Il nuovo castello di Padova. Così rinascerà dall’abbandono la fortezza dei Carraresi, risalente al XIII secolo
Davide D’Attino
Corriere del Veneto 16/04/2009
Riecco il Castello. Sarebbe potuto diventare un residence extralusso, con decine di appartamenti e villette da sogno nel cuore di Padova. La fine, per intenderci, che presto toccherà all’ormai ex Collegio Antonianum, a due passi dalla Basilica di Sant’Antonio. Garage e case milionarie al posto di biblioteche e stanze in affitto per studenti universitari fuori sede.
Invece, l’antica fortezza dei Carraresi, voluta nel 1242 dall’allora signore della città Ezzelino da Romano, affrescata (forse) dal pittore Guariento di Arpo e completata circa un secolo più tardi sotto la guida di Nicolò della Bellanda, sta pian piano tornando com’era. Compreso pure, nelle suggestioni più che nei progetti davvero realizzabili, il cosiddetto «traghetto» (di cui, nell’immagine sopra, a sinistra, vediamo una fedele ricostruzione al computer). Cioè il vecchio percorso «aereo» che collegava l’enorme roccaforte, nonché maestosa dimora signorile, alle mura medievali. Una rapida via di fuga, in caso d’improvviso pericolo, ma anche una passeggiata virtuale sui tetti di Padova, di qua il Duomo e di là Ponte Tadi.
Riecco il Castello. Dal Trecento al Terzo millennio, attraverso prima la conquista da parte della Repubblica di Venezia (1401), con lo scialbo di ogni stemma carrarese presente sulle pareti, e poi il dominio dell’Impero austriaco (1807), con la trasformazione del grande complesso in un carcere dotato di una sessantina di celle e buono per «ospitare» anche più di mille persone. Finestre chiuse con le grate e portoni in ferro muniti del classico «spioncino», così fino al 1992. Quando, a distanza di pochi mesi, si trasferiscono da piazza Castello, e dai locali affacciati su riviera Tiso da Camposampiero, prima l’officina di biciclette Rizzato, che «rieducava» i detenuti facendo loro assemblare catene e forcelle, e poi il carcere stesso. È da quel momento, con l’ex fortezza di proprietà del Ministero della Giustizia, che il processo di damnatio memoriae, in verità cominciato parecchio tempo prima, si intensifica fino a diventare insopportabile. Erbacce d’ogni sorta e lunghezza si mangiano l’intero cortile e una buona parte dei soffitti, mentre polvere e muffa attaccano le pareti affrescate quasi sette secoli or sono. Abbandono, degrado, incuria. Tutti termini che fanno rima con: distruzione del ricordo. Annullamento del passato. Ancora dieci anni e qualcuno dice: «Basta». Andrea Colasio, 51enne di Noventa Padovana, inizia ad occuparsi del recupero del Castello carrarese nel 2002, quando da parlamentare della Margherita riesce prima a impedire che l’antica residenza signorile rientri nelle cartolarizzazioni del governo Berlusconi (un carcere ultramoderno in Puglia e case di lusso a Padova) e poi a traslocarne la proprietà al Ministero dei Beni culturali.
Con oltre sette milioni di euro scuciti a gran fatica dalle casse dello Stato, oggi il complesso medievale sta riacquistando la proprio identità. E, tra pochi mesi, verrà restituito (gradatamente) alla città. «Diventando quel polo museale e delle grandi mostre di cui Padova ha bisogno – spiegava ieri Colasio durante l’ennesimo sopralluogo –. È come se avessimo scongelato un mammut e andassimo ora a caccia delle sue smisurate potenzialità».
I primi lavori di restauro, durati circa due anni, hanno rinforzato tetti e solai, svuotato il giardino dei sassi e sterpaglie e riscoperto l’enorme sala di rappresentanza, messa in sicurezza con diverse capriate in legno. Presto, sarà creata una fondazione ad hoc per gestire il Castello del Terzo millennio, di cui dovrebbero far parte il Ministero dei Beni culturali, la Fondazione Cariparo, il Comune di Padova e il Fai. Intanto, dopodomani, sabato, alle 17 al Palazzo della Ragione, si terrà un convegno sul tema, ospiti tutte le più alte cariche cittadine. Informazioni al numero 049.8764206 e al sito internet www.castellocarrarese.it.
