lunedì 5 maggio 2008

VERONA - Dopo gli articoli-denuncia dedicati agli edifici storici abbandonati, abbiamo sentito il parere di alcuni operatori culturali veronesi «R...i

VERONA - Dopo gli articoli-denuncia dedicati agli edifici storici abbandonati, abbiamo sentito il parere di alcuni operatori culturali veronesi «Restituiamo a Verona il suo patrimonio»
Giovedì 1 Marzo 2007 L'ARENA

«Si faccia almeno manutenzione, altrimenti il recupero diventa impossibile»

Un sasso nello stagno. Forse in piccionaia. La pagina di lunedì 19 febbraio che L’Arena ha dedicato ai 32 grandi (o grandissimi) edifici storici, pubblici e privati, abbandonati da gran tempo e degradati, palazzi talvolta in via di dismissione con pubblica asta, ha riportato attenzione sul tema.
Lettere, telefonate, fax, e-mail di cittadini. Proposte variegate: per i tanti musei che mancano o per il casinò che non c’è, per le associazioni di volontariato, culturali, del tempo libero che non hanno sedi, per veri parchi pubblici e centri di rassegne storico-artistiche. Soprattutto sono giunti messaggi di buon senso, che invitano al risparmio gestionale le pubbliche amministrazioni, che dicono che si possono fare restauri non sfarzosi, che gli edifici vanno messi in sicurezza almeno dalle intemperie ma, soprattutto, non certo venduti per improbabili nuovi alberghi e banche che toglierebbero vita ai veronesi veraci e attirerebbero nuovo traffico.
Nel dopoguerra la Soprintendenza ai monumenti aveva una squadretta di muratori (responsabile Italo Sandri, vivente) che girava fra i disastri bellici a puntellare, coprire, chiudere i varchi d’accesso e i buchi nei tetti. Si chiama manutenzione d’emergenza. Non è stata la stessa cosa dell’Arsenale, ceduto in ottimo stato dai militari e lasciato alla malora più stolida.
Certi edifici si potevano comperare prima che finissero sul mercato a scatenare le ambizioni immobiliari speculative, non sarebbero così ammalorati e avrebbero intanto svolto funzioni di pubblico servizio. È mancata la programmazione.
Ad alcuni operatori culturali scaligeri abbiamo chiesto pareri e proposte sul problema. Dalla realtà dei fatti. Ecco le risposte.
B. F.




Riccardo BATTIFERRO BERTOCCHI (storico dell’arte). «L’elenco da voi pubblicato di immobili storici in deplorevole stato di abbandono della nostra città, la dice lunga su quanto stia a cuore la Verona Patrimonio dell’Umanità Unesco. Dallo Stato alla Regione, passando per la Provincia e finendo col Comune, si evince come enti e pubbliche amministrazioni, a parte pochi e isolati casi, finiscono per abdicare al loro ruolo di custodi del patrimonio storico-artistico veronese. Non c’è solo la cronica mancanza di risorse economiche destinate ai restauri, ma la costante e immotivata sfiducia nel considerare i beni culturali come motori dello sviluppo economico e occupazionale. Puntare a fare cassa, a "cartolarizzare" in maniera selvaggia, non rende neppure: abbiamo già molte volte visto sfumare presunti affari derivanti dalle dismissioni con aste andate inopinatamente deserte. O, peggio, alienazioni di beni di inestimabile valore artistico con irrisori vantaggi per la comunità ed enormi per gli acquirenti (isolato Dante docet...).
Pier Paolo BRUGNOLI (storico). «Una casa non abitata, anche se rimessa a nuovo, deperisce da sola. Ma anche un monumento inutilizzato, per quanto restaurato, è destinato a fare la stessa fine. Credo dunque che il problema principale sia quello d’individuare per ciascuno di questi contenitori una funzione, un ruolo al servizio della comunità. Ma qui viene il bello: come riproporre l’utilizzo di molti di tali contenitori come sedi di uffici pubblici, o scuole, etc.? I più infatti sono rimasti vuoti proprio a seguito del trasferimento di tali strutture altrove. Oggi l’accesso alla città (e soprattutto il parcheggio del mezzo privato) non è certo consentito alle folle, e d’altronde manchiamo di un rapido ed efficiente servizio di trasporto pubblico. Restaurare dunque, con grande dispendio di denaro (che non c’è più) edifici che resterebbero poi malamente utilizzati? Il problema come si vede è assai complesso e nessuno, credo, ha oggi una facile risposta. Ma intanto procuriamo che almeno - in attesa di tempi migliori e di qualche buona idea - si faccia loro, a questi derelitti e dissestati edifici, quel po’ di manutenzione che impedisca alle acque piovane, per esempio, di entrare dai tetti. Che se poi qualche edificio potrà essere recuperato come edilizia abitativa di qualità (sottraendolo al pubblico) adattiamoci a considerare questo fatto come un male minore».
