvero e' un amore esclusivo, "fatale", per la mai stanca violenza con cui sale dal fondo dei fondi e spinge come fuoco sotterraneo. Ecco, questo si puo' dire particolarmente, con sfacciata e maliosa evidenza dei Colli (monti) Euganei. Anche un semplice pieghevole pubblicitario e' piu' che sufficiente a far entrare in una fuga di piani visivi, di vicende della terra e degli esseri umani che vi stanno per scelta o per destino con i loro casali, paesi o castelli, a dare il senso di un "infinito" e di un "eterno" proprii. E' una realta' che trascina in un gorgo di intrighi o apparizioni o conferme: a partire dalle vicine o incluse "astuzie" termiche di falde acquifere salutari, gia' cantate sin dai tempi antichi (Claudiano), e lasciando sullo sfondo Padova. Muoversi, formicolare, stare negli Euganei e glissare di la' in tutte le direzioni del cosmo, cogliere i possibili della tortuosita' di una o di dieci stradine su dieci diversi orizzonti e assaggiare la sana festosita' e la pacatezza dei tanti olivi e dei tanti olii sufficienti ad alimentare per sempre lucerne interiori e fluidita' di fantasie. E presto ci si trova invischiati dolcemente e acremente in successivi paradisi, accordati col corpo geologico e coi 30 - 35 milioni di anni che gli inarcano le spalle, col gregge indisciplinato dei colli - monti che finiscono per modularsi in labirinto. Dall'estremo sud del sistema subito chiamano i frantumi "radioattivi" del santuario - scriptorium estense sacro alla dea paleoveneta Reitia, raddrizzatrice del mondo, tessitrice, sanatrice, alla testa di un pantheon quasi tutto femminile. Reitia, chissa'... Una fanciulla di estrema irrealta' ed eleganza che esce da un boschetto o una fruttante madre ruzantiana al lavoro nel cortile di una fattoria. Il tutto in frammenti e schegge, ma anche in situle (vasi) ben tornite, in monili di inquieto estro, e in rune forse lunari... Immediatamente dopo, a nord si alzano sui colli Baone, e Calaone gia' corte dei marchesi d'Este dove nel XII secolo si era acceso il primo e piu' importante cenacolo di poeti provenzali d'Italia, anche con rifugiati dalla persecuzione in patria. Spiccavano tra essi, come risulto' dagli entusiasmanti studi di Gianfranco Folena, in un fitto quadro di rapporti fra Italia settentrionale e Provenza, le figure di Aimeric De Peguilhan, di Lambertino Buvalelli e del giovane Sordello. La duchessa Beatrice d'Este era stata, prima del ritiro monastico, il nobile "restaur" d'"Est", la donatrice di energia in quella esperienza, e aveva la gioia come guida. L'immenso patrimonio lirico occitanico giustamente si assestava qui dopo le tappe sicula e toscana, per trovare nel Petrarca e in Arqua', il culmine di un'intera tradizione e un incredibile inizio. Con la potenza gravitazionale di un astro massimo, Petrarca si presenta quale immagine dell'autonomia dell'atto poetico e dell'amore - veleno necessario a nutrirlo. Intorno a lui ruotano eventi e frotte di ammiratori e imitatori illustri, ma anche di letterati ammuffiti. Ora, col suo rosagiallo, il sarcofago tante volte manomesso e restaurato campeggia nella piazzetta per i turisti, ma nell'inverno silente questa pare si dilati e dilati ancora entro il nulla; e profumato di brina e nulla e' anche il sarcofago, che non per questo cessera' di essere smangiucchiato, come la testa bronzea del poeta che vi e' sovrapposta mai cessera' di far da bersaglio alle sassate. E ci sara' ancora un resto di quel nido di calabroni che fu trovato nel secolo scorso tra le costole nude del Petrarca, nel corso di un'ispezione? Non fa pensare alle api di Aristeo, simbolo del puntiglioso rinascere della poesia? E non fa tenerezza, prima ancora che suscitare riverenza, la non enfatica dimora del poeta poco lontana? Quell'aspetto romito e difficile che conservano i Colli, penetrabili solo a piedi per certi viottoli non asfaltati, dove e' ancora possibile trovare il falco, certo si confaceva a Petrarca ed ai suoi cammini, in cui e' giusto vedere l'assommarsi e il divaricarsi delle piu' varie esperienze intellettive e del sentimento, a ridosso di un "ultimo limite". E se ora si e' posta qualche tregua, quasi a furor di popolo, al peggiore sfruttamento e smangiamento delle rocce, le pur sempre crude cicatrici qua e la' troppo spesso affiorano: ma forse queste ferite entrerebbero assai funzionalmente nella poesia petrarchesca. E vien qui fatto di ricordare che Dino Buzzati nei suoi Miracoli di Val Morel parla dell'improvviso risveglio vulcanico che erutto' gatti rabbiosi, per la precisione 973, distrutti grazie a Santa Rita nel 1737; aggiornando, piu' tardi egli auspicava un'eruzione di pantere, invece istigata da Rita, per frenare i demolitori dei Colli. Qui ci si incontrerebbe con le grandi storie del folclore locale non meno ricco di verita' e di fole che le fantasie letterarie e piu' corposo di esse. Ma in questi ultimi tempi si comincia a stare in pensiero per un altro tipo di demolizione che sarebbe di fatto una decapitazione. E i poeti di queste parti, alcuni bravissimi come Marco, sono in allarme. Si', perche' pare stia tremolando e svanendo nel mito Laura stessa, la signora degli amori di tutta Europa. Mentre ferrati studiosi tornano alla carica contro l'esistenza di Laura, le stelle fanno coincidere l'evento con il gran successo al Festival di Sanremo della canzone Laura non c'e', e Nek e' il nome del cantautore che viene a sottolineare questa vera e propria nex (strage) pur senza volerlo: intanto i ragazzi d'Italia ci piangiucchiano sopra. E per Padova, dove serpeggia una bella petrarcomania, tanto che persino la squadra di rugby e' intitolata a Petrarca, sara' un duro colpo. Ma, piano: qualche altra autorita' filologica non meno competente dei negatori sosterra' le folle che non vogliono privarsi, ne' qui ne' per l'universo mondo, della "presenza reale" di Laura nella storia e nell'eucarestia poetica. La fortuna critica di Petrarca, comunque, vive piu' che mai, tanto che anche Paul Celan, uno dei massimi poeti del nostro tempo, di lingua tedesca, ebbe a dire che "Petrarca e' di nuovo in vista". E provenendo da un tale impervio e torturato osservatorio e' questa un'asserzione che chiama a rimeditare il senso stesso che puo' avere oggi la poesia. Se fu numerosa la schiera dei grandi che passarono di qui, per rinsanguarsi nella fede loro, da Alfieri a Shelley a Byron, occupa, si sa, un suo forte spazio Ugo Foscolo: che si lancia di corsa attraverso i Colli scavalcando siepi e crinali, portandosi in tasca il libro delle rime sparse, o che sale "alla sacra casa di quel sommo italiano". Con l'amata e negata Teresa la' "si prostra" Jacopo il suicida protagonista dell'Ortis, in cui parzialmente si cela l'autore stesso. Ma di fatto i cari Colli, o corrispondendo o incantando, medicarono a Ugo le sue tristezze erotico - politiche. E chissa' a quanti altri. Un giorno di grigia primavera ci si aggirava in auto lentamente entro la ressa delle figure tutte, pur se vagamente coniche, tondeggianti, quando a una svolta ci si pararono davanti tre coni geometricamente perfetti, protesi, impeccabilmente appuntiti, di un colore lavico - cinereo da lasciarci di sale. Apparivano, "erano", quei coni, sicuri di una loro nobilta' garantita dai milioni di anni, noncuranti eppure alquanto subdoli, da figli dell'impossibile. "Ecco la Trimurti Euganea!". In Marco e in me si era annunciata simultaneamente questa folgorata, secca sorgente del divino, presente da sempre eppure solo in quel momento manifesta. Rimasti a lungo in contemplazione e vorrei dire in preghiera, decidemmo di ritornare con piu' calma e prestissimo sul luogo. Buttai giu' uno schizzo approssimativo che rincorreva invano l'esattezza ripida e severa, la superbia sottile e capricciosa di quelle entita'. Ritornammo tante volte e non le reincontrammo mai piu'. Pareva che... ma no... si affacciavano somiglianze parziali, graffi di delusioni. Non restava che sperare in un altro tic degli dei. In realta' questi sono fenomeni che si formano continuamente in qualunque sito, specie tra i monti: vi interferiscono di continuo ore, luci, stagioni, minuzie che ci fanno desolatamente sentire come nulla vi sia di stabile, come tutto cambi anche se immoto, perche' tutto e' proiettato all'irraggiungibile in - se'. E cosi' avviene a maggior ragione per l'animo umano, i volti umani anche piu' amati; tutti sono i soliti uno - nessuno - centomila, tutto era e sara' paesaggi diffratti e ricomposti a colpi d'ala o soffi piu' o meno ludici, piu' o meno carezzevoli o maligni. E Yves Bonnefoy torna a dirci che "i luoghi, come gli dei, sono i nostri sogni". Tra i punti emergenti famosi sui Colli come il giardino con la grande villa e il labirinto di Valsanzibio, il castello del Cataio o l'abbazia di Praglia, notissima per gli studi e le attivita', tanti sono gli snodi o i nodi quasi gordiani creati dalle movenze collinari o dai costoni dirotti o anche da sistemazioni di varia specie urbanistica che sbucano dovunque. Ma - come al polo opposto di questo spazio e tempo - vale soffermarsi sul bacone di Teolo, in un'anticipazione di chissa' quale avvenire di apparecchi sempre piu' ossessionanti nel creare precisioni di pixel o aperture di compassi onnidirezionali sull'infinito. Nel Centro sperimentale idrologico e meteorologico regionale si registra, si prevede ogni moto atmosferico entro titillanti fulgori e cromatismi di computer e vien reso il continuo fremere dei cieli, raccolto simultaneamente in tutta la regione da centinaia di stazioni di rilevamento, situate nei punti piu' vari, stazioni la cui sensibilita' resta talvolta annullata magari da un sacchetto di plastica lasciato da qualche agricoltore sugli "occhi dell'apparecchio". E la' gli studiosi, ciascuno adibito a particolari competenze, pronosticano, in parcellizzazione millimetrica e precisione di minuti e secondi, disastro o sereno, qua o la', in modo che nel caso si possano disporre i migliori accorgimenti di prevenzione in tempo giusto. A che ora esatta lo spettacolo dell'Arena deve partire o essere interrotto, o ripreso senza danni? Quelli di Teolo lo sanno dire... Ecco, e' notte. Il valente giovane scrittore Giulio gode la discesa in bicicletta dalle alture verso Padova, il cui cielo comincia a sfolgorare per uno spettacolo pirotecnico. Forse egli torna dalla popolare "Sagra delle giuggiole" di Arqua'... Giulio scivola in giu' contento, sostenuto dal suo sano fraseggiare, dal suo buon italiano, puo' buttarsi avanti quasi nel vuoto. "Sente" forse che tutto potrebbe resistere se resiste la fede nella lingua?

Zanzotto Andrea

Pagina 31, 28 settembre 1997, Corriere della Sera

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