Il cimitero della città perduta
Martedì 21 Aprile 2009 PROVINCIA Pagina 24 L'ARENA
Conclusa la campagna della Soprintendenza, che ha portato alla scoperta di una nuova grande necropoli di origine celtico-romana
A Santa Maria c’era un insediamento importante, ma in 20 anni non se n’è trovata traccia
Centottanta le tombe di origine celtico-romana dissotterrate lungo la provinciale 19 tra il Mulino dei Sassi e la rotonda per Volon dalla campagna di scavi appena portata a termine dalla Soprintendenza ai beni archeologici del Veneto. La necropoli, l’ennesima venuta alla luce nella zona di Santa Maria, è stata scoperta durante i lavori di scavo intrapresi per un miglioramento fondiario. E’ bastato rimuovere mezzo metro di terreno per intravedere le tombe più superficiali.
«Si tratta di uno dei tanti sepolcreti che costellano Santa Maria, con tombe che vanno dalla fine del II secolo avanti Cristo al I dopo Cristo. Il nucleo è pluristratificato in relazione all’excursus cronologico», spiega Brunella Bruno, coordinatrice della Soprintendenza. La tipologia delle tombe è a «cassetta», cioè con lastre di materiale in cotto, o a fossa. Queste ultime sono le più antiche; le prime, invece, sono dell’epoca romana. Nelle quasi 200 sepolture sono stati trovati i resti di una sola inumazione. Rito funerario prevalente si è dunque confermato l’incinerazione: il defunto veniva bruciato su una pira, quindi le ceneri e i resti del banchetto funebre venivano raccolti in un’anfora che veniva collocata nella tomba assieme al corredo funerario: nel caso di donne, da ornamenti quali spille, bracciali, collane, suppellettili usati nelle faccende domestiche; nei sepolcri degli uomini, invece, attrezzi da lavoro o armi.
In tutte le tombe sono state rinvenute monete ritenute necessarie al traghettamento nell’aldilà, in quantitativo proporzionale al censo del defunto: più soldi nelle tombe dei ricchi e viceversa. Proprio le monete hanno consentito di datare l’epoca della necropoli.
E l’uso di cremare la salma? «Il rito non è strettamente legato all’avvento della cristianità», risponde la dottoressa Bruno. «Relativamente allo stesso periodo storico, nella nostra provincia sono molti i casi di defunti inumati. La tipologia del rito era in funzione di convinzioni religiose, ma anche culturali e della tradizione dei parenti del defunto. Certo è che con la diffusione dell’ideologia cristiana si assiste all’uso sempre più diffuso dell’inumazione, a scapito della cremazione».
La direttrice della Soprintendenza ritiene che la scoperta della necropoli nella zona di Santa Maria riproponga in modo ancora più pressante la necessità di individuare il centro all’epoca abitato, di cui in circa 20 anni di campagne di scavi ancora non s’è trovata traccia. «Certamente il numero delle aree funerarie trovate induce a pensare che in loco ci fosse un insediamento importante e popolato. Su un’area abbastanza ristretta, Santa Maria non ha restituito nuclei cimiteriali d’insediamenti rurali, ma tombe di centinaia e centinaia d’individui». Par di capire, insomma, che nella frazione zeviana e immediati dintorni esistesse un insediamento che, relativamente all’epoca, può essere considerato una città.
La campagna di scavi della Soprintendenza lungo la provinciale 19 di Rivalunga è iniziata a gennaio 2008, è stata a lungo sospesa e si è chiusa di recente. «La lunga interruzione era dovuta all’attesa dei finanziamenti ministeriali necessari a ultimare gli scavi. Non abbiamo chiesto aiuti al Comune, ci hanno aiutato i privati che stanno portando avanti la bonifica fondiaria», conclude Brunella Bruno.
Martedì 21 Aprile 2009 PROVINCIA Pagina 24 L'ARENA
Conclusa la campagna della Soprintendenza, che ha portato alla scoperta di una nuova grande necropoli di origine celtico-romana
A Santa Maria c’era un insediamento importante, ma in 20 anni non se n’è trovata traccia
Centottanta le tombe di origine celtico-romana dissotterrate lungo la provinciale 19 tra il Mulino dei Sassi e la rotonda per Volon dalla campagna di scavi appena portata a termine dalla Soprintendenza ai beni archeologici del Veneto. La necropoli, l’ennesima venuta alla luce nella zona di Santa Maria, è stata scoperta durante i lavori di scavo intrapresi per un miglioramento fondiario. E’ bastato rimuovere mezzo metro di terreno per intravedere le tombe più superficiali.
«Si tratta di uno dei tanti sepolcreti che costellano Santa Maria, con tombe che vanno dalla fine del II secolo avanti Cristo al I dopo Cristo. Il nucleo è pluristratificato in relazione all’excursus cronologico», spiega Brunella Bruno, coordinatrice della Soprintendenza. La tipologia delle tombe è a «cassetta», cioè con lastre di materiale in cotto, o a fossa. Queste ultime sono le più antiche; le prime, invece, sono dell’epoca romana. Nelle quasi 200 sepolture sono stati trovati i resti di una sola inumazione. Rito funerario prevalente si è dunque confermato l’incinerazione: il defunto veniva bruciato su una pira, quindi le ceneri e i resti del banchetto funebre venivano raccolti in un’anfora che veniva collocata nella tomba assieme al corredo funerario: nel caso di donne, da ornamenti quali spille, bracciali, collane, suppellettili usati nelle faccende domestiche; nei sepolcri degli uomini, invece, attrezzi da lavoro o armi.
In tutte le tombe sono state rinvenute monete ritenute necessarie al traghettamento nell’aldilà, in quantitativo proporzionale al censo del defunto: più soldi nelle tombe dei ricchi e viceversa. Proprio le monete hanno consentito di datare l’epoca della necropoli.
E l’uso di cremare la salma? «Il rito non è strettamente legato all’avvento della cristianità», risponde la dottoressa Bruno. «Relativamente allo stesso periodo storico, nella nostra provincia sono molti i casi di defunti inumati. La tipologia del rito era in funzione di convinzioni religiose, ma anche culturali e della tradizione dei parenti del defunto. Certo è che con la diffusione dell’ideologia cristiana si assiste all’uso sempre più diffuso dell’inumazione, a scapito della cremazione».
La direttrice della Soprintendenza ritiene che la scoperta della necropoli nella zona di Santa Maria riproponga in modo ancora più pressante la necessità di individuare il centro all’epoca abitato, di cui in circa 20 anni di campagne di scavi ancora non s’è trovata traccia. «Certamente il numero delle aree funerarie trovate induce a pensare che in loco ci fosse un insediamento importante e popolato. Su un’area abbastanza ristretta, Santa Maria non ha restituito nuclei cimiteriali d’insediamenti rurali, ma tombe di centinaia e centinaia d’individui». Par di capire, insomma, che nella frazione zeviana e immediati dintorni esistesse un insediamento che, relativamente all’epoca, può essere considerato una città.
La campagna di scavi della Soprintendenza lungo la provinciale 19 di Rivalunga è iniziata a gennaio 2008, è stata a lungo sospesa e si è chiusa di recente. «La lunga interruzione era dovuta all’attesa dei finanziamenti ministeriali necessari a ultimare gli scavi. Non abbiamo chiesto aiuti al Comune, ci hanno aiutato i privati che stanno portando avanti la bonifica fondiaria», conclude Brunella Bruno.
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