Libero CECCHINI (architetto). «Gli edifici più o meno storici, più o meno interessanti sotto il profilo artistico, urbanistico e/o architettonico, lasciati da troppo tempo in disuso e abbandono a Verona, sono senz’altro numerosi. Le responsabilità vanno condivise tra le diverse proprietà: Stato, Regione, Provincia, Comune, Curia, privati… e qui il discorso si fa lungo e complesso. Senza voler entrare nel merito, tuttavia, ritengo opportuno un semplice suggerimento: sarebbe - o sarebbe stata - sufficiente una buona manutenzione ordinaria, soprattutto dei coperti (dei tetti), per evitare di dover poi ricorrere a costosissimi restauri conservativi. Basterebbe, insomma, una semplice struttura di controllo visivo e/o telematico continuo, collegata a una squadra di pronto intervento, che potrebbe essere coordinata dall’Agec. Nel dopoguerra, la Sovrintendenza ai beni architettonici e artistici era attrezzata con una squadra di operatori specializzati, una struttura operativa di notevole capacità, tant’è che abbiamo ricostruito il Ponte Pietra senza dover ricorrere a imprese edili. Anche l’Agec aveva una squadra di prim’ordine per la gestione dei propri edifici. Negli anni in cui sono stato presidente dell’Agec era stata reimpostata una struttura del genere. Poi… non se ne è più parlato. Purtroppo a Verona manca il concetto di manutenzione ordinaria: un coperto in legno, sia nuovo sia vecchio di duemila anni, può marcire perché attaccato dai funghi, dopo due semplici temporali.
Un’altra osservazione: è un grave errore svuotare gli edifici, prima di aver deciso con una certa immediatezza la loro destinazione. Gli edifici disabitati sono soggetti al degrado assai più, ovviamente, di quelli abitati: l’Arsenale, Castel San Pietro, l’ex garage liberty di via Marconi… sono solo alcuni fra gli esempi più eclatanti».
Giorgio CHELIDONIO (archeologo sperimentale). «La pagina del 19 febbraio è un’ottima fonte di riflessioni sull’incapacità pluridecennale dei veronesi di amministrare un patrimonio edilizio storico vasto e del cui possesso pare non abbiano conoscenza né, evidentemente, "merito". L’esempio emblematico è Castel San Pietro i cui 60 anni di maluso e disuso dovrebbero essere più spesso ricordati. In tempi di "cartolarizzazione" ormai trasversale agli schieramenti politici è più che mai necessario ribadire che gli edifici storici non sono "contenitori" ma "luoghi della memoria" da valorizzare, innanzitutto come significato per poi utilizzarli con la coerenza e il rispetto irrinunciabili per una città che vuol restare nella lista del Patrimonio dell’Umanità dell’Unesco.
Delle 33 chiese sconsacrate mi preme ricordare Santa Caterina in via XX settembre, prima che sia clonata in shopping center o in pizzeria, come già succede alle ex chiese del Redentore al Teatro Romano e di San Mattia in corso Porta Borsari.
Ma dalla lista pubblicata emerge l’enorme evidenza dell’Ospedale Militare con i suoi 391 locali: perché non riutilizzarlo come sede di facoltà universitarie risparmiando così lo spazio storico del Campofiore da una incombente valanga di metri cubi? Oltretutto sarebbe logisticamente vicino alla stazione ferroviaria e a parcheggi scambiatori, attrattori di traffico che invece si stanno pilotando sulla già più che intasata Veronetta».
