sabato 7 giugno 2008

Verona. Museo vendesi per costruire parcheggi

Verona. Museo vendesi per costruire parcheggi
Denise La Monica
Il Giornale dell’arte 6/6/2008

Il Sindaco vuole vendere edifici storici e museali per finanziare
restauri, parcheggi, residenze e uffici. Senonché Palazzo Forti
era vincolato dal testamento del suo donatore...

VERONA. Nel 1732 Scipione Maffei nella sua Verona illustrata giudicava «mirabil cosa» che per la punizione di danni ai beni pubblici la perdita di poche lire esercitasse un influsso maggiore del «decoro della propria patria», della «carità del prossimo» e del «credito del governo». Queste erano per lui le ragioni ideali che dovevano ispirare il comportamento dei cittadini di Verona nei confronti del loro paesaggio urbano. Oggi però sembra che questi concetti di «credito» e «decoro» abbiano cambiato fisionomia. La necessità primaria sono i parcheggi che determinano l'apertura di vere e proprie voragini in centro storico. Lungadige Capuleti, piazza Arditi, piazza Vi viani dovranno ospitare ben presto parcheggi ma, come era prevedibile, cominciano ad affiorare reperti archeologici di grande interesse, come strati di sepolture medievali in piazza Arditi e un muro della trecentesca cittadella viscontea in Lungadige Capuleti. Ciò determina il blocco dei cantieri, l'allungamento dei tempi per la realizzazione delle opere pubbliche e conseguenti difficoltà per la mobilità. Si è aperto così un contrasto tra Soprintendenza e Comune e il sindaco Flavio Tosi (Lega Nord) si è lanciato contro le Soprintendenze definendole «organo di derivazione borbonica» dotato di «potere assoluto, in grado di fermare anche per anni qualsìasi opera pubblica o privata, anche se strategica per la città». Il sindaco dichiara di avere intenzione di far pressione per trasferire il potere dalle Soprintendenze agli enti locali con l'obiettivo, a suo dire, di «deburocratizzare» e velocizzare le procedure. Così facendo trasmette l'idea che per il Comune sia interesse pubblico creare parcheggi in centro storico, anche distruggendo i reperti archeologici, piuttosto che conoscere, tutelare e valorizzare i nuovi reperti e le scoperte in corso in città.
Nel frattempo, vengono portate avanti altre iniziative che riguardano, in diversa misura, il patrimonio culturale: la dismissione dell'ex monastero di San Domenico e di tre palazzi di interesse culturale, attualmente sedi museali: palazzo Forti, attuale sede della Galleria d'arte moderna, e i palazzi Pompei e Gobetti, che ospitano le collezioni di storia naturale. La vendita di questi palazzi dovrebbe fruttare alle casse comunali ben 107 milioni di euro che in parte verrebbero utilizzati per recuperare e restaurare le nuove sedi museali, tra cui palazzo del Capitanio e Castel San Pietro. Un ruolo importante in tutto questo sarebbe giocato dalla Fondazione Cariverona, che si è già impegnata con il Comune ad acquistare Palazzo Pompei e a ospitare una parte della collezione di storia naturale a Castel San Pietro, già comprato dalla stessa fondazione nel 2006. In questa serie di passaggi , quindi, il Comune venderebbe tre palazzi e trasferirebbe due collezioni; la Fondazione acquisterebbe un palazzo di sicuro interesse culturale e prenderebbe in prestito una raccolta allestendola in una sede di sua pertinenza. Il Comune si «libererebbe» dei beni storici, vendendoli o dandoli in consegna a un privato, con il solo obiettivo di ottenere liquidità Questa serie di operazioni risponde veramente al «credito del governo» e al «decoro della patria» e corrisponde realmente all'interesse della cittadinanza?
Perché si vende il patrimonio pubblico