Davide D’Attino
Corriere del Veneto 16/04/2009
Riecco il Castello. Sarebbe potuto diventare un residence extralusso, con decine di appartamenti e villette da sogno nel cuore di Padova. La fine, per intenderci, che presto toccherà all’ormai ex Collegio Antonianum, a due passi dalla Basilica di Sant’Antonio. Garage e case milionarie al posto di biblioteche e stanze in affitto per studenti universitari fuori sede.
Invece, l’antica fortezza dei Carraresi, voluta nel 1242 dall’allora signore della città Ezzelino da Romano, affrescata (forse) dal pittore Guariento di Arpo e completata circa un secolo più tardi sotto la guida di Nicolò della Bellanda, sta pian piano tornando com’era. Compreso pure, nelle suggestioni più che nei progetti davvero realizzabili, il cosiddetto «traghetto» (di cui, nell’immagine sopra, a sinistra, vediamo una fedele ricostruzione al computer). Cioè il vecchio percorso «aereo» che collegava l’enorme roccaforte, nonché maestosa dimora signorile, alle mura medievali. Una rapida via di fuga, in caso d’improvviso pericolo, ma anche una passeggiata virtuale sui tetti di Padova, di qua il Duomo e di là Ponte Tadi.
Riecco il Castello. Dal Trecento al Terzo millennio, attraverso prima la conquista da parte della Repubblica di Venezia (1401), con lo scialbo di ogni stemma carrarese presente sulle pareti, e poi il dominio dell’Impero austriaco (1807), con la trasformazione del grande complesso in un carcere dotato di una sessantina di celle e buono per «ospitare» anche più di mille persone. Finestre chiuse con le grate e portoni in ferro muniti del classico «spioncino», così fino al 1992. Quando, a distanza di pochi mesi, si trasferiscono da piazza Castello, e dai locali affacciati su riviera Tiso da Camposampiero, prima l’officina di biciclette Rizzato, che «rieducava» i detenuti facendo loro assemblare catene e forcelle, e poi il carcere stesso. È da quel momento, con l’ex fortezza di proprietà del Ministero della Giustizia, che il processo di damnatio memoriae, in verità cominciato parecchio tempo prima, si intensifica fino a diventare insopportabile. Erbacce d’ogni sorta e lunghezza si mangiano l’intero cortile e una buona parte dei soffitti, mentre polvere e muffa attaccano le pareti affrescate quasi sette secoli or sono. Abbandono, degrado, incuria. Tutti termini che fanno rima con: distruzione del ricordo. Annullamento del passato. Ancora dieci anni e qualcuno dice: «Basta». Andrea Colasio, 51enne di Noventa Padovana, inizia ad occuparsi del recupero del Castello carrarese nel 2002, quando da parlamentare della Margherita riesce prima a impedire che l’antica residenza signorile rientri nelle cartolarizzazioni del governo Berlusconi (un carcere ultramoderno in Puglia e case di lusso a Padova) e poi a traslocarne la proprietà al Ministero dei Beni culturali.
Con oltre sette milioni di euro scuciti a gran fatica dalle casse dello Stato, oggi il complesso medievale sta riacquistando la proprio identità. E, tra pochi mesi, verrà restituito (gradatamente) alla città. «Diventando quel polo museale e delle grandi mostre di cui Padova ha bisogno – spiegava ieri Colasio durante l’ennesimo sopralluogo –. È come se avessimo scongelato un mammut e andassimo ora a caccia delle sue smisurate potenzialità».
I primi lavori di restauro, durati circa due anni, hanno rinforzato tetti e solai, svuotato il giardino dei sassi e sterpaglie e riscoperto l’enorme sala di rappresentanza, messa in sicurezza con diverse capriate in legno. Presto, sarà creata una fondazione ad hoc per gestire il Castello del Terzo millennio, di cui dovrebbero far parte il Ministero dei Beni culturali, la Fondazione Cariparo, il Comune di Padova e il Fai. Intanto, dopodomani, sabato, alle 17 al Palazzo della Ragione, si terrà un convegno sul tema, ospiti tutte le più alte cariche cittadine. Informazioni al numero 049.8764206 e al sito internet www.castellocarrarese.it.
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