mercoledì 9 aprile 2008

PALLADIO: Rotonda, il mistero sta nelle decorazioni

"Il Giornale di Vicenza", Mercoledì 9 Aprile 2008
PALLADIO 500. LA VILLA PIÙ CELEBRE DEL GRANDE ARCHITETTO PRESENTA UN EVIDENTE CONTRASTO FRA L’ASSOLUTEZZA SPAZIALE E L’ESTERIORITÀ DECORATIVA
Rotonda, il mistero sta nelle decorazioni
Un apparato fin troppo abbondante i cui “segreti” possono ora essere indagati in maniera strutturale

Fernando Rigon
Palladio gradiva che gli spazi interni delle sue creazioni architettoniche, sempre così “pensati" e calibrati, così assoluti e “astratti", venissero “incrostati" di decorazioni? O semplicemente subiva una tradizione e una moda che comunque avrebbe dovuto patire una calmierazione dopo il Concilio di Trento, cui erano invise le divagazioni paganeggianti di eredità rinascimentale? Al momento della costruzione della Rotonda, tra gli anni sessanta e ottanta del '500, veniva consigliata e vieppiù favorita dalla Chiesa un'arte in cui l'estetica fosse subordinata ad un'etica religiosa che ben poco aveva a che vedere, almeno in apparenza, con la tradizione classica. E invece gli interni della residenza voluta da Paolo Almerico e poi acquistata dai Capra furono intasati di affreschi e di stucchi.
L’ACCANIMENTO DECORATIVO. La discussione su di un Palladio favorevole o meno ai cicli decorativi, saturi di rimandi simbolici e di evocazioni allegoriche, accende da tempo la critica. In questo frangente è sempre utile il paragone con l'ecologista convinto il quale può propugnare fin che vuole l'opportunità evidente di muoversi a piedi o di spostarsi in bicicletta; ma anch'egli prima o poi, se vorrà vivere e agire nel suo tempo, dovrà cedere al compromesso "motorio" di un veicolo a propulsione, scegliendo di preferenza quello meno inquinante. In quest'ottica le chiese e gli ambienti sacri (vedasi il complesso del refettorio di S. Giorgio) progettati da Palladio sono purissimi, davvero trascendenti, privi di ogni “divagante" aggettivazione sovrammessa, in costruzioni in cui spazio e luce si integrano in una sintesi di elevazione del concetto stesso di architettura che raggiunge i vertici della creazione dell'Onnipotente.
Tra tutte le costruzioni "profane", la Rotonda è quella che, per collocazione, impianto e destinazione, è più vicina ad un edificio sacro, come considerazione somma, oltre il tempo e lo spazio, della “forma" architettonica. Eppure proprio qui l'accanimento decorativo si è fatto negli interni parossistico, non solo in epoca palladiana e postpalladiana, ma persino nel Settecento quando le porzioni di superfici libere delle pareti della sala centrale furono aggredite dalle roboanti (ma anche elegantissime e raffinate) divinità, affrescate dal francese Luigi Lodovico Dorigny. Di conseguenza, per cogliere l'essenza profonda di questo esercizio supremo di ideare, progettare e realizzare l'arte dello spazio, bisogna “visitare" gli interni della Rotonda all'imbrunire, quando la luce cala di intensità, le figure si stemperano e restano i volumi, in tutta la loro intima sostanza, corroborata dall'osmosi tutta specifica di questo “luogo" con l'indispensabile paesaggio che penetra, filtrato dai quattro pronai e dai quattro corridoi, portando l'esterno della natura creata a confrontarsi con l'interno della storia ideata. Solo così si stempera il divario tra la cristallina, diurna evidenza degli esterni con degli interni saturi in ogni loro parte di ingombranti decorazioni freschive e plastiche, a guisa di una grotta, come rifugio della cultura allegorica, intasata di concrezioni stalagtitiche, di vegetazione e di evanescenti faune.
CULTURA FIGURATIVA. Ma se Palladio viene prima di tutto - e mai tanto come alla Rotonda!- bisogna tuttavia parallelamente prendere atto che la condensazione di immagini, racchiusa e protetta nella villa, è per gli storici un "fenomeno" ineguagliabile per dimensioni e contenuti. Le decorazioni della villa che fu dei Capra sono un distillato di cultura figurativa senza pari, per ricchezza e varietà di temi e di soluzioni, in un capolavoro in cui trovano asilo ideale ed "esaltante" le aspirazioni e le ambizioni di un'epoca in rapidissima evoluzione, nonchè i suoi sogni artistici in fuga dal divenire degli anni, per salvarsi nella dimensione, rivelatasi possibile, di un sospensione.
I cicli decorativi della Rotonda costituiscono una delle sfide più alte, e più ghiotte, per uno studioso di iconografia relativamente al contesto che scuramente "tiene insieme" i numerosissimi episodi figurativi sia della cupola centrale che dei soffitti delle varie stanze. Nel Cinquecento solo i "cieli" degli ambienti della Rotonda si potevano popolare di immagini, mentre le pareti ospitavano solo decorazioni plastiche di sovrapporte e camini. È appunto questo programma, pur sgranato nello spazio e negli anni, posto a presidiare e a garantire l'intero ciclo, a sfuggirci nella sua motivazione allegorica d'avvio; nella sua configurazione globale esso va studiato e approfondito in un'ottica di "strutturalità" fino ad ora inesplorata, dopo il pur meritorio bilancio di Paola Rossi nel suo contributo contenuto nella monografia dedicata al monumento dal CISA pubblicato nel 1990.
Ora le condizioni di lettura che impedivano in passato questa operazione generale, per ragioni di conservazione (soprattutto alterazioni o offuscamenti delle superfici pittoriche) e di "distanza", sono diventate ottimali. I restauri in corso hanno non solo pulito, fissato, consolidato ma, grazie ai ponteggi dei cantieri, hanno consentito le indispensabili ricognizioni ravvicinate, svelando particolari prima invisibili.
DETTAGLI RIVELATORI. “Nei dettagli nascosto", recita lo slogan della scienza iconografica. Purtroppo molti "dettagli" rivelatori sono andati perduti, per degrado, per accidente, per deperibilità, e sono per sempre irrecuperabili. La catena si è irrimediabilmente spezzata in più di un anello, rompendo la indispensabile sequenza e i necessari rimandi. Ma questo non deve scoraggiare la scienza che è veramente tale solo se accetta di essere una "approssimazione per difetto" in continuo, incessante divenire. Non bisogna temere di rendere noti e di pubblicare le risultanze parziali e non definitive. Esse costituiscono pur sempre i mattoni di una conoscenza che necessita di essere "costruita" in un concorde sforzo di apporti in cui le scoperte e le intuizioni dei singoli servono a provocarne e a procurane altre.
LE FIRME DI MAGANZA. Per intanto e in questa occasione, in attesa di uno studio ricco di novità, conseguente al recente restauro, accontentiamoci di segnalare come della firma dell'autore degli affreschi della cupola, il nostro Alessandro Ma ganza, compaia per ben tre volte, in distinti punti al di sopra del profilo della balaustrata, nel monogramma concatenato AMF, composto dalle tre lettere iniziali di nome e di impresa del pittore vicentino. Per intanto il recupero restaurativo degli interni della Rotonda costituirà una nuova tappa per gli studi della "civiltà palladiana", tanto più significativa in quanto relativa ad uno dei più celebrie monumenti prodotti dal genio umano che, come tutti i sommi capolavori, tende a custodire il suo più intimo mistero. Il mistero, appunto, della Rotonda; il suo mistero "evidente", uno dei più patenti della storia dell'arte, che acceca proprio perché troppo luminoso, al punto di impedirci di vedere appieno.

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