Ma a che scopo è messa in atto questa complessa operazione di vendita di beni pubblici? Dove vanno a finire e come saranno impiegate le liquidità ottenute? Una parte sarebbe utilizzata per ristrutturare il palazzo del Capitanio e Castel San Pietro; un'altra poi dovrebbe servire a riacquistare da privati l'area Verona sud del cosiddetto Polo Finanziario (33 milioni di euro), da trasformare in parte in parcheggio multipiano; un'altra parte ancora dovrebbe essere destinata ad acquistare l'area di S an Giacomo (26 min), da destinare a parco urbano. Ma soprattutto l'interesse di quest'area deriva dal fatto che dovrà fornire «300mila metri cubi di capacità edificatoria da mettere sul mercato, nei comparti edificabili» (Vìto Giacino, assessore urbanistica, su «L'Arena», 3 aprile). Una delibera del Consiglio comunale, infine, ha modificato la destinazione d'uso dei palazzi storici in vendita per consentire la loro miglior allocazione sul mercato: chi se lo comprerebbe altrimenti un palazzo da usare come museo? Non più destinazione museale, ma residenziale e commerciale. Questo passaggio è avvenuto senza il controllo delle Soprintendenze, previsto per legge ogni qual volta si intenda vendere il patrimonio immobiliare pubblico, soprattutto se già di accliarato interesse culturale. Alienazione di palazzi storici in cambio di nuove costruzioni; vendita del patrimonio culturale e perdita di aree verdi a favore della cementificazione: questo appare il prioritario interesse pubblico, secondo il Comune di Verona. Ma è tutto vero o forse sono solo illazioni giornalistiche? Dal Bilancio previsionale (dicembre 2007) si viene a conoscenza di ulteriori dettagli. Primo, l'Arsenale, inizialmente da adibire a parco pubblico, viene destinato in parte a parcheggio multipiano, da finanziare con gli introiti delle cessioni immobiliari. Secondo, anche la costruzione di una nuova sede per la Polizia municipale deve essere finanziata con la vendita della vecchia sede,cioè del Monastero di San Domenico per 12,6 milioni di euro. Terzo, per «permettere alla Fiera di Verona dì disporre delle aree neces-sarie al suo sviluppo previa riacquisizione del cosiddetto polo finanziario», si acquista di nuovo da Cariverona la medesima area di Verona Sud che il Comune aveva già venduto alla stessa al costo di 33 milioni. Quarto, per «recuperare il compendio del Palazzo del Capitanio», è proposto un intervento di restauro dal costo di 28 milioni di euro, da sostenere naturalmente «con gli introiti delle cessioni immobiliari». Quinto, per avviare interventi di edilizia residenziale pubblica, si stabilisce / '«alienazione dell'immobile comunale denominato Palazzo Forti» e delle annesse unità abitative per una cifra di 65 milioni di euro, già calcolata in base al «cambio di destinazione di Palazzo Forti da culturale in residenziale-commerciale». Il cambio di destinazione d'uso dunque era già nelle intenzioni dell'Amministrazione comunale fin dal bilancio previsionale (dicembre 2007) poiché sul prezzo così maggiorato il Comune avrebbe fatto i conti per le successive spese, dando per scontato che sarebbe riuscito nell'operazione senza porsi il problema del parere della Soprintendenza. Ma tutto questo è in conflitto anche con l'atto testamentario di Achille Forti, che aveva donato nel 1937 all'amministrazione comunale la propria abitazione per destinarla a Galleria d'arte moderna e a scopi culturali. Infine, all'alienazione di Palazzo Forti si aggiunga, come già preannunciato, 1'«alienazione dell'immobile comunale denominato Palazzo Gobetti», al prezzo di 10 milioni di euro, e di palazzo Pompei per 20 milioni. La lettura dei documenti ufficiali approvati dall'amministrazione conferma quindi le notizie della stampa: il Comune di Verona intende vendere una parte cospicua del proprio patrimonio artistico, modificandone anche la destinazione d'uso da museale a residenzial-commerciale, con l'obiettivo di recuperare liquidità che verrà destinata in parte alla ristrutturazione di un altro palazzo storico, ma soprattutto alla costruzione di nuovi parcheggi. È evidente che in questa situazione ancora una volta le ragioni della tutela sono sempre più disarmate sotto la pressione dell'urgenza, dello «sviluppismo».

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