martedì 29 aprile 2008

COLOGNA. Gli scavi del metanodotto portano alla luce un villaggio del IV secolo

COLOGNA. Gli scavi del metanodotto portano alla luce un villaggio del IV secolo
Martedì 19 Giugno 2007, BRESCIA OGGI

Il gas «accende» il medioevo
Tra quelle mura vivevano genti longobarde o gote

Adige-Guà. Gli scavi per il metanodotto aprono una finestra sull’era altomedievale colognese. Ancora una volta la bonifica archeologica durante i lavori di posa del nuovo metanodotto tra Zimella e Cologna ha permesso ai ricercatori di scoprire qualcosa di inedito sulle civiltà del passato che abitarono questa zona del Colognese. Se un anno fa ad affiorare dalla terra furono vasi e anfore dell’età del Bronzo, stavolta gli archeologi hanno riportato alla luce i resti di un villaggio abitato dalla fine del IV fino a tutto il VII secolo dopo Cristo. Quelli furono gli anni dell’occupazione dei Goti e dei Longobardi nel Nord Italia ma è difficile per ora stabilire se il borgo emerso a poche centinaia di metri dall’ex statale 500 fosse abitato da popolazioni barbare oppure da gente autoctona. Una cosa è certa: gli abitanti appartenevano ad un ceto sociale piuttosto basso, non avevano con sé gioielli preziosi né suppellettili decorate. Vivevano un’esistenza umile, probabilmente legata all’agricoltura e favorita dalla presenza di corsi d’acqua.
Al centro del sito archeologico è emersa una strada di ghiaia e ciottoli che correva perpendicolare all’ex statale. Alcune fondazioni di abitazioni sono precedenti alla strada mentre la maggior parte mostra chiaramente una disposizione che segue l’andamento dell’arteria. Nel sito finanziato da «Snam rete gas» sono state infine rinvenute alcune monete in bronzo di epoca tardo-antica sfortunatamente molto consunte. L’identificazione del villaggio non è stata immediata; all’inizio gli studiosi pensavano che si trattasse di fondazioni di una villa di età romana. In seguito l’ampiezza dello scavo e la tipologia dei ritrovamenti hanno fatto cambiare idea agli archeologi. I lavori sono durati un mese e mezzo e hanno interessato un’area di 3mila metri quadri. Sono stati eseguiti da un’equipe di dieci persone della ditta «Malvestio» di Concordia Sagittaria (Venezia). Il responsabile del cantiere era Gianfranco Valle. La Soprintendenza ai Beni archeologici di Verona ha guidato il progetto.
«Siamo molto soddisfatti perché l’estensione dello scavo ci ha permesso per una volta di avere una visione non parziale dell’insediamento - ha commentato la soprintendente Brunella Bruno - È l’unico sito di questo genere scoperto in zona e ci permetterà di ampliare le nostre conoscenze storiche su un’epoca poco conosciuta. Se fosse possibile, vorremmo continuare la ricerca perché siamo certi che l’abitato proseguisse ben oltre i confini entro i quali abbiamo scavato».
Paola Bosaro

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