venerdì 2 gennaio 2009

Un´inchiesta nel Triveneto sui giovani e la religione. Quando dio è in minoranza

La Repubblica 31.12.08
Un´inchiesta nel Triveneto sui giovani e la religione. Quando dio è in minoranza
di Marco Politi

A Trieste Venezia e Pordenone la maggioranza dichiara di credere, ma appena si domanda "a cosa" le risposte sono piuttosto sorprendenti

Svanisce tra i giovani l´immagine del Dio cristiano, vacilla il dogma che Cristo sia figlio di Dio, aumenta la distanza dalla Chiesa istituzione. È il risultato di una limpida inchiesta sul mondo giovanile, condotta da Alessandro Castegnaro presidente dell´Osservatorio socio-religioso Triveneto e benedetta dal vescovo di Trieste mons. Eugenio Ravignani. Il quale ammette che i risultati possono avere «sconcertato chi si attendeva risposte più confortanti», scoprendo quanto la religione venga considerata poco importante nella vita delle persone intervistate.
L´inchiesta (A.Castegnaro, Religione in standby, Marcianum Press, pagg. 296, euro 29) è partita da un´analisi della situazione di Trieste, ma poi si è allargata ad una comparazione con la situazione di Venezia e Pordenone. Trieste, notoriamente, è una città particolare in cui forte è l´impronta austro-ungarica, di tradizione cosmopolita, laica, secolarizzata, che la apparenta ai costumi e agli stili di pensiero del Nordeuropa. Ma l´incrocio dei dati con una realtà culturalmente metropolitana come Venezia e invece provinciale - da classico Veneto bianco - di Pordenone offre uno specchio interessante delle giovani generazioni, che può valere almeno per l´Italia centro-settentrionale.
Le sorprese sono tante. Quanto conta la religione per i giovani triestini? Poco per il 45 per cento, niente per il 10, moltissimo solo per un 15 per cento. Interrogati se credono, a Trieste rispondono sì il 77 per cento, a Venezia l´86, a Pordenone l´89.
Ma appena si domanda a cosa, le risposte sono per un paese ufficialmente cattolico sconcertanti. Al «Dio cristiano» credono a Trieste soltanto il 38 per cento dei giovani, a Venezia il 43, a Pordenone il 46. L´altra metà, più o meno, preferisce credere in una «Realtà superiore» non meglio definita. Fortemente incrinata è la convinzione che Gesù Cristo sia figlio di Dio. Ci credono poco o per nulla il 41 per cento a Trieste, il 33 a Venezia, il 24 a Pordenone. Gli incerti, nel medesimo ordine, sono al 26 per cento, al 34, al 29. I molto convinti sono un terzo a Trieste e Venezia e il 46 per cento a Pordenone.
L´inchiesta, svolta tra i giovani tra i diciotto e i ventinove anni, non è avvenuta per via telefonica (che rischia di provocare reazioni troppo estemporanee) né di persona attraverso un intervistatore: sistema che rischia di suscitare risposte troppo compiacenti, in cui l´intervistato tende a reagire secondo moduli più conformisti oppure, spiega Castegnaro, si astiene da opinioni che avrebbe il «timore di formulare». Si è lasciato alle persone scelte un pacchetto di domande perché rispondessero in solitudine e concentrazione.
Emerge in prima battuta una differenza tra religione e religiosità, che spiega benissimo perché il «revival religioso» in corso da anni e mediaticamente esaltato non corrisponda ad un aumento reale della pratica religiosa nell´ambito della Chiesa. Perché la religione è un sistema istituzionalizzato di credenze, pratiche, riti e tradizioni e i giovani tendono a rifuggire da tutto ciò che appare come «istituzione» o disciplina. Mentre la religiosità è un dimensione più flessibile di simboli, che danno senso alla vita e attivano energie spirituali, morali e sociali.
È questa l´opzione che fanno le nuove generazioni. Non a caso la domanda «Credi a un Dio personale?», fondamentale per la tradizione giudaica e cristiana in cui Dio interviene personalmente nella storia - dalla Creazione fino all´Apocalisse - rimbalza sui giovani. Solo un terzo circa risponde di sì a Trieste e Venezia, e non più del 46 per cento a Pordenone.
Dio, dunque, è in minoranza. Il Dio delle cosiddette «radici cristiane». Il Dio annunciato ogni domenica a messa, proclamato a battesimi, comunioni, nozze e funerali, insegnato per tredici anni nell´ora di religione. Emerge anche la differenza tra aree di cultura urbana avanzata e aperta a influenze internazionali, come Trieste e Venezia, e aree più chiuse come Pordenone, in cui la secolarizzazione avanza meno velocemente.
Negli intervistati colpisce la distanza dalla Chiesa-istituzione. Alla richiesta di esprimere una valutazione sulla Chiesa cattolica, Castegnaro riporta che il «saldo tra giudizi complessivamente negativi e positivi» è il seguente: - 31 nella diocesi di Trieste, - 30 nel patriarcato di Venezia, appena + 2 nella diocesi di Pordenone. In questo contesto appare lontanissima dalla realtà la pretesa della gerarchia ecclesiastica di rappresentare politicamente i cittadini «cattolici», quando si tratta di legiferare su temi come il testamento biologico o le famiglie di fatto.
Ma anche all´interno della Chiesa i vescovi devono porsi molti interrogativi. A Venezia, ad esempio, è patriarca una delle personalità intellettualmente più brillanti della Chiesa italiana, eppure il messaggio ecclesiale non sembra riuscire a penetrare in profondità nel mondo giovanile. Evidentemente i giovani rappresentano davvero un mondo sé. Chiusi in un circuito proprio. In stand by.

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