sabato 12 aprile 2008

Le sponde tracciate dalla storia

Il Gazzettino, edizione di Udine, 12 aprile 2008
Le sponde tracciate dalla storia
Un mare dell’amicizia e della contiguità plurisecolare nelle arti e nella letteratura
Nel lontano 1869, il 28 ottobre, davanti all'austero consesso della neocostituita Accademia jugoslava delle arti e delle scienze di Zagabria, l'illustre accademico fondatore Vatroslav Jagic ebbe l'onestà di dire una verità che oggi, purtroppo, alcuni storici e critici della letteratura croata negano o passano sotto silenzio. Disse che le origini della poesia croata affondano nella letteratura italiana e che la culla della poesia croata, la città - repubblica di Ragusa, oggi Dubrovnik, era diventata tale grazie al forte e diretto influsso della lirica italiana.

Verso la metà del Quattrocento, sull'invito dell'Imperatore serbo Duscian il Potente, la Repubblica di Ragusa inviò alla sua corte 20 giovani nobili dotti in lettere latine e italiane per istruire in quelle lettere i dignitari imperiali; al tempo stesso Ragusa ospitò nel 1351 una schiera di giovani serbi arrivati nella Città di San Biagio per studiare lettere ed altre scienze. A sua volta Ragusa si rivolgeva continuamente a varie città italiane con le quali manteneva rapporti di fraterna collaborazione, da Ancona a Roma, Firenze e Napoli, perché le inviassero maestri e grammatici italiani. Non c'era famiglia patrizia ragusea che non mandasse in Italia i propri figli perché vi studiassero. Fra i maestri "grammatici" presenti a Ragusa nel Quattrocento si distinsero particolarmente Filippo De Diversis che ci ha lasciato i suoi ricordi ragusei in latino, annotando tra l'altro che la Repubblica ragusina provvedeva a sostenere materialmente artisti, uomini di lettere e di scienza assettati di sapere. Fra i letterati ragusei, il De Diversis ricorda Volcius Blasii de Bobalio, Johannes Gozze, Pietro Mense, Carlo Pozza, Aelius Lampridius Cerva. Quest'ultimo aveva studiato a Roma sotto la guida di Julius Pomponius Laetus, stringendo amicizia con vari altri umanisti romani e napoletani. Altri poeti ragusei dell'epoca furono Ludovico Tubero alias Aloysius de Cerva e Jacobus de Bona. Su questi e su altri scrittori, che scrissero anche in lingua illirica ossia croata, si fondano le origini della letteratura croata.

Nello stesso periodo e in seguito troviamo a Ragusa/Dubrovnik pure una fitta schiera di cancellieri e medici italiani, assunti al servizio della Repubblica, insieme a pittori, architetti ed altri artisti: tutti, senza eccezioni, sono esponenti dell'aristocrazia, e tutti si danno da fare per coltivare fra i ragusei l'amore verso la poesia classica latina, verso Dante, Petrarca e gli altri grandi poeti italiani. Il mare Adriatico non era un ostacolo fra gli uomini delle due sponde, ma un elemento di forte unione.

L'Adriatico è il mare che, più degli altri "golfi" del Mediterraneo, ha contribuito agli scambi fra le culture, al movimento delle persone dalle une alle altre sponde, al rimescolamento delle etnie. Andando per le isole del Mediterraneo troviamo per esempio Capraia, Caprera e Capri nel Tirreno così come incontriamo Capodistria-Koper, antica isola diCaprise l'isola di Kaprije nell'Adriatico. C'è una Grotta Azzurra a Capri nel Golfo di Napoli e c'è una Grotta Azzurra un po' meno conosciuta sull'isola di Lissa (Vis), nelle acque della Dalmazia. C'è l'isola di Malta tra la costa africana e la Sicilia e c'è un'isola di Meleda-Mljet nella Dalmazia meridionale: ambedue anticamente e latinamente si chiamavanoMelita, le isole del miele. Nell'Adriatico ne abbiamo addirittura due, se si aggiunge l'isola di Molat, in italiano Melada, anticamenteinsula Melata, pur essa derivante da miele. C'è Bari di qua, c'è Bar (Antivari) di là. Uno dei più celebri santuari mariani in Italia è Loreto: uno dei più antichi e famosi santuari mariani sull'opposta sponda dell'Adriatico è Tersatto. L'uno e l'altro sono uniti non solo dal fatto che a Loreto si riversano ogni anno migliaia di pellegrini croati e che a Tersatto arrivano migliaia di pellegrini italiani, ma anche da una radicatissima leggenda popolare secondo la quale, prima di varcare l'Adriatico per raggiungere Loreto gli angeli che trasportavano la casa natale di Gesù, provenienti dalla Paleslina, sostarono appunto a Tersatto per riposare e vi rimasero alcuni mesi. Sulla cima della collina su cui sostarono sorse il Santuario della Madonna.

Lo stesso Dante conosceva bene la Croazia: nelDe vulgari eloquentiaricorda tra gli altri gli "Sclavones", nel Paradiso, cita i "venti schiavi" e nella medesima cantica troviamo i versi "Qual è colui che forse di Croazia/vien a veder la Veronica nostra" eccetera, nei quali si parla evidentemente dei numerosi pellegrini croati che arrivavano in Italia già in quei tempi. Visto che siamo a Dante è bene ricordare che il primo busto marmoreo del padre della poesia italiana scolpito sul territorio che forma oggi la Croazia fu opera di Zorzi de Mattio, ovvero Giorgio da Sebenico, alias Giorgio Orsini Dalmata, oggi più noto in Croazia come Juraj Dalmatinac nato a Zara e vissuto a Sebenico nel XV secolo. Questo grande scultore e architetto simboleggia nel modo migliore l'uomo delle due sponde: italiano e croato insieme, certamente fedelissimo suddito veneziano, operò intensamente nella sua Dalmazia e in Italia, lasciando ovunque capolavori del suo genio.

Nella cittadina di Curzola/Korcula, capoluogo dell'omonima e bellissima isola dalmata, nel quadro delle manifestazioni turistiche viene ricostruita ogni anno una battaglia navale combattuta da genovesi e veneziani in quelle acque e nella quale fu catturato Marco Polo. Inoltre, il 27 luglio di ogni anno viene presentata la "Moresca", una rappresentazione cavalleresca ereditata, insieme al nome, dai tempi in cui Venezia - valendosi dei valorosi marinai, fanti e cavalieri istriani, dalmati e montenegrini delle Bocche di Cattaro - combatteva contro i Turchi. Sempre a Curzola i ciceroni vi indicano tra l'altro la cosiddetta "Casa di Marco Polo" raccontando la leggenda secondo la quale il celebre viaggiatore veneziano autore del Milione sarebbe nato in quella città.

Ricorderò ancora soltanto che fu italiana la madre del Dante croato Marco Marulo-Marulic di Spalato. E che ancora oggi pullulano di cognomi italiani non soltanto la Croazia litoranea ma anche quella interna. E certamente sono di origine croata, slovena o montenegrina moltissime famiglie italiane della costa occidentale, dalle Puglie ad Ancona e più in su fino a Trieste. Attraverso quattordici secoli, tanto per limitarci alla presenza degli Slavi sulla sponda orientale, è costante il movimento delle persone dall' uno ali' altro litorale dell' Adriatico e continuo è il mescolamento del sangue slavo e italiano.

In Slovenia la minoranza italiana, il popolo dei rimasti dopo il grande esodo del secondo dopoguerra conta tremila individui; in Croazia sono circa trentamila, dall'Istria alle isole di Cherso e Lussino, a Fiume. Coltivano la propria lingua, la propria cultura e fanno da ponte tra il Paese del loro insediamento storico e la madrepatria. In Italia e precisamente nel Molise, in provincia di Campobasso, vivono oggi circa tremila oriundi croati, insediati nei comuni di Acquaviva Collecroci, Montemitro e San Felice Slavo; sono la testimonianza vivente dell'ospitalità che nei secoli l'Italia ha offerto ai profughi delle terre della sponda orientale, in questo caso alle genti che fuggivano davanti ai turchi. Tracce di antiche colonie slave - croate e montenegrine - in Italia, si trovano ancora, nella toponomastica, nei cognomi e in qualche chiesa, anche a Recanati, nelle Puglie e altrove, per non parlare di Venezia, dove c'è ancora un approdo detto Riva degli Schiavoni.

Ingente è poi il patrimonio culturale e artistico comune che si rispecchia innanzitutto nei creatori di cultura e d'arte che appartennero in egual misura alle due sponde o si mossero fra le due sponde - poeti, filosofi ed altri scrittori, scultori, architetti - e anche gran parte della storia, dai tempi di Roma a quelli della Serenissima Repubblica di Venezia, è comune. Come si ricava dalla lettura degli stessi miti e leggende dell'antichità classica greco-romana, fino alle opere letterarie e ai diari di viaggio dei nostri giorni, in tutti i secoli gli uomini delle due sponde si sono conosciuti, hanno scambiato i prodotti delle loro mani e delle loro menti, si sono spostati da una costa all'altra per scegliere nuove, stabili, residenze. Sono state soprattutto le correnti dell'Umanesimo e del Rinascimento a spingersi dalla sponda occidentale verso quella orientale gettando semi fecondi per la cultura croata. A facilitare gli scambi sono stati da una parte la presenza sulla sponda orientale, in mezzo agli Slavi, dei discendenti delle antiche popolazioni romane, e dall'altra il secolare dominio di Venezia protrattosi fino al 1797. La presenza della Serenissima è stata più che feconda in ogni campo, ed anche dopo la caduta della Repubblica di San Marco, l'arte, la cultura e la letteratura irradiate dalla penisola appennini-ca hanno fecondato l'arte, la letteratura e in genere la cultura della sponda orientale.

L'intera arte rinascimentale in Dalmazia, lungo tutta la fascia adriatica e sulle isole testimonia la strettissima unione tra le due sponde. Uno dei capolavori dell'architettura fortificatoria è una lunga muraglia costruita sulla penisoletta di Ostrica a Sebenico con il Forte San Nicolò all'ingresso del canale sebenicense, costruiti nella prima metà del Cinquecento dal celebre Miche Sanmicheli da Verona, autore pure della Porta di Terraferma a Zara. Quel miracolo di architettura che sono le mura di cinta di Ragusa, rafforzate con torri angolari gotiche e da bastioni rotondi e semicircolari rinascimentali, frutto del lavoro di alcuni secoli ebbero per architetti Michelozzo Michelozzi, che fu uno dei massimi esponenti del rinascimento fiorentino e il dalmata Giorgio Orsini. Sempre a Ragusa porta la firma del Michelozzi anche il Palazzo del Rettore. Troviamo l'Orsini dalmata insieme a un fiorentino e precisamente Niccolò, ancora uniti nella costruzione di quella perla dell'architettura di Sebenico che è la cattedrale di San Giacomo nella quale si mescolano elementi rinascimentali e del gotico fiorito. Niccolò Fiorentino ha lasciato le proprie impronte anche a Trogir/Traù: sono le eccezionali sculture della cappella del Beato Giovanni Ursini. Tornando a Ragusa e ai suoi simboli, eccoci di fronte alla Piccola Fontana di Onofrio e alla Grande Fontana di Onofrio dal nome del costruttore che fu lo scultore e architetto napoletano Onofrio della Cava. Ma non c'è una chiesa, una torre, un bastione, nulla delle tante costruzioni notevoli nel campo dell'arte in quella città che non porti anche l'impronta italiana.

II primo compositore nella storia della musica in Croazia, il primo di cui si conosca il nome, fa la sua comparsa nel XVI secolo, ed è Giulio Slavetti-Slavetic da Sebenico: nel 1654 pubblicò a Venezia un ciclo di 18 mottetti. La prima opera lirica in Croazia fu "Atalanta" eseguita a Ragusa nel 1629 dalla "Compagnia degli Inutili", scenografo Alessandro Cini o Cigni, librettista il dramaturgo Giunio Palmotic che si ispirò alle Metamorfosi di Ovidio, compositore Lamberto Cortois o Coutoys, francese naturalizzato ragusino. Si da inoltre come probabile che già prima, nel 1617, sia stata eseguita a Ragusa l'opera "Euridice" di Jacopo Peri, la seconda opera lirica nella storia della musica in genere. Si sa che il libretto di quest'opera, scritto dal Rinucci, fu tradotto in croato da Pasko Primovic. A Spalato incontriamo il medico e scrittore Giulio Bajamonti (1744-1800) per lunghi anni sindaco della città ed esponente degli autonomisti italiani della Dalmazia. Fu anche compositore, musicologo e raccoglitore di canti popolari slavi.

Per secoli, accanto a scrittori, poeti e artisti croati, peraltro sempre aperti alla cultura italiana, in quelle terre nacquero, vissero e crearono personaggi di lingua e cultura italiani, autoctoni, che hanno lasciato tracce in ogni campo. A questo proposito non possiamo dimenticare che nelle città rivierasche della Dalmazia e dell' Istria risiedette, fino alla seconda metà dell'Ottocento, una popolazione italiana autoctona numericamente nutrita; a Zara è rimasta fino alla fine della seconda guerra mondiale. A Fiume e in Istria la minoranza italiana ha ancora oggi scuole e altre istituzioni culturali nella propria lingua. Accanto alle nutritissime comunità di Fiume, Pola, Rovigno, vi sono piccole comunità degli italiani anche a Zara, Spalato, Lesina, Cattaro e Ragusa. Non c'è da meravigliarsi, perciò, che sia continuata a fiorire su quelle sponde una cultura italiana con tutte le sue articolazioni, dall'arte figurativa alla musica, dalla storiografia alla letteratura. Quando il turista italiano arriva sull'opposta sponda, perciò, trova subito un'atmosfera familiare sul piano della lingua, della cultura, perfino dell'arte culinaria. Peccato che finora questi tesori di cultura, questa parentela stretta fra le genti che si specchiano nel comune mare sia stata poco sfruttata sul piano turistico ed economico in genere.

Occorre una svolta radicale, ma bisogna muoversi senza pastoie e pregiudizi.

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