lunedì 28 aprile 2008

“Giotto e gli Scrovegni" finiranno sommersi". Allarme a Padova per il progetto di un nuovo auditorium

“Giotto e gli Scrovegni" finiranno sommersi". Allarme a Padova per il progetto di un nuovo auditorium
La Stampa 28/8/2007

Ce la giochiamo, sospira. «L'altro giorno è piovuto e si è allagato tutto. Era già successo, ma fino a un paio d'anni fa ci volevano due giorni di scrosci, uno solo fino all'anno scorso, stavolta son bastate due ore». La laguna, lì all'ingresso della Cappella Scrovegni, un luogo del sogno per Padova. Visto che non esistono colori più squillanti, Fernando De Simone lancia l'allarme rosso. Lui è un architetto membro di un gruppo di lavoro norvegese che ha realizzato 1200 opere sotterranee, fra cui il tunnel stradale più profondo del mondo. Garantisce che il terreno non assorbe più e il progetto di costruire un auditorium sotterraneo dall'altra parte del canale Piovego, presso il terminal dei bus, esporrebbe a rischi letali, perché si formerebbe un'insuperabile barriera «underground» che rimanderebbe indietro l'acqua, sulle fondamenta della cappella.
Una diga.
Peggio «I muri isolanti diventeranno una diga che respingerà verso la sponda opposta l'acqua sotterranea del canale che ora si distribuisce sotto i due argini. Bisogna tener presente che Padova è attraversata da tre grandi estensioni di acqua termale, un'area superiore alla città stessa e diffusa in quantità. Le due pozze sul pavimento della cappella, dopo un semplice temporale, sono il segno che il sottosuolo è talmente imbibito d'acqua da non riuscire più ad assorbirla normalmente. Ed è un segno pessimo. Inoltre, la curva che fa il Piovego nel tratto fra la stazione delle corriere e Porta Portello contiene il 70% del totale delle acque, la cui pressione viene arginata dalle fondamenta, molto profonde, delle numerose costruzioni esistenti o in fase di realizzazione».
Dunque, osserva: «Se l'auditorium sarà 15 metri sotto terra, cui si devono sommare altri 20 di fondamenta, si creerà un nuovo sbarramento sotterraneo, un'ulteriore diga che rimanderà l'acqua verso il centro storico, già in difficoltà». Quanto di peggio, insomma: ma non è una visione catastrofica? Mica tanto, ribatte l'architetto: «Dalla lettura di tre carte geologiche scritte da studiosi dell'università di Padova si può ricavare che questa situazione potrebbe creare un effetto domino con disastri facili da ipotizzare».
Già in un passato non remoto la sorte dei 38 riquadri in cui Giotto raccontò le storie di Maria e di Cristo aveva provocato serie inquietudini e nell'alta cappella par di udire la voce del professor James Beck, storico dell'arte del Rinascimento con cattedra alla Columbia University di New York, quando, nel 2001, puntava il dito sui pericoli dell'acqua.
D'accordo, l'attenzione è giusta, «e non guasta mai che l'opinione pubblica non sia distratta, ma matura», osserva Vittorio Iliceto, geologo e docente di fisica terrestre all'Università di Padova. Tuttavia, osserva, quello su cui si polemizza «è una questione antica. «Il problema non è tanto la cappella quanto il cenobio: ogni tanto va sotto, ma esiste un sistema di pompe, funziona e risolve.
Gli affreschi non corrono rischi, alti un metro sul piano campagna e almeno 4 o 5 sulla falda. Certo, è auspicabile che pure il cenobio venga bonificato, una volta per tutte». Sui rischi che rappresenterebbe l'auditorium il professore commenta: «In tutto il mondo ci sono costruzioni in falda, che vanno giù 10 o 20 metri. Certo, vanno fatte come si deve, e il progetto dell'auditorium è ovvio che debba essere studiato. Che c'è il canale lo vede chiunque e che, se scavano, trovano l'acqua è fuori discussione. Ma uno studio idrogeologico serio e la tecnologia risolvono. Infine, il canale fa da barriera e ritengo inesistente una correlazione fra auditorium e cappella, che non dovrebbe trarre svantaggio».
Sotto terra
Nessuno ha abbandonato a se stesso niente, garantiscono in Comune, ma la cappella è seguita da uno staff di architetti. E questo dovrebbe rassicurare. Ciò che non rassicura è l'idea di costruire sotto terra un auditorium: secondo molti, fra cui il maestro Claudio Scimone, direttore dei Solisti Veneti, è costosa e di scarso «appeal». Naturalmente la scelta del sito era stata preceduta da un dibattito serrato. Pareva che Prato della Valle fosse una sede naturale per la musica. Ha prevalso la suggestione del sottosuolo. Alberto Cecchetto ha vinto il concorso e alle spalle si è lasciato un gruppo di nove, fra cui Klaus Kada e Arata Ysozaki. E la cappella Scrovegni? Speriamo che non ce la giochiamo.

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