Bertilla FERRO (architetto). «L’elenco dei fabbricati abbandonati suscita dapprima impressione e poi amarezza. La loro inesistenza urbana causata dal non uso ce li aveva fatti quasi dimenticare. Invece ricompaiono e portano a riflettere sulla assurdità di una "città d’arte" che non si prende cura della sua stessa essenza. Programmare il recupero di questi tesori cittadini è un’operazione di alto costo in termini economici a breve, ma semplicemente obbligatoria e alla lunga ripagante.
Spesso l’abbandono è dovuto anche alla incertezza degli amministratori sulle future destinazioni da attribuire a questi fabbricati, i quali viceversa non sono "obbligati" a svolgere "funzioni", sono preziosi per se stessi, per la loro storia, e come tali vanno mantenuti, restaurati, valorizzati e reinseriti nel circuito storico-artistico cittadino».
Leonardo MODENESE e Susanna LONARDI (architetti). «Nulla si muove per porre rimedio all’immobilismo che porta al degrado degli edifici e quindi del patrimonio culturale. Scarsa è stata la sensibilità e l’attenzione da parte delle varie amministrazioni negli ultimi decenni. È auspicabile che la pubblicazione di questo elenco faccia nascere nei veronesi, specie negli addetti ai lavori, la necessità di recuperare tali edifici convertendoli in usi che ne rispettino le strutture e farli così rinascere a nuova vita. Solo così potremmo salvare quanto ci è stato tramandato nei secoli e scoprire che un buon investimento a riguardo porterà nel futuro sicure ricchezze dal punto di vista sia economico che culturale».
Monsignor Alberto PIAZZI (direttore Biblioteca Capitolare). «Dopo la guerra la gente ha rimosso il proprio patrimonio mobiliare. È successo lo stesso anche nelle chiese. Antiquari improvvisati hanno fatto razzia nelle canoniche e nelle sacrestie acquistando arredi non più necessari alla nuova liturgia da molti sacerdoti che - per bisogno o incompetenza - hanno deprivato il patrimonio storico-artistico delle loro chiese. Per i nuovi edifici di culto, seguendo le indicazioni del Concilio, ci si è preoccupati di privilegiare l’aspetto formale della nuova liturgia dichiarando superati gli stili del passato e si è poco considerato con la complicità di tanti progettisti non sempre all’altezza di concepire la sacralità e l’aspetto mistico e poetico dell’edificio religioso. Purtroppo si sono lasciati cadere in abbandono gli edifici sacri precedenti - spesso notevoli - per i quali bastava un intervento di restauro per riammetterli al culto rispettando anche la tradizione e sensibilità della gente. A distanza di tanti anni si può ora notare con soddisfazione che, adesso, ci si preoccupa di recuperare gli edifici sacri superstiti ai quali è legata non solo la devozione ma anche la sensibilità particolare che attiene al loro valore storico.
Quanto è accaduto e che stiamo denunciando a Verona non riguarda soltanto gli edifici di culto ma tante opere storiche, pubbliche e private, edifici importantissimi che, per incuria, mancanza d’attenzione e sensibilità, sono abbandonati al degrado. Così un patrimonio religioso e laico del nostro territorio rischia di cadere nell’oblio dopo un penoso abbandono. È già tardi per agire».
Gino SPIAZZI (presidente ex deportati nei campi di sterminio). Nel triangolo infame dei forti San Leonardo, San Mattia e Kaiserin Sofia, negli anni infami 1943-’45 sono stati imprigionati centinaia e centinaia di individui di ogni ordine e grado (partigiani, antifascisti, soldati, renitenti alla leva e prigionieri alleati) dai nazifascisti in condizioni inenarrabili, giudicati da tribunali della Gestapo, in fondo alla Lasagna, in via Gazzera, giustiziati poi nei forti San Leonardo, San Mattia e Procolo o, come chi scrive, prima costretti ai lavori forzati (sminavamo bombe inesplose a Porta Nuova) e poi deportati nei campi di sterminio. L’abbandono di alcuni di questi protagonisti della storia non solo veronese grida vendetta. Sarebbe l’ora che gli enti deputati, con scarsa attitudine, a salvare la storia provvedessero a crearvi un museo della Resistenza veronese e italiana, un parco che testimoni l’esigenza di cultura, serenità e memoria storica. Civiltà contro barbarie».
Nicola GARZOTTO (direttore primo servizio Psichiaria, Ospedale Maggiore). «Avevo letto con interesse ma soprattutto con curiosità gli articoli sul degrado di Palazzo Bottagisio, anche perché essendo residente in zona non comprendevo il senso di quell’abbandono, a maggior ragione se si considera la dislocazione nel cuore della città e quindi la sua esposizione a uno sguardo pubblico di valenza internazionale; come se nella mia casa tenessi appeso ad una parete del salotto principale un quadro del Mantegna sporco e scarabocchiato. Aprendo ora che la lista "degli abbandoni" nobili e meno nobili è talmente lunga che ad approfondire vien meno la voglia. Non posso entrare nel merito del dibattito che la questione ha sollecitato, non ne ho le competenze. Ma non vorrei limitare la mia osservazione all’evidenza del degrado di molte delle realtà citate, quanto piuttosto azzardare una qualche idea che la mia esperienza professionale suggerisce. Sono uno psichiatra e dirigo un Servizio la cui competenza trascende l’Ospedale e meglio si esprime all’interno delle realtà territoriali, laddove il disagio si manifesta. Purtroppo però le risorse a disposizione non sempre sono adeguate allo scopo. Mi riferisco alle strutture da noi gestite: Centri per la Salute Mentale, Comunità Terapeutiche, Comunità Alloggio. Perché allora non considerare la possibilità di un riuso di edifici onde perseguire obiettivi di riqualificazione e di risanamento e recupero delle strutture degradate, di inserimento di funzioni e attività volte a promuovere lo sviluppo locale, di servizi collettivi, per favorire l’estensione del welfare e dei processi di inclusione sociale.
Cristina STEVANONI, Università di Verona. «Ricordiamoci del Forte Sofia, commissionato da Radetzky al famoso architetto Franz von Scholl nel 1838: è il forte più vicino alla città, e uno degli esempi più belli dell’architettura militare austriaca. Mi risulta che dentro, accanto a quella magnifica scalinata elicoidale, che in pochi purtroppo hanno visto, ci siano ancora installate le antenne di Mediaset. Ricordo, quand’ero piccola, la processione dei veronesi che la domenica andavano in gita al forte che chiamavano Santa Sofia.
E allora, visto che siamo arrivati nei paraggi, ricordiamoci della povera nostra cinta muraria, la cui acquisizione da parte del Comune di Verona fu oggetto di fugace interesse, pochi anni fa. Sono proprio le mura, secolarmente stratificate, che l’Unesco ha dichiarato Patrimonio dell’Umanità.
Esprimo, se mi è consentito, un desiderio: che l’Università sia collocata nell’enorme edificio dell’ospedale militare, con i suoi molteplici ingressi, la sua collocazione centrale, eppure strategica (vicinissimo alla Stazione ferroviaria, l’ospedale è però defilato rispetto al quartiere, che non ne subirebbe, se non in minima misura, l’impatto). Di conseguenza, proporrei di trasformare l’area della Passalacqua in un enorme polmone verde, destinato a dare respiro all’intasatissima Veronetta».
Arrigo RUDI (architetto). «È questo del recupero di edifici storici un tema più volte fatto emergere in passato da molti. L’elenco pubblicato da L’Arena rappresenta una sorta di atto di accusa nei confronti di amministrazioni comunali che non hanno saputo mettere allo studio una strategia per il recupero di questo patrimonio.
Ora è stato anche venduto alla Fondazione Cariverona, per una cifra che corrisponde al costo di una decina di appartamenti in città (quel che si dice "una pipa di tabacco"), Castel San Pietro, per una destinazione museale di cui nulla ancora si conosce, dopo il clima da operetta connesso al presunto interesse dell’Hermitage di San Pietroburgo a collocarvi parte del proprio patrimonio. Altra nota dolente è riservata all’Arsenale, il cui degrado è in parte irrecuperabile, con crolli e distruzioni di parti, con l’atteggiamento tipico delle amministrazioni che acquisiscono beni, ma non ne hanno cura, né fanno le manutenzioni degli edifici per garantirne la durata e la vita nel tempo».
Flavio BONZANINI (geometra). «Dal "censimento" pubblicato da L’Arena si può trarre una riflessione: è inutile sperare che i responsabili della conservazione e della destinazione d’uso dei beni preziosi della città, abbandonati all’incuria, possano in breve tempo (dal momento che la questione è urgente) provvedere al recupero di tutto l’enorme patrimonio edilizio citato. E intanto il tempo passa. L’unica possibile soluzione è provvedere alla manutenzione ordinaria, per esempio operando piccoli aggiustaggi a una copertura per impedire che l’acqua meteorica renda fatiscenti tutte le strutture lignee sottostanti. Piccoli interventi possono evitare i grandi restauri e le riqualificazioni costosissime e affidate sempre a grandi professionisti, costosissimi anche loro e non sempre in grado di risolvere con semplicità le varie problematiche emergenti dalle impegnative operazioni di recupero edilizio».
Sandro RUFFO (entomologo, Accademico dei Lincei). «Sono grato, come cittadino, per l’inchiesta sugli edifici storici in abbandono della nostra città. Sottolineo in particolare il Lazzaretto, con ciò che rimane del tempietto sammicheliano, che potrebbe essere uno dei gioielli del Parco dell’Adige. Se ne parla da troppo tempo senza che si veda nulla di realizzato».
testi raccolti
da Bartolo Fracaroli



I MAGGIORI EDIFICI STORICI, PUBBLICI, PRIVATI E DEMANIALI ABBANDONATI A VERONA
NOME PROPRIETÀ EPOCA MQ MC
Castel San Pietro, funicolare
e castello visconteo Fond. Cariverona
e Comune di Verona 1856 2.424
(caserma) 9.783
Palazzo Bottagisio Amministrazione Provinciale XV sec. 4.200 7.153
Bastione delle Boccare Demanio dello Stato
e Provincia 1520 Censura IGM
Dogana delle Merci
di Terra, ai Filippini Demanio civile Fine ’700 3.974 16.480
Domus Mercatorum Camera di Comm. 1300 1.308 7.942
Domus Mercatorum
Casa Bresciani Camera di Comm. XIX sec. 300 774
Casa circondariale,
Via del Fante "Campone" Demanio dello Stato Metà XIX sec. 17.462 69.848
Lazzaretto, Pestrino Comune Fine XVI sec. 28.800
Arsenale Comune Metà ’800 62.400 136.000
Caserma San Tommaso Cantauriense Demanio civile XV sec. 4.608 22.077
Caserma Passalacqua Comune 1865 Censura IGM
Caserma Santa Marta Comune e Università 1865 Censura IGM
Alto San Nazaro Ater Primo ’900 3.700 6.249
Garage Liberty, Via Manin Privata 1919 5.272 11.901
Palazzina razionalista,
Via IV Novembre Coni 1938 2.483 3.800
Villa Pullè, Chievo Inps e Comune 1734 3.345
(villa e rustici) 18.846
Corte Sgarzarie,
Corso Porta Borsari Comune 1229 480 1.680
Palazzo del Capitaniato,
Piazza dei Signori Comune X sec. 9.159 61.174
Forte Santa Caterina Comune-Demanio 1852 Censura IGM
Forte San Mattia Comune 1838 9.090 37.180
Chiesa di S. Giacomo
alla Rogna, Policlinico Istituti Ospitalieri 1400 600 4.800
Forte San Felice Demanio militare Visconteo-austr. 24.000 --
Colombaia militare
(Forte Santa Sofia) Ministero del Tesoro 1838 1.980 6.468
Ospedale Militare Demanio 1850 47.468 250.000
Forte San Procolo Demanio 1842 Censura IGM
Quattro Torricelle Massim. Demanio 1837 2.827 26.672
Cinema Ariston Privata XX sec. 303 3.748
Cinema Capitol Privata XX sec. 357 3.976
Cinema Corso Privata XX sec. 517 6.870
Cinema Corallo Privata XX sec., e resti XVI 917 13.345
Cinema Astra Privata XX sec. 493 7.150
Teatro Ristori Fond. Cariverona Fine XVII sec. 1.253 14.709
* Ricerche a cura degli architetti Leonardo Modenesi e Pietro Parise